PERSONAGGI
Le nuotate a Mondello e il primo "palco" al Garibaldi: quello che non sai di Claudio Gioè
Dal suo piatto di pasta preferito al personaggio che più ha amato interpretare: seduto in spiaggia, a Mondello, l'attore palermitano si racconta a Balarm
In una giornata di sole, dalla spiaggia di Mondello - che ci rivela essere il suo luogo del cuore - Claudio Gioè si racconta in un'intervista a Balarm.
«Sono cresciuto qui - racconta - A Mondello ho mosso i miei primi passi, ho fatto le prime nuotate, ho trascorso le prime notti stellate sulla spiaggia da ragazzino. È un luogo che mi evoca tantissimi ricordi.
Casualmente quest'anno il primo giorno di riprese di "Màkari" l'abbiamo fatto proprio in questa spiaggia, è stato un regalo dell'anima tornare a girare proprio qui».
Il Claudio bambino era un vulcano inarrestabile: «Da bambino sognavo tante cose, scrivevo canzoni, facevo sport - spiega - Temevo la monotonia, finire in un ufficio a fare un lavoro sedentario era quello che mi spaventava di più, poi è arrivato il teatro».
Alla fine si metteva in scena anche uno spettacolo: «La prima volta che sono salito su un palco, a contatto con il pubblico, ho capito che l'arte drammatica mi appassionava, mi smuoveva dentro delle sensazioni che avevo voglia di indagare e approfondire».
Finito il liceo, il traferimento a Roma - a soli 18 anni - per studiare nell'Accademia nazionale d'arte drammatica. Nella capitale frequenta anche diversi seminari con Luca Ronconi e si diletta nel canto e nella danza.
Nel 1998 l'esordio sul grande schermo sotto la regia di Luca Guadagnino in "The Protagonists". Poi il primo ruolo di successo ne I Cento Passi, dove interpreta Salvo Vitale, l'amico di Peppino Impastato.
Nel 2003 è Vitale Micavi, l'amico palermitano conosciuto a Torino da Nicola, ne La Meglio Gioventù, la pellicola ispirata all'omonima raccolta di poesie pubblicata nel 1954 da Pier Paolo Pasolini.
Ironia della sorte, per qualcuno che ha fatto della lotta alla mafia un impegno concreto, Claudio Gioé si ritrova anche nei panni di Totò Riina, nella serie tv "Il capo dei capi" diretto da Enzo Monteleone e Alexis Sweet.
Indossando delle lenti a contatto scure per nascondere gli occhi azzurri, Gioè si cala nella parte del boss mafioso in maniera camaleontica.
Riesce talmente bene nella parte da ricevere i complimenti dal diretto interessato, che si dice abbia seguito con attenzione la serie dal carcere.
«Ciò che amo di più del mio lavoro è la sua diversità - spiega - cambiare personaggi, set, location, colleghi. Un personaggio che ho amato molto interpretare è quello di Mario Francese, un giornalista libero che ha lavorato nella mia città, Palermo, negli anni settanta. Rappresentava proprio la ricerca di una verità deontologica, estrema, che purtroppo gli è costata la vita».
Il "suo" ritorno nell'Isola dopo trent'anni, avvenuto - ironia del destino - proprio un mese prima di fare il provino per "Màkari". «Anche io come Lamanna, cinque anni fa ho deciso di tornare a Palermo. - spiega - Mi mancava questo lato libero dell'orizzonte», Claudio Gioè indica il mare e sorride.
«Il mare noi isolani l'abbiamo scritto nel dna. La possibilità di alzare lo sguardo e trovare questo lato libero consola molto il mio desiderio di creatività e libertà. Lavorare in Sicilia per me è straordinario, mi carica. Tornando ho ritrovato anche i veri affetti che avevo un po' trascurato per inseguire la mia carriera nel teatro e nel cinema».
Il suo piatto siciliano preferito è una pasta, anzi due: «Quella con i tenerumi e quella con i broccoli arriminati sono le due paste di cui vado più ghiotto - ammette Gioè - Come dolce direi cassata, ma anche i cannoli mi piacciono molto».
Adesso che la crisi di Saverio con Suleima sembra essersi risolta, restano i dubbi sul suo futuro lavorativo. Ma per capire che piega prenderà la carriera da scrittore di Lamanna bisognerà aspettare la prossima stagione di Màkari.
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