STORIA E TRADIZIONI
L'amante e i figli illegittimi, la moglie "manipolatrice": Capuana e le (sue) donne
Lo scrittore siciliano, padre del Verismo, appassionato di spiritismo e di psicologia al femminile ebbe con le donne relazioni piuttosto difficili e complicate
Ritratto di Luigi Capuana
Luigi Capuana Il genere femminile ha sempre esercitato un indiscutibile fascino su Luigi Capuana - personalità poliedrica ed eclettica - che durante la sua lunga esistenza si è interessato non solo di poesia, critica letteraria e narrativa, ma anche di psicologia, di fotografia e persino di occultismo e spiritismo. Capuana, nato a Mineo, in provincia di Catania, nel 1839, è considerato l’ideologo del Verismo.
Apparteneva a una famiglia di agiati proprietari terrieri e nel 1860 abbandonò la facoltà di giurisprudenza per prendere parte all'impresa garibaldina.
Successivamente si trasferì a Firenze, quindi a Milano e Roma dove fu il direttore del giornale “Il Fanfulla della Domenica”. Rientrato in Sicilia fu due volte sindaco della sua cittadina natale. Tornò a Roma, dove divenne amico di D’Annunzio e di Pirandello e nel 1900 ottenne la cattedra di letteratura italiana presso l'Istituto Femminile di Magistero.
Fu durante la parentesi fiorentina (1864-68) che lo scrittore cominciò ad essere attratto dall'occultismo e dallo spiritismo, sottoponendo la bella Beppina, la figlia diciottenne dei coniugi Poggi, i proprietari della pensione dove Capuana viveva, a numerose sedute di ipnosi.
Le cose presero però una brutta piega, perché Beppina sembrava vittima di una vera e propria possessione diabolica e Capuana decise di porre fine agi esperimenti. Lo scrittore racconterà le proprie scoperte nel campo del paranormale - dall’ipnosi alle diverse sedute spiritiche con noti sensitivi - nel volume “Spiritismo” (1884).
Indagatore della psicologia femminile - fu uno dei campi preferiti della sua ricerca– Luigi Capuana pubblicò nel 1877 a Milano la sua prima raccolta di novelle, “Profili di donne”: storie di misteriosi personaggi femminili, spesso in fuga da una vita incapace di soddisfare i loro veri bisogni interiori.
Nel 1879, venne dato alle stampe “Giacinta”, romanzo considerato oggi il manifesto del verismo italiano, ma all’epoca stroncato e tacciato di "immoralità".
Nel volume si racconta la storia di una donna che, avendo subito da adolescente una violenza sessuale , si ritrova col rifiutare il promesso sposo che ama, scegliendo di andare in moglie a un vecchio nobile, per diventare poi l’ amante dell’uomo amato… una miscela di sentimenti talmente esplosiva che alla fine porterà Giacinta al suicidio.
L’opera è stata ritenuta anche un romanzo di formazione in negativo, in cui il percorso di maturazione porta la ragazza a una sconfitta personale su tutti i fronti. Il Marchese di Roccaverdina (1901), a cui lo scrittore lavorò per oltre vent'anni, fu il romanzo che rese celebre Luigi Capuana. E’ ambientato a Ispica (Rg) e narra la storia di un marchese che, per ragioni di convenienza sociale, dà in sposa la sua serva e amante a un suo sottoposto, Rocco Criscione.
In seguito, il marchese, divorato dalla gelosia uccide a tradimento Criscione, incolpando del delitto un contadino. La trama è chiaramente autobiografica perché Capuana nel 1875, a 36 anni, perse la testa per Giuseppina Sansone, detta Beppa, una ragazza analfabeta, assunta dalla sua famiglia come domestica. Da questa relazione, che durò quasi 20 anni, nacquero parecchi figli, tutti affidati subito all'istituto dei trovatelli di Caltagirone.
All’epoca un rispettabile borghese non avrebbe mai riconosciuto come suoi i figli avuti con una serva. Giuseppina rimase con Capuana fino al 1892, quando, proprio per volontà dello scrittore, fu costretta a sposare un altro uomo.
La sola donna che riuscì a farsi portare nel 1908 all’altare da Capuana, dopo alcuni anni di relazione, fu la scrittrice Adelaide Bernardini (nota anche con lo pseudonimo di Chimera) conosciuta nella capitale nel 1895 in circostanze molto particolari… Adele, maestra elementare con la passione per la scrittura, nata a Narni ma residente a Catania, a 20 anni aveva lasciato l'Italia per seguire il suo innamorato, un ufficiale dell'esercito.
Nel 1895 i due si erano stabiliti a Roma: qui la ragazza, sedotta e abbandonata, aveva tentato il suicidio in una camera dell'Albergo Cavour, ingerendo oppio. La notizia aveva fatto scalpore e la stampa nazionale aveva pubblicato il suo messaggio d'addio: «Chi dice vile il suicida insulta il martire tra i martiri. Mando i miei ultimi palpiti, i miei ultimi baci a chi mi spinge nel baratro dell'oblio».
Capuana, che all’epoca viveva a Roma, impressionato dalla vicenda e dalle parole della giovane, aveva iniziato con lei un rapporto epistolare (firmandosi Renato), successivamente l’aveva incontrata e le aveva proposto di lavorare come copista, segretaria e custode della sua biblioteca. Questo incarico aveva consentito ad Adelaide di dedicarsi con maggiore assiduità alla scrittura; inoltre Capuana l’aveva introdotta nei circoli letterari con cui era in contatto.
Lo scrittore era ancora scapolo e aveva già superato i 55 anni: per Adelaide, quell’incontro aveva rappresentato una straordinaria opportunità. Tra i due aveva avuto inizio una lunga convivenza, il rapporto si era trasformato in una relazione alla luce del sole nel 1902 quando i due scrittori si erano trasferiti a Catania dove il maestro aveva ottenuto la cattedra e il 23 aprile 1908 si erano sposati; testimone di nozze era stato l’amico Giovanni Verga.
In realtà la vita di Adelaide non fu sempre rosea, la giovane donna si ritrovò a dovere sopportare le abitudini e la mentalità dell’uomo Luigi (spesso diversa da quella dello scrittore Capuana), a dovere affrontare i tanti problemi finanziari, a dovere fare i conti con la notevole differenza di età, a dovere fronteggiare l’ostilità degli amici del marito che la reputavano una "manipolatrice".
Adelaide trovò in suo marito un valido supporto e un volano per il successo della sua carriera di scrittrice; furono molte le collaborazioni con «Il Fanfulla della domenica», il «Secolo XX», «La Donna» e «Cordelia», «L'Ora» e «Sicilia», le riviste letterarie «Poesia» e «Nuova Antologia»,. Si dedicò inoltre alla scrittura di libri di narrativa per ragazzi e di testi per il teatro, collaborando anche con artisti come Nino Martoglio, Giovanni Grasso e Angelo Musco.
Mentre cresceva la sua popolarità di pari passo aumentavano i dissidi con intellettuali e scrittori che sminuivano il suo valore. Adelaide fino al 1920 circa, adoperò il doppio cognome Capuana Bernardini per firmare le sue opere e per questa scelta fu giudicata una "sponsorizzata femme de lettres" (Mara Antelling). Il 29 Novembre 1915 si spense Luigi Capuana e Adelaide in seguito alla morte dello scrittore divenne curatrice delle sue opere e sua erede.
Alcune mosse della Bernardini furono molto avventate, come quando distrusse le “riservatissime” lettere in cui Verga parlava all’amico Capuana di due suoi amori, Giselda Fojanesi e Donna Vittoria Cima; o come quando mette nel 1922 decise di mettere in vendita il manoscritto originale del romanzo “I Malavoglia”, dono di Giovanni Verga a Luigi Capuana. Una scelta che non denota grande sensibilità e che suscitò la furiosa reazione di Pirandello.
Con una serie di appelli sulle maggiori testate giornalistiche, lo scrittore agrigentino costrinse Adelaide a ritirare il prezioso manoscritto dal mercato. La famiglia di Giovanni Verga ne venne in possesso acquistandolo per la cifra simbolica di 6.000 lire.
Poco tempo dopo la scrittrice per vendicarsi per il mancato affare inviò una lettera a Il Giornale d'Italia» e accusò Pirandello di aver plagiato la novella di suo marito Dal taccuino di Ada, invitandolo a sostituire il titolo dell’opera Vestire gli Ignudi con un più appropriato Spogliare i morti o Calunniare i vivi.
La Bernardini morì a Catania nel 1944: scrittrice prolifica e giornalista di successo, rimane oggi una figura molto controversa. Luigi Capuana è sepolto nel cimitero di Mineo, dove lo scultore Michele La Spina ha realizzato un solenne monumento funebre.
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