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La sua forma si ottiene con l'aiuto delle Muse: storia della ricotta, "regina" di Sicilia

Usata per preparazioni dolci o salate, la sua versatilità ci porta per mano attraverso vari itinerari del gusto, tra i pascoli, nel cuore dell’entroterra simbolo di tradizioni

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 26 settembre 2022

La ricotta siciliana

Se c’è una cosa che in Sicilia rappresenta un’identità è sicuramente la ricotta il cui uso spazia dal dolce al salato, incarnando interpretando passaggi di storia gastronomica, usanze, riti.

La sua versatilità ci porta a percorrere veri itinerari del gusto, immaginare paesaggi dove greggi e mandrie si perdono tra i pascoli di collina e di montagna, nel cuore dell’entroterra simbolo di tradizioni.

Utilizzata per le ricette più svariate, anche solo sul pane con confettura o zucchero, anche da sola è capace di riempire un ricettario, un vero glossario della cucina regionale, presentandosi da sola o mescolata ad altri ingredienti, ed è questo uno dei motivi per i quali la sua presenza è così diffusa.

Immaginiamo solo la pasta con la ricotta e una spolverata di pepe, la semplicità in assoluto che riempie il cuore oltre che lo stomaco.

Ma cerchiamo di conoscerla meglio, di capire le origini e il perché de suo nome. Partiamo proprio l’origine: il suo nome che identifica la preparazione di questo alimento, si chiama così perché per ottenerla si impiega il siero he è rimasto dalla lavorazione del latte per produrre il formaggio.
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Questo liquido viene infatti cotto per la seconda volta e quindi per logica prende il nome di ricotta, ovvero cotto due volte. Le sue origini di perdono davvero nei secoli: se ne parla addirittura già nelle popolazioni dell’antico Egitto come dei greci e dei romani, citata nell’Odissea di Omero, nel passo che traccia la vicenda di Polifemo una dei momenti topici della vicenda di Ulisse - Libro Nono - che nella grotta del gigante con un solo occhio, allevatore di greggi, e quindi consumatore di ricotta come tutti i pastori che si rispettino.

Nella realtà, come tante volte è successo, la ricotta non è una invenzione spontanea dell’uomo in seno alla sua stoia agreste, quanto un accadimento del caso, ovvero, una concomitanza di eventi.

Si pensa che nel trasportare il latte fresco e non pastorizzato, ovviamente, nelle lunghe distanze e con il calore del rialzo delle temperature durante il trasporto inacidendo abbia fatto affiorare le formazioni coagulate che come fiocchi, si raccolgono per essere messe dentro i contenitori, prima di giunco – detti fascedde in dialetto siculo - e oggi solo di asettica plastica.

Altra ipotesi, forse la più credibile, che durante la lavorazione del latte, nel processo di ricottura del liquido per produrre altro formaggio, siano emersi i fiocchi che assaggiati dai pastori risultarono molto buoni, nonostante il sapore acidulo. Fatto sta che in uno o nell’alto caso, la ricotta, questo latticino bianco e cremoso, morbido e profumato di erba è diventato, anzi diventata, una della preparazioni più diffuse e apprezzate della cucina.

Di mucca, di capra o di pecora, se varia al variare della tipologia di latte non varia la storia che la trasporta fino a noi, come simbolo di quel popolo contadino che si alimentava poco e con quello che la natura forniva, con usi e usanze che incarnano un stile di vita oggi tanto ambito, ma che in realtà proviene da uno stato di povertà che riusciva ad estrarre da quel poco il massimo possibile per nutrirsi.

Infatti, non a caso era definita tra i formaggi dei poveri, sebbene il processo di lavorazione la classifica tra i latticini. I formaggi vengono prodotti dalla coagulazione della caseina, per la ricotta dalle proteine contenute nel siero del latte, il liquido che rimane dopo la produzione del formaggio.

La sua è quindi per forza di cose una storia secolare: originariamente si usava il siero avanzato e si attendeva che la ricotta salisse in superficie, oggi, invece, sono entrati in campo altri metodi che usano alcune soluzioni acide. Ma in Sicilia viene ancora usato il metodo di produzione tradizionale e la ricotta di qualità proviene dal siero di latte crudo e senza fermenti, che viene messo da parte che si lascia riposare e successivamente si aggiunge il nuovo siero riscaldato.

La ricotta è fonte di proteine buone, e un ottimo valore nutrizionale, un indice calorico contenuto, quindi adatta per le diete, sebbene il lattosio spesso non sia adatto a chi soffre di intolleranze.

Nella cultura rurale è identificato con la Primavera e non a caso è la base e l’ingrediente di tante preparazioni stagionali di festa tra cui ovviamente, la Pasqua è la più importante. Immancabile in questa festa infatti la Cassata che oggi si trova tutto l’anno ma in origine solo per queste festività veniva prodotta come dolce augurale.

E perché viene associata al periodo di rinascita? Immancabile è anche nei ripieni di altri dolci come le famose sfinci di San Giuseppe, ma anche queste ormai trovabili tutto l’anno, cannoli e cannolicchi, gelati e perfino ripieni di impasti per pasta fresca .

Non c’è pasta alla “Norma” che non abbia la sua “grattata” di ricotta salata, un altro uso la vede stagionare con abbondante sale e consumata a posto del formaggio, pecorino o parmigiano, nella pasa con i tenerumi, in quella con il semplice pomodoro, a gusto e a seconda delle varie località sicule che si differenzino per ricettari.

La ricotta nella storia, dai Sumeri ai Romani
Un latticino dalla storia antica, di cui si trovano tracce già nelle civiltà sumere ed egizie: ne parla anche Omero nell’Odissea, Libro Nono, in cui viene descritto il ciclope Polifemo intento nella lavorazione del latte “candido” e “rappreso”, poco prima di vedere Ulisse.

A conferire la tipica forma tondeggiante alla ricotta sembrano essere stati gli egizi, che la vendevano ai marinai greci per affrontare i primi giorni sulle imbarcazioni con un alimento fresco: a loro volta, i greci importarono e perfezionarono la ricetta, adottata poi dai romani.

Fra le testimonianze scritte più famose, quella di Virgilio, che in un episodio delle Georgiche racconta che a scoprire il latticino fu Aristeo, figlio del dio Apollo e di Cirene, ninfa conoscitrice dell’arte dell’apicoltura, della coltivazione dell’ulivo e della lavorazione del latte grazie all’aiuto delle Muse.
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