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Le logge delle monache lungo il Cassaro: Giovanni Fatta racconta Palermo "dietro una grata"

L'autore va oltre la semplice narrazione didattica che a tratti potrebbe persino sembrare un romanzo storico palermitano fluido e leggibile indipendentemente dalla sensibilità dei lettori

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 27 aprile 2022

Dettaglio immagine: Suore clarisse cappuccine di clausura, Palermo (per gentile concessione: copyright Shobha)

Scorrevole, lineare, brillante, chiaro ed esaustivo, si presenta così il nuovo libro di Giovanni Fatta “Dietro una grata. Le logge delle monache lungo il Cassaro di Palermo” per Edizioni Caracol (96 pp. 14 €, gennaio 2022).

Docente di Architettura Tecnica in quiescenza presso Unipa, Fatta costruisce con la sua consueta capacità esplicativa un itinerario minimo e ben strutturato di ciò che potremmo definire “Architettura aerea” da andare a ricercare, noi stessi dopo la lettura, con lo sguardo incuriosito all'insù in direzione di ciò che l'autore ricostruisce con mirabile rigore attraverso narrazioni puntuali capaci di restituire quelle atmosfere perdute tra Settecento e Ottocento, nella particolarità della vita monacale ritirata delle suore ospitate all'interno delle molteplici realtà conventuali della parte mediana del Piede Fenicio.

Ma l'autore va oltre la semplice narrazione didattica che a tratti potrebbe persino sembrare un romanzo storico palermitano fluido e leggibile indipendentemente dalla sensibilità dei lettori, egli costruisce di fatto un ibrido tra tecnica e antropologia con il chiaro intento di fondere la costruzione della storia della città alla vita vissuta nella città in piena temperie neoclassica, superando il Romanticismo poco oltre l'unità d'Italia, allorquando quell’architettura che ebbe ad affidare alla genialità della tecnica ingegneristica i desiderata delle monache curiose di poter “osservare” le dinamiche frugali dello spazio urbano circostante le rispettive enclavi di pace, si era già spenta divenendo storia d'archivi.
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Archivi che l'autore ha interrogato costantemente finendo per trarne preziosi spunti, conferme e nuovi slanci in direzione di quello che appare oggi come il contributo più brillante allo specifico tema apparentemente di nicchia, relativo a quelle sovrastrutture di transito “voyeristico” che furono altane, logge, passetti, bowindow creati affinché la vita claustrale potesse apparir più mitigata, e affidata alla resistenza, duttilità e versatilità di materiali tradizionali e comunque innovativi dal punto di vista dell’assemblaggio quali legno, pietra e metallo.

Scorrono così una dopo l'altra le narrazioni relative ai monasteri di Carmelitane, Domenicane, Francescane, Basiliane, nello specifico dei complessi monastici di: Montevergini, dell’Origlione, dei Settangeli, Ss. Salvatore, Santa Chiara, delle Vergini, della Martorana, della Badia Nuova, di Santa Maria del Cancelliere e di Santa Caterina.

Ma scorrono anche nomi di progettisti e di committenti tra i quali: Carlo Infantolino, Tommaso Maria Napoli, Andrea e Nicolò Palma, Giacomo Amato, Gaetano Lazzaro, Giuseppe Fama Bussi, Francesco Ferrigno, Pietro Raineri, Carlo Chenchi, Giovanni Rossi, Giovanni Machì, Carlo Giachery, Giuseppe Damiani Almeyda, Giovan Battista Filippo Basile, Salvatore Maltese, Marco Antonio Fichera, Giovanni Patricolo, Carlo Falconeri; delle badesse Maria Crocifissa Sicomo, Maria La Lumia, Angela Domenica Gallego,Aurora Rosalia Joppulo, Giuseppa Felicita Diana.

Battaglie urbane (1860), guerre (bombardamenti alleati ’43) ma soprattutto una sorta avversione stilistica ai barocchismi della tecnica del secolo del ferro, non lasciano oggi altro che brevi tracce e accenni e qualche raro caso di permanenza silente come avviene per i torrioni-loggia delle chiese della Badia Nuova e Ss. Salvatore, così come ancora ricorda l'autore attraverso una punteggiata di fotografie recenti e storiche, disegni tecnici e pregiati acquerelli che si uniscono alle sette mappe tematiche in cui vengono sapientemente ricostruiti percorsi e nodi delle strutture costruite per allietare e contenere tutta l’innocenza della curiosità delle monachelle, e soprattutto indurci al viaggio, diretto e urbano.
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