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Colori intensi ed irreali: la Sicilia di Mario Bardi

  • 26 giugno 2006

Una Sicilia mai dimenticata, rappresentata con gli occhi del ricordo e della nostalgia, eppure così reale e carica di storia. Metafora di sfarzo ed eclettismo, di dominazioni continue e di poteri corrotti, o anche semplicemente sintesi di architetture e di colori così intensi e irreali che un isolano custodisce nella mente e nel cuore dovunque la vita lo porti. Le opere raccolte nella mostra “Mario Bardi – Opere 1975 -1998”, antologica dedicata al pittore palermitano (1922-1998), suggeriscono questi sentimenti contrastanti, concretizzano in una pittura semplice ma allo stesso tempo tecnicamente ineccepibile e densa di memoria, la malinconia di tanti esuli illustri che dalla Sicilia si sono allontanati facendo di altri luoghi la loro terra d’adozione.

L’esposizione allestita presso la Galleria 61 (Via XX Settembre, 61), organizzata dall’associazione ARIES diretta da Giuseppe Alaimo, promossa dall’assessorato alla Cultura della Provincia di Palermo e curata da Anna Maria Ruta è visitabile fino al 22 luglio (dal martedì al lunedì 17 -20; sabato 10-13, 17 -20). Le 35 opere in mostra vanno dalla metà degli anni Settanta fino al 1998, anno della scomparsa dell’artista e celebrano, dopo 13 anni di quasi totale silenzio, un’artista che, come affermava Vincenzo Consolo, nel barocco ha percepito il modo di essere della Sicilia: “il modo di non essere, il suo dubbio di esistere”.

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Il realismo impegnato, il mordente sociale, il ricordo della strage di Portella o del brigante Salvatore Giuliano, le battaglie contadine, che avevano caratterizzato l’opera di Bardi sin dal suo esordio, alla fine degli anni Cinquanta, in una Milano densa di fermenti e rivolgimenti, lasciano il posto ad un canto nostalgico e profondo rappresentato dai giardini seicenteschi, dalle cupole barocche, dalle nature morte di velasqueziana memoria. La mostra elegantemente suddivisa per temi, raccoglie nella prima sala alcuni dipinti facenti parte della serie dei Cardinali, in cui Bardi mescola sapientemente storia e critica.

Le figure dei prelati s’impongono nelle tronfie e vermiglie vesti, damaschi e decori matissiani evidenziano la capacità dell’artista di praticare qualsiasi registro stilistico con grande perizia, i volti in totale ombra denunciano l’antitesi tra ciò che appare e ciò che è, la dicotomia tra la concreta presenza fisica e il fuggevole pensiero umano. Cultura e tradizione si compenetrano nella rappresentazione di "Suonatori", delineati con un disegno allo stesso tempo plastico e dinamico e con un colore dalla stesura piatta ma squillante. Una preziosa e delicata "Santa Rosalia", studio della pala che Bardi realizzò tra il 1985 e il 1988 per la Chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani a Roma, rivela ancora una volta il profondo e mai interrotto legame dell’artista con la sua amata isola. La Santa patrona, che nella posa ricorda la Madonna del Cardellino di Raffaello, è rappresentata accanto ad un marmoreo Gesù Bambino (che non verrà rappresentato nella versione definitiva della pala) su un poggio del Pellegrino, sotto al quale si distende la città con le sue simboliche architetture.

Una natura rigogliosa ed eccessiva, dai colori innaturali e forse proprio per questo del tutto siciliani, è la protagonista di diverse tele che sono pregnante ricordo di secenteschi giardini, dove resti scultorei e paesaggio conversano alla luce del primo mattino. Le nature morte esposte tradiscono il ricordo di pittori come Giuseppe da Recco o Velazquez, ai quali Mario Bardi aggiunge le sue particolari cromie, una composizione equilibrata, un rimando al barocco, o un omaggio al futurismo. È nella rappresentazione della Sicilia barocca, delle sue cupole sovraccariche di decori eppure così leggere da potersi librare in aria, dei balconi panciuti a petto d’oca o dei palazzi del centro storico che il ricordo di Bardi diventa più intenso, surreale e quasi ipnotico. I cieli rosso scarlatto attirano l’occhio che non si stanca di scoprire su piccole tele sovrapposizioni di architetture barocce, volute e colonnine tortili, superfici geometriche taglienti o dolci curve, tratteggiate con la mano sapiente dell’ingegnere artista.

Nel dipinto “l’isola barocca” un’enorme roccia scura frastagliata, circondata da un mare spumoso, accoglie e ingloba in sé gli elementi del barocco siciliano, come se gli occhi e la memoria di Bardi ripercorressero le strade dei quartieri del centro storico, e provassero a raccontare, in una perfetta sintesi compositiva, le tante contraddizioni di un’isola che ti segna indelebilmente ma che troppo spesso costringe alla fuga. Ancora un ricordo dolce e malinconico è rappresentato in un dipinto che risale all’ultimo anno di vita dell’artista “Alba a Marina di Tusa” dove montagna e mare, calma e presagio di tempesta sono l’accorata testimonianza di un’artista che come affermava Leonardo Sciascia ha trovato nella pittura l’unica spiegazione possibile, una pittura nella quale non c’è nulla che la Sicilia non possa spiegare, e non soltanto negli avvenimenti, nei fatti, ma anche e soprattutto nel suo modo di essere pittore. Mario Bardi nato a Palermo nel 1922, è stato allievo di Pippo Rizzo e Michele Dixit.
Dal 1958 si è trasferito a Milano, dove ha frequentato Quasimodo, Vittorio Fagone, De Grada e Mario de Micheli, fino al 1998, anno della sua scomparsa.

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