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"L'Isola del Sole" è a rischio incendi: colpa della siccità, gli effetti (sul grano) in Sicilia

Il grano è pronto per essere raccolto, ma a differenza degli altri anni le piantagioni sono sofferenti. I segni della siccità si vedono anche sui volti dei contadini. I motivi

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 1 luglio 2024

foto Pixbay

Le campagne siciliane sono dorate, per via dell’arrivo dell’estate. Il grano è pronto per essere raccolto, ma a differenza degli altri anni le piantagioni sono sofferenti e i segni lasciati dalla siccità sono facilmente visibili, fra le piante come nei volti esausti e segnati degli agricoltori, soprattutto in quei territori in cui le piogge invernali sono state molto scarse.

Il quadro delle coltivazioni di grano come di altre piante cerealicole è simile in tutto il territorio siciliano. Che ci si trovi nell’ennese o nel palermitano, la terra è riarsa dalla sete e le piante hanno faticato moltissimo a crescere. Secondo i coltivatori di Coldiretti, la campagna cerealicola in corso è già altamente danneggiata.

Con una contrazione di oltre il 10% delle semine, la nostra regione è entrata in una delle estati più drammatiche degli ultimi decenni e vane sono parse le promesse lanciate qualche giorno fa dal governo regionale. I mesi appena trascorsi sono stati i più roventi di sempre.
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Gli allevatori sono costretti a far abbeverare i loro animali in delle pozze d’acqua putrescenti, pieni di fango, mentre gli agricoltori non sanno più dove attingere acqua, per “abbeverare” le loro piante. Per via dell’innalzamento delle temperature, le piante di grano, frumento e farro hanno reagito con l’unica strategia possibile che gli ha concesso madre natura.

Sono cresciute velocemente, senza controllo, nel tentativo di riprodursi il più rapidamente possibile, consumando meno acqua possibile. Il risultato è stato prevedibile. Chicchi di grano più piccoli, più leggeri, rese basse in tutte le provincie della Sicilia, mentre i costi energetici per attingere l’acqua dai pozzi sono triplicati. Anche coloro che hanno tentato di produrre un prodotto sano, innovativo, decidendo di convertire le loro coltivazioni tramite l’agricoltura biologica, soffrono.

Produrre grano biologico costa oltre 800 euro per ettaro e i guadagni ricavati dall’attuale vendita non consentono di affrontare tutte le spese di produzione.

Un tempo la Sicilia era considerata l’isola del Sole. Il granaio dell’Impero Romano. Oggi rischia di divenire la regione degli incendi, come è avvenuto già l’anno scorso e l’anno ancora prima.

Grandi lotti di terreno abbandonati dai contadini rischiano oggi di divampare in degli incendi, soprattutto in quelle aree sensibili, in cui cova ancora la mafia dei pascoli per non parlare di quelle delle piccole famiglie.

Non ci si può però nascondere dietro ai crimini degli ultimi anni, analizzando la situazione dell’agricoltura siciliana. Spesso i danni sono stati causati dal disinteresse e dalla disorganizzazione dell’amministrazioni, che non hanno saputo gestire nei decenni precedenti le condutture e le strutture che in teoria avrebbero dovuto garantire l’approvvigionamento idrico su tutto il territorio regionale.

Così, all’alba di un luglio probabilmente torrido, ci troviamo di fronte a un’isola spaccata, frammentata in diverse situazioni. Più positive sono le condizioni dei campi coltivati del settore settentrionale dell’isola, mentre le provincie dell’agrigentino, dell’ennese e della punta meridionale della Sicilia sono entrate sicuramente in una crisi, che continuerà a peggiorare, giorno dopo giorno.

Lo scorso 27 giugno, a Polizzi Generosa, sulle Madonie, un meeting organizzato da Confcooperative, dalla diocesi di Cefalù e da Verbumcaudo (antico feudo confiscato alla mafia dal giudice Giovanni Falcone, che oggi viene gestito da una cooperativa sociale) ha cercato di delineare lo stato di salute delle coltivazioni siciliane, cercando così di dialogare con le istituzioni. Il titolo dell’evento – “La raccolta del grano negata: gli effetti del cambiamento climatico sul comparto agricolo e zootecnico siciliano” – riassume efficacemente la situazione attuale.

Quest’anno, per la prima volta nella storia, infatti, all’interno delle campagne di Verbumcado come in diverse altre aziende agricole siciliane non è stato possibile per via della siccità usare i mietitrebbia o coltivare del grano. A marzo il terreno era troppo riarso per ospitare i germogli delle piantine.

A questo punto gli agricoltori richiedono l’intervento dell’Europa e in buona parte dello stato. Gli aiuti economici e i sostegni attualmente previsti per queste situazioni sono ritenuti irrisori e seppur il governo Schifani si sia già espresso per avviare nuove opere che consentano di gestire e usare meglio le poche risorse idriche presenti sull’isola, gli agricoltori e gli allevatori chiedono qualcosa di più. Adesso.

Per non far morire le loro aziende o vedere le campagne siciliane bruciate dalla siccità, centinaia di onesti imprenditori agricoli chiedono che la politica e il mercato tutelino il loro lavoro e che gli si dia un immediato sollievo economico, per proteggere la stagione cerealicola (e non solo) dell’anno prossimo.

A rischio infatti è anche il comparto vinicolo, quello oleario e quello legato agli agrumi. Altre tipologie di coltivazioni, che rischiano seriamente di subire nei prossimi mesi una forte contrazione per colpa della siccità.
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