CINEMA E TV
Lamanna e Piccionello pronti a tornare: il "papà" di Màkari prepara nuove avventure
La forza di questi personaggi, e delle loro vicende, secondo Gaetano Savatteri risiede nell’immagine ricreata di una Sicilia destrutturata e lontana da trappole retoriche
Saverio Lamanna (Claudio Gioè) e Peppe Piccionello (Domenico Centamore) in una scena di "Màkari"
Fresco di stampa, edito sempre da Sellerio, è il libro “Quattro indagini a Màkari” che mette insieme, dopo il successo televisivo, le storie prestate già allo schermo.
Il materiale a cui attingere per la seconda stagione già c’è, come ci ha detto il giornalista e scrittore Gaetano Savatteri, tra i tre romanzi e i nove racconti che hanno come protagonisti la collaudata coppia di investigatori sui generis che, da subito, hanno avvinto lettori e spettatori.
«Sto già lavorando ad altri racconti, cercando di sfuggire al ricatto intellettuale della prospettiva di una seconda serie della fiction (ancora non confermata comunque), mantenendo fede, quindi, alla mia idea semplice dei personaggi che, sin dall’inizio, non avevano un volto ovviamente, semmai un carattere».
La forza di Saverio e Peppe, e delle loro vicende, secondo Savatteri risiede nell’immagine, voluta, di una Sicilia destrutturata e lontana, per certi versi, dalle trappole retoriche e dai luoghi comuni, attraverso cui è comunque rappresentata da sempre.
«Ho voluto cucire addosso al personaggio di Lamanna l’approccio che hanno tanti siciliani, sia di quelli che sono andati via dalla loro terra sia di quelli che vi sono rimasti, che per difendersi da tutta una serie di luoghi comuni usano lo strumento del disincanto e la “sciasciana ragione” per destrutturare un’immagine stereotipata della Sicilia.
Sono tante le trappole retoriche che la identificano nell’immaginario: dalla sacralità della famiglia, al sentimento inviolabile dell’amicizia, passando dall’essere tutti mafiosi e tutti anti mafiosi.
Visti da fuori i siciliani sono come li vogliono fare apparire attraverso il cinema o i giornali; non tutti hanno un pupo in casa, non tutti amano i cannoli, insomma c’è anche un’altra faccia della Sicilia e dei suoi abitanti che va oltre questi luoghi comuni, rimanendo sempre Sicilia al 100%».
Non vi è dubbio, in effetti, che le personalità di Lamanna e Piccionello, nell’essere diametralmente opposti, siano plausibili e complementari, entrambe specchio dell’animo siciliano.
«Sono assolutamente due anime siciliane: l’una è un’anima sciasciana che osserva i fatti come un entomologo, con distacco emotivo. Per Piccionello la connessione con la sua terra passa dalla pancia, in senso lato; le stesse ciabatte infradito gli servono ad avere più contatto diretto.
Entrambi, comunque, nutrono un amore irragionevole per la Sicilia».
Dopo il successo del Commissario Montalbano, l’affiatamento tra romanzo ambientato in Sicilia e serie tv sembra riproporsi ma Savatteri ha le idee ben chiare sul perché sia sempre un «matrimonio fortunato».
«Dal 1946 la Sicilia, per la sua costituzione geografica, è sempre stata set cinematografico, o fotografico, per eccellenza. Tutti i più grandi registi, penso a Pietro Germi, Giuseppe Tornatore, Luchino Visconti, non ultimi Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, hanno scelto quest’Isola per raccontare la vita sul grande schermo. Come diceva Sciascia la Sicilia è il cinema».
L’ultimo punto da svelare, fatte salve le ovvie differenze con la serie del commissario più famoso della Tv, evidentemente distante, ontologicamente, dalla forza vitale di Makàri, è l’affetto immediato con cui il pubblico ha accolto questi nuovi personaggi.
«Come diceva Vitaliano Brancati "i siciliani sono il malato e la malattia". I siciliani continuano sempre a interrogarsi sul loro essere siciliani, e perciò gli piace guardarsi da fuori, anche sullo schermo, incuriositi, e sono certamente “sicilia centrici” come pochi.
Il siciliano vive specchiandosi, continuamente, in uno specchio che è deformato e deformante; gli piace questa dimensione e al tempo stesso la critica, dando la colpa della deformazione allo specchio stesso.
Tra libro e tv però c'è una sostanziale differenza; nel leggere ogni lettore, tra le righe di un romanzo, mette la propria memoria individuale, i propri tempi, il proprio vissuto a 360 gradi, spazio unico che il mezzo televiso non può offrire di per sè.
Per questo per quanto siano gli stessi personaggi il lettore e lo spettatore vedranno sempre differenze, avviciniandosi di più all'uno o all'altro mezzo».
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