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In un monte di Palermo pare vivessero dei giganti: svelato il mistero di monte Grifone

Le ossa di giganti trovate sul monte Grifone nel 1500 aprono le strade a ricerche e contro ricerche "alla palermitana". Ecco la vera storia del monte che sovrasta la città

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 23 agosto 2020

"Saturno che divora i sui figli" di Francisco Goya

Due sono le certezze di un palermitano: il traffico in viale Regione Siciliana e che la pasta con i tenerumi si mangia a petto nudo con l’asciugamani sulle spalle. Veramente dal 1831 ce n’è pure un’altra, e su questa ci mette il punto esclamativo lo studioso Domenico Scinà: le ossa di giganti trovate sul monte Grifone nel1500 appartengono ad animali selvatici e addirittura ad elefanti.

Di giganti, perciò, non se ne parla manco per la mi#$@!%... vabbé, lasciamo stare sennò m’accusano di scurrilità. A mettere il sigillo definitivo, tipo il gol di Del Piero in Germania-Italia del 2006, ci pensa nel 1867 Gemellaro che mette assieme queste ossa e ne ricostruisce le carcasse (tanto che gli dedicano un museo).

Ora, queste sono certezze, come il discorso della pasta con tenerumi, e sulla certezze non si disquisisce (‘nkià chi sugnu allittrato!). Tuttavia, dato che non tengo niente che fare, vi sottopongo un punto di vista fuori dalle righe che, portato in auge (‘nkià cavaddu!) da uno come me, che sulla storiografia ha la stessa validità di un biglietto dell’autobus scaduto, lascia il tempo che trova e non deve fare arrabbiare nessuno.
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Siamo nella seconda metà del 1500, Tommaso Fazello, di cui c’è un affresco nell’alula magna della facoltà di giurisprudenza e di cui nessuno si è mai accorto, manda alle stampe il “De Rebus Siculis Decades Duae” (il primo libro stampato sulla storia della Sicilia): si parla anche di ossa di giganti! E che problema c’è, direte voi, visto quanti ne hanno parlato?

Nessuno, non fosse stato per il fatto che Tommaso Fazello è un padre domenicano in pieno periodo di Inquisizione Spagnola. Come fa un domenicano a scrivere di queste cose, quando si andava al rogo solo perché non si mangiava carne di maiale? Vabbè, sarà stato un parrinello di provincia preso pure per “mala minchiata”… Eh no!

Fazello insegnava a San Domenico teologia ufficiale dell’aristotelismo cristiano, viene insignito della carica di primo consultore del tribunale dell’Inquisizione e nel 1558 si trova a Roma al capitolo generale dei domenicani, in compagnia dell’amico Paolo Grovio che è uno dei più influenti consiglieri di papa Clemente VII (un nuddu ammiscatu cu nienti), dove rifiuta la carica di maestro dell’Ordine. Non solo parla delle ossa, Fazello, ma ne è talmente sicuro che dice “i giganti sono stati al mondo, e ch’eglino hanno abitato la Sicilia, salvo però, se non fusse un uomo cieco di mente e di corpo” (addirittura!).

Ed oltre ad andarsene montagne montagne come un Indiana Jones, documenta più volte il possesso di alcune ossa che egli stesso custodisce. C’è da dire che il cranio di un elefante richiama le fattezze di quello di un ciclope per via di un’ unica cavità orbitaria centrale; tuttavia, quello che è veramente strano nel caso di Fazello è che non si fa mai riferimento a crozze monoculari, quanto piuttosto a denti mascellari (mole) che lo stesso domenicano si preoccupa di misurare ed esaminare.

Dovendo stare alle sue parole “molti di questi denti mi sono stati donati da Pietro Paulo (un nobile) i quali conservo con gran diligenza” e “ciascuno de’ quali pesava 4 once (120gr circa), et eran simili a’ nostri, alquanto bianchi, e non era punto guasti”.

Ora, non mi sognerei mai andare contro Scinà e Gemellaro, eppure bisogna ammettere che per un puro principio di contrapposizione dicotomica (perora sono dopato) si sta sostenendo che uno che insegnava “teologia ufficiale dell’aristotelismo cristiano”, ruotando attorno a papa Clemente VII e personaggi vari, era, allo stesso tempo, un babbasone che non sapeva distinguere un dente un umano da una zanna di elefante - che solitamente non pesano meno di 20kg per una - (e che detto fra noi non hanno denti) scambiando così fischi per piriti.

Detto questo, è sicuramente da mettere in conto che il Fazello, da padre domenicano qual’era, essendo un profondo conoscitore dei testi sacri, deve essersi sicuramente imbattuto in (GENESI 6, 4) “C’erano sulla terra i giganti a quei tempi -e anche dopo- quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini” in (NUMERI 13,32-33) “vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro.”; se non addirittura, visto che egli stesso ci dice così.

“Essi mangiavan gli uomini, e procuravano d’haver de’ bambini non nati, o’ sconciature (feti abortiti), per mangiarseli” essere entrato in contatto con il libro di Enoch -apocrifo dell’antico testamento ma canonico per i cattolici copti - che è l’unico in cui palesemente si parla di giganti come mangiatori di uomini “E i giganti si voltarono contro loro per mangiare gli uomini”.

Giganti a parte rimane il mistero di come potesse fare un padre domenicano a scrivere di tutto ciò in piena inquisizione.
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