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Le monache "capricciose" della Martorana: scavarono un tunnel per vedere il Festino

Sui tetti dei palazzi e dei monasteri le logge permettevano alle monache di clausura di vedere il mondo senza farsi notare. Ma non tutte si affacciavano sul Cassaro

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 29 giugno 2022

Loggia delle monache della Martorana

"Fino alla generale abolizione de’ monasteri nel 1866 vedevansi grandi logge sporgenti con inferriate, dette comunemente viste, donde si affacciavan le monache de’ monasteri". Scriveva Gioacchino Di Marzo.

Dai Sette Angeli e dell’Origlione, da Santa Chiara a Santa Caterina, del SS.mo Salvatore alla Martorana: a Palermo, tra la fine del XVII e il XVIII secolo, sul Cassaro (l’attuale Via Vittorio Emanuele) ogni monastero femminile di clausura di Palermo aveva una loggia, detta anche “veduta” o “vista”.

La loggia-belvedere, realizzata sui tetti dei monasteri o dei palazzi era una balconata aggettante, un corridoio aereo sbarrato con doppia grata di metallo, da cui le monache, senza essere notate, avevano modo di osservare il mondo. “Sugli ultimi piano del Cassaro, sotto i tetti, sporgevano, a breve distanze, logge coperte. Quivi ad ogni pubblico spettacolo sacro o profano, religioso o civile, centinaia di testoline avvolte in candide bende si movevano irrequiete occhieggiando sulla fluttuante folla del corso” (G.Pitrè).
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Dalle alte vedute delle logge, le religiose potevano assistere, a dispetto di una regola monastica che prevedeva la rigida clausura, ai fastosi eventi della vita pubblica della Felice Città di Palermo, come il solenne passaggio del corteo del Festino di Santa Rosalia o alla processione del "Corpus domini".

Ma potevano anche ammirare la cavalcata del Vicerè o il passaggio delle tante, troppe, carrozze dell’aristocrazia. Ad usufruire di questa vista privilegiata dall’alto, che le monache condividevano solo con le rondini, erano però le suore più anziane e professe, grazie al permesso rilasciato dalla madre badessa. Alle novizie era comunemente vietato affacciarsi dalle logge: a meno che non si trattasse solo di casi eccezionali e per motivi familiari.

Non tutti i monasteri erano fortunati come il Settangeli, il Santissimo Salvatore e Santa Caterina che si affacciavano direttamente sul Cassaro. Alcuni complessi monastici, siti nei pressi del Cassaro, pertanto, avevano dovuto realizzare tortuosi camminamenti al di sopra dei tetti, sino a raggiungere apposite logge belvedere che si affacciavano sulla strada principale: le clarisse di Santa Chiara attraverso lunghi cavalcavia sui tetti giungevano alla loro loggia, costruita di fronte al Palazzo Geraci mentre le benedettine dell’Origlione sul palazzo Papè di Valdina.

Dalla "rigorosa consuetudine" di aver una loggia per affacciarsi sul Cassaro non si era voluto distaccare il monastero delle monache della Martorana, che non godeva di questo privilegio per via della sua posizione su Piazza Bellini: le monachelle non avevano desistito in alcun modo dal proposito di rinunciare alla “nobile veduta” sulla mondana strada.

Nell’anno di grazia 1751, la badessa Aurora Rosalia Ioppolo era riuscita ad acquistare l’ultimo piano di Palazzo Guggino, in piazza Pretoria, da Francesco Maria Guggino barone del Guasto.

Per consentire alle suore di recarsi nel belvedere, l’architetto Nicolò Palma aveva realizzato un camminamento sotterraneo scavato nel tufo calcareo che attraversava il piano di San Cataldo e il piano del Pretore e, costeggiando la vicina chiesa di S. Giuseppe dei Teatini, raggiungeva per mezzo di una scala a chiocciola la loggia sul palazzo Guggino.

La loggia-belvedere delle monache della Martorana, realizzata nel 1765 e protetta da “gelosie” era la più estesa di Palermo: la struttura infatti occupava tutto l’ultimo piano dell’edificio, da via Maqueda fino al Cassaro, e in corrispondenza del prospetto orientale dei Quattro Canti, per non interrompere "la veduta", erano state realizzate solo delle semplici finestre con doppie grate.

A seguito della legge di soppressione degli ordini religiosi del 1866 e al passaggio al demanio della maggior parte dei loro beni, compresi conventi e monasteri, anche le logge vennero espropriate. Proprietari del palazzo Guggino dal 1820 divennero i Chiaramonte Bordonaro, che dopo il 1866 lo stravolsero in varie fasi, eliminando il belvedere ed aggiungendo un altro piano.

Scrive il Pitrè: “Il capriccio femminile sposato all’audacia spensierata avevano con ingente spesa costruito questa specie di tunnel che a Maria Carolina parve ( 15 Aprile 1799) opera romana. Un secolo dopo, livellandosi la via Maqueda, tra l’Università e la Piazza Vigliena, i retori dell’edilizia e della topografia della Città, alla vista di quest’opera sotteranea, si abbandonavano a fantastiche supposizioni, creandovi sopra leggende da medio evo, che solo la ignoranza e la malafede poteva concepire”.

Nel 1864, nel quadro d'intervento di regolarizzazione della pendenza del Cassaro, il piano stradale di piazza Bellini venne abbassato e venne riscoperto il tunnel. Sorse allora la fantasiosa leggenda che la galleria sotterranea era stata creata per ospitare convegni d’amore segreti tra le monache della Martorana e i teatini di San Giuseppe.

Oggi è possibile accedere solo all’ex loggia del monastero del Santissimo Salvatore e a quella di Santa Caterina: da entrambe le terrazze, ormai senza grate, si possono ammirare incantevoli panorami sulla città di Palermo.
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