STORIE
ll "padre" dell'archeologia siciliana: chi era il frate che scalò l'Etna in condizioni estreme
Una figura unica e geniale che pochi conoscono. Tommaso Fazello ha dedicato tutta la vita alla ricerca spassionata di ogni piccola traccia nell'intera Isola
La statua di Tommaso Fazello a Sciacca
Crescente) di fronte al tempio C, è stato possibile rendere onore al frate Tommaso Fazello grazie alla brillante relazione
dello storico medievale Ferdinando Maurici.
Il professore spinto dalla sua immane passione per l’archeologia siciliana e profondo conoscitore degli studi condotti dagli archeologi, ha rivisto la figura dello studioso domenicano autore del “De rebus Siculis”attraverso la bibliografia e gli studi che si sono occupati di questo importante lavoro.
Di fronte a un pubblico numeroso (con la gentile partecipazione dell’Assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà), Maurici ha interpretato e spiegato al meglio gli studi portati avanti nel corso del tempo in un lungo e piacevole racconto di una figura unica, eccezionale e padre dell’archeologia siciliana - Tommaso Fazello.
E’ stata l’occasione per cogliere ogni singolo aspetto e rendere grazie a un personaggio che ha dedicato un’intera vita alla ricerca spassionata e frenetica di ogni piccola traccia di natura archeologica nell’intera Isola.
Nonostante siano cambiati i tempi, le modalità di ricerca, la velocità degli studi e le epoche abbiano segnato dei notevoli stravolgimenti, il Fazello rimane un protagonista indiscusso (in ambito nazione e regionale) ed esempio lampante da cui attingere (la topografica) qualsiasi informazione archeologica.
Vissuto in un periodo storico abbastanza importante (passaggio dal Medioevo all’Età Moderna), la collocazione socio-culturale è da attribuire al cambiamento in atto.
Si esce da un periodo buio e si giunge al Rinascimento, dove il rinnovamento è la sintesi perfetta di un pericolo eretico e viene vissuto dal papato come sfida al Cristianesimo. Lo stesso Fazello vive con moderata attenzione questa fase.
Un’epoca in cui mancavano le biblioteche pubbliche e si affacciano le prime biblioteche private. L’unico luogo in grado di soddisfare le esigenze dell’archeologo saccense erano i monasteri. Maurici afferma con esattezza l’importanza del frate domenicano perché riesce a sviluppare contemporaneamente più attività.
Da un lato, è legato alla Chiesa e viene chiamato in causa a risolvere delle questioni spinose (Santa Inquisizione) e dall’altro, impegnato alla ricerca spasmodica in lungo e largo per la Sicilia per cercare quelle verità tenute nascoste per millenni.
Sono lunghi viaggi di diversi giorni accompagnato da uomini di fiducia come “scorta” per evitare intrusioni, colluttazioni ed eventuali sequestri da parte dei saraceni, ottomani o briganti vari.
Da ricordare la sua impresa “titanica” del 1541 con la scalata dell’Etna in condizioni impossibili. Da un suo viaggio a Mazara del Vallo, Fazello finalmente giunse alla scoperta della città megarese di Selinunte.
Entra in gioco il racconto armonico dello stesso Maurici che non lascia mai nulla in sospeso e anzi, raddoppia gli sforzi e concentra l’impegno assoluto per raggiungere un obiettivo di collocazione territoriale, storico e archeologico che ha dato un senso all’immenso patrimonio di cui oggi possiamo ritenerci fortunati a vivere. Da molti anni, Mazara arrogava l’idea (campanilismo) d’essere storicamente la vera Selinunte.
Dietro a una mancata presenza di testi, rovine, reperti, informazioni al riguardo, nacque uno scontro acceso tra lo stesso Fazello e un medico erudito mazarese, tal Gian Giacomo Adria. I due vivono un’aspra competizione fatta di improperi (lontani dalla religiosità). Dal canto suo, Fazello ha gli argomenti per esprimere e dare un giudizio sui concetti espressi.
Fece visita alla terra delle pulci (?). Sia per la presenza delle pulci (?) o il ricordo di un ipotetico tempio di Polluce (?) che evidenziava l'impossibilità di sostenere la tesi mazarese. La fonte certa venne trovata una notte durante la lettura di un passo di Diodoro Siculo.
A proposito delle guerre greco-puniche del quarto secolo, vengono citate le città di Selinunte e Oppidulum vicino alla foce del fiume Mazaro (dove si trova l’attuale Mazara). Questa fonte trovata dal Fazello a distanza di tre anni dal suo viaggio a Selinunte, fu la prova eclatante della presenza di Selinunte nel (territorio castelvetranese) e Mazara del Vallo nello stesso periodo.
Ancor oggi è un modello scientifico e di serietà. Da un lato le fonti e dall’altro, l’esame del sito che non lascia spazio a nulla
d’intentato. Incalzare lo storico Maurici è un’impresa ardua per la sua colta preparazione e data l’occasione, la possibile presenza di un teatro greco a Selinunte diventa l’argomento di riferimento momentaneo.
La risposta è diretta e coerente: “Dopo millenni sono stati trovati i resti di un teatro nella Valle dei Templi di Agrigento. Ad oggi, nulla di concreto è stato rinvenuto a Selinunte ma i tempi non sono mai domi e chissà, un giorno, anche questo splendido parco potrà fregiarsi della presenza di un teatro”.
Grazie allo studio dell'infaticabile nuovo Soprintendente del mare, oggi riusciamo a comprendere l’importanza storica di una
figura bistrattata in Sicilia e attenzionata altrove.
Il frate domenicano, figura di spessore del Rinascimento Italiano, ha pubblicato il suo testo in latino colto perché era la lingua più diffusa in Europa. Testo tradotto anche in lingua volgare. Anche il Gran Tour in Sicilia prende esempio dal testo di Fazello.
È nostro compito valorizzare, sensibilizzare e portare avanti le sue tesi. Grazie a lui, alla sua forte identità e l’amore per la sua terra, abbiamo la possibilità di visitare e osservare luoghi di rara bellezza.
A Maurici va il merito di avere raccontato a distanza di mezzo secolo il valore del “Nostro” Fazello la cui figura geniale è stata innovativa nel metodo, nella ricerca archeologica ed ancora oggi attuale.
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