STORIA E TRADIZIONI
Li trovi a Napoli ma li ha fatti un medico palermitano: chi conosce i "manichini morti"
La leggenda è fascinosa e fa arrizzare i cairni, ma la scienza ha appurato che alla fine è tutto bello, tutto appariscente ma, a parte gli scheletri, del tutto artificiale
Le "macchine anatomiche" esposte a Napoli
L’incarico che mi avevano accollato prevedeva parecchi spostamenti per cui, na iurnata, mi ritrovai a dover accompagnare un pezzo grosso a Napoli per svolgere chissà quali camurrie.
Arrivati in terra partenopea, lui si infilò in un palazzo dall’aria molto aristocratica ed a noi fu detto semplicemente che eravamo liberi fino a pomeriggio inoltrato. Così finite la classiche cose da turisti, come mangiare minimo numero 2 sfogliatelle a testa, bere il caffè napoletano, che a me mi parse spiccicato a chiddu ri Palermo… decidemmo di approfittare del momento per visitare un qualche luogo culturale.
Giusto per dare l’impressione, almeno a noi stessi, che eravamo persone di un certo spessore. Passiannu di momumento in monumento ci ritrovammo a visitare anche la cappella di Sansevero, e dopo aver reso i giusti onori al Cristo velato ed a tutta la bellezza che ci circondava, a tipo timpulata, mi ricordai di un cosa che ci disse il professore La Mantia, di anatomia e biologia, alle scuole superiori. “Picciotti, ma voi u sapiti che sutta ci sunnu i manichini muorti?”.
Ora non è che dovete immaginarvi macchine con fattezze umane stile steampunk che si muovono a comando e che potrebbero, un giorno, conquistare la terra, in realtà sono "semplicemente", si fa per dire, dei manichini che riproducono con incredibile precisione i vasi sanguigni ed organi umani mettendoli in bella evidenza.
Cosa che in confronto Walking Dead è un filmetto natalizio per famiglie.
Tali opere furono realizzate, intorno al 1763, dal medico ed anatomista palermitano Giuseppe Salerno, docente dell’allora facoltà di medicina dell’università di Palermo e Napoli, sotto la supervisione del principe di Sansevero, Raimondo Di Sangro, famoso all’epoca per le sue stravaganti invenzioni.
Le macabre opere di Salerno, sono descritte pure in una breve nota turistica di epoca settecentesca, in cui si riporta persino l’esistenza di un “corpicciolo di feto” ai piedi della macchina anatomica femminile.
Questo rimase esposto fino alla fine del XX secolo, quando fu rubato da alcuni malaminnitta per ragioni misteriose. Ma come ogni cosa proveniente da terra sicula o abitante nella stessa, c’è sempre una leggenda dietro, in questo caso abbastanza macabra. Bendetto Croce, ai tempi, così scrisse nella sua opera Scritti di storia letteraria e politica: “… fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene".
Pare che il principe di Sansevero, che forse c’era i scantarisi a conoscerlo, desideroso di avere dei manichini anatomici unici nel loro genere, dopo aver fatto uccidere due suoi servi, convocò ra bella il nostro Giuseppe Salerno già famoso per aver fatto esperimenti simili con buoni risultati.
Una prima teoria vorrebbe che il dott. Salerno, desideroso di fare aggiarnare il principe, iniettò all’interno del sistema circolatorio dei due sfortunati un composto a base di mercurio, ancora oggi sconosciuto, che riuscì a mineralizzare il sangue. Indi, servendosi della sue doti di chianchiere, sezionò ed asportò tutto il materiale in eccesso lasciando in bella evidenza l’intricato complesso dei vasi sanguigni in tutta la sua interezza.
Ma un solo metodo non ci basta, per cui altra teoria vorrebbe invece che Salerno, nel suo genio, forse uno dei precursori dell’arte della plastinazione, metodo brevettato dall’anatomopatologo tedesco Gunther Von Hagens nel 1978, e di cui Salerno da molto prima dei crucchi pare fosse padrone. In questo caso si iniettava all’interno del corpo una soluzione composta da formalina ed alcuni polimeri siliconici naturali di origine sconosciuta, simili a quelli oggi usati per le protesi aortiche, che erano in grado di "plastificare" vene, arterie ed organi.
Però Salerno, nonostante non fosse mica l’ultimo chiuvu ra carrozza, mica poteva tranquillamente andare al primo ferramente e accattarisi na poco di tubi di silicone per provare a fare sta cosa.
Per questo motivo nel 2008 alcuni ricercatori dell’University College London (c’è sempre un ricercatore straniero che fa studi a cui nessuno penserebbe), accertarono che gli scheletri erano realmente di origine umana, ma il complesso sistema circolatorio rappresentato era artificiale, realizzato con filo metallico, cera colorata e fibre di seta, trovando pure alcuni errori che erano incompatibili con la vita.
Ma siccome noi italiani, soprattutto al Sud, siamo sempre ligi alla regola del “per un cornuto un cornuto e mezzo”, nel 2014 un gruppo di medici dell’ospedale San Gennaro di Napoli fecero altri studi asserendo che invece la riproduzione dell’apparato cardiocircolatorio è perfetto e assolutamente compatibile con la vita, seppur artificiale.
La leggenda è fascinosa e fa arrizzare i cairni, ma la scienza ha appurato che alla fine è tutto bello, tutto appariscente ma, a parte gli scheletri, tutto artificiale senza nessuna pozione magica capace di farici siccari u sangu ai cristiani.
Eppure, sempre la scienza vuole che le conoscenze anatomiche dell’epoca non fossero talmente avanzate da permettere una ricostruzione talmente minuziosa e precisa di vene ed arterie e che, nonostante Salerno fosse un vero e proprio luminare, non poteva essere in grado di ricostruirlo così facilmente e con tale precisione.
Inoltre sembrerebbe che fili metallici, cera e fibre siano state aggiunte successivamente e che l’anima di tutto sia un materiale di cui non si riesce a capire l’origine e non sia possibile fare ricerche più approfondite per l’alto rischio di rovinare i manufatti.
Inoltre, secondo alcuni recenti studi del professore Sergio Attanasio, il principe Napoletano in realtà non commissionò le macchine, ma le acquistò solo dopo la realizzazione, dando ulteriore conferma di un Giuseppe Salerno che oltre che medico ed anatomista era anche, forse, un po' alchimista.
Possiamo affermare che tra un Alfredo Salafia, di cui ancora non è chiara la tecnica usata per imbalsamare la famosa Rosalia Lombardo, e un Giuseppe Salerno che, per passatempo, al posto dello scaccio creava manichini anatomici iniettando sostanze misteriose nei corpi, ad oggi di scienziati fuddigni (nel senso buono del termine) non ci siamo fatti mancare nulla!
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