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La sera alla Marina si spegnevano le torce: Palermo era la città più lussuriosa d'Europa

Durante il Settecento diversi viaggiatori stranieri vennero a Palermo e scoprirono che era la città più libertina d’Europa, e lo annotarono nei loro quaderni di viaggio

  • 22 novembre 2019

Il Foro Italico di Palermo agli inizi del '900

Durante il Settecento diversi viaggiatori stranieri vennero a Palermo. Alcuni di loro, come il viaggiatore scozzese Brydone o l’intellettuale tedesco Bartels, sebbene provenissero da Nazioni dove già dilagava la corruzione sessuale, scoprirono con grande sorpresa che Palermo era la città più godereccia e dissoluta d’Europa. E lo annotarono nei loro "Diari o Quaderni" di viaggio.

Proprio Brydone così si espresse: «La passeggiata (alla Marina, ndr) ribocca di vetture e di pedoni. A fine di meglio favorire gli intrighi amorosi è espressamente vietato a chicchessia di portar lume. Tutte le torce si spengono a Porta Felice, ove i lacchè attendono il ritorno dei loro padroni e l’intera adunanza resta per un’ora o due nelle tenebre, a meno che le caste corna della luna, mostrandosi ad intervalli, non vengano a dissiparle».

Tutto naturalmente avveniva all’insegna del perbenismo. Niente era vietato ai nobili, purchè non diventasse di dominio pubblico. Loro conducevano una vita dispendiosa ma ufficialmente erano “innocenti“. A Palermo la corsa allo sfarzo era indecente, portantine e carrozze intagliate e ricoperte color oro o argento giravano prevalentemente la sera. I mariti riconoscevano alle mogli il diritto di avere un “cavalier servente o cicisbeo“.
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La vita diurna scorreva greve e flebile in attesa che scendesse la notte che favoriva gli intrighi amorosi. Il Concerto alla Marina oppure a Villa Giulia iniziava a mezzanotte, così come la passeggiata a mare. Le dame avevano il diritto di andarci da sole o in coppia con un’amica fidata, con la propria carrozza, accompagnate da un servo fidato. Spesso mettevano una mascherina sul volto per non essere riconosciute, l’interno della vettura era volutamente lasciato al buio e arrivati a Porta Felice era concesso al cocchiere di spegnere anche il lume esterno.

La maggior parte dei nobili di sera si recava alla Marina in veste da camera e le donne in semplice mussola bianca. Oltre la Porta, tutto era concesso. Le dame alcune volte facevano salire sulla carrozza l’amante, qualche volta scendevano erano inghiottite dal buio della notte. I servitori attendevano con pazienza il loro ritorno.

Le dame nubili facevano «conoscenza precoce dei piaceri mondani» e conducevano una vita «libera, piacevole e leggiadra». Quindi assaggiavano le gioie dell’amore prima del matrimonio. Se qualcuna era scoperta, veniva perdonata: i moralismi e le teorie del peccato erano di pertinenza del basso ceto, della "gentuzza". Loro erano superiori a queste "piccolezze".

Le ragazze imparavano ad essere molto caute, perciò si servivano di amiche e complici fidate. Nessuno pretendeva la moglie "vergine". Era anche questa roba da "gentuzza". Sui pericoli di eventuali gravidanze vigilavano le nutrici, le serve e le mammane (ostetriche). Era un tirocinio da fare prima della vita matrimoniale, ed avrebbe avuto un seguito a matrimonio avvenuto.

La libertà sessuale a Palermo era “privilegio esclusivo degli aristocratici“. Non fu mai un mezzo per denigrare un nemico ma una condizione che tutti implicitamente accettavano e rispettavano. Ma il popolo o dir si voglia “gentuzza” sapeva, non approvava ma soprattutto mormorava e nacquero i “detti“ a mò di sfottò al riguardo della mancata parte superiore di Porta Felice: era stato necessario non costruire l’arco della Porta, per dar modo ai poveri mariti di passare tranquillamente senza il rischio di rimanervi intrappolati con le loro lunghe corna. Ma queste erano voci di "gentuzza".
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