POLITICA
La Sicilia che ci piace: nel laboratorio da calzolaio del padre oggi produce protesi bioniche
In Italia le aziende all’avanguardia in questo settore sono solo una decina. Quella di Rosario Gagliano è l'unica del Sud Italia certificata all'applicazione della tecnologia bionica
Il dottor Rosario Gagliano, direttore tecnico della fabbrica Ro.GA. di Enna
Sono protesi ortopediche tra le più avanzate e nascono nel cuore della Sicilia, a Enna, per garantire una qualità di vita eccellente a chi ha perso un arto o ai bambini con patologie neurologiche gravi, sfruttando le tecnologie più avanzate.
A produrle è un'azienda tutta siciliana, alla cui guida c’è Rosario Gagliano, direttore tecnico.
«Mi sono formato in Emilia Romagna, a Bologna. Il mio obiettivo era tornare nella mia regione e mettere su qualcosa di piccolo nella mia città e così è nata Ro.ga. che negli anni è cresciuta, puntando molto sul nostro territorio e sulle risorse dell’isola».
Oggi Ro.ga., giunta alla terza generazione, ha sessanta dipendenti ed è l’evoluzione del laboratorio da calzolaio del padre di Rosario Gagliano che alla sua nascita, negli anni Trenta, si occupava prevalentemente di calzature ortopediche.
A metà degli anni Duemila si affaccia al mondo delle protesi bioniche, da Roma in giù è l’unica azienda certificata all’applicazione della tecnologia bionica sia di arto superiore che di arto inferiore.
«Realizziamo ginocchia bioniche che permettono di salire e scendere le scale a passo alternato e mani che hanno la funzionalità di una mano umana, di presa, di apertura e chiusura di tutte e cinque le dita, arti che si prestano perfettamente all’uso quotidiano», spiega il direttore Gagliano.
In tutta Italia le aziende così all’avanguardia in questo settore sono solo una decina. Negli ultimi due anni l’azienda ha messo su anche un’area di formazione, la “Ro.ga. Academy” che forma addetti tecnici e trasferisce le competenze acquisite in fase di ricerca e produzione a medici e fisioterapisti.
L’area di ricerca e sviluppo progetta la componentistica che si orienta sempre di più nella direzione del design, come il caso delle cover, i rivestimenti delle protesi. Tutto il lavoro è svolto in équipe. Ci sono i tecnici che individuano la componentistica protesica, i fisioterapisti che studiano un protocollo riabilitativo su misura per il paziente in base alle sue caratteristiche, e i medici che valutano il tipo di riabilitazione.
«Io dico sempre che noi facciamo anche le protesi. Ma il lavoro del nostro centro è più esteso: prendiamo in carico l’amputato e cerchiamo di dargli una migliore qualità della vita.
Con rigidi protocolli di riabilitazione per otto ore al giorno, l’obiettivo è mandare il paziente a casa in un paio di settimane e renderlo perfettamente autonomo nella vita quotidiana. L’esigenza è lasciare da parte la protesi tradizionale, abbandonare l’idea della gamba di legno. E farlo, ed è questa la direttrice del futuro, significa investire su due fronti, uno è quello del design, l’altro è quello della tecnologia.
«I nostri assistiti, naturalmente, sono sempre più esigenti - continua il direttore del centro. - E noi vogliamo far sì che le persone possano andare al mare, creando quindi protesi che possano entrare in acqua. Che possano sciare, sfilare. Dobbiamo dotarli di tutto ciò che possa far vivere loro senza ostacoli».
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