ITINERARI E LUOGHI
In Sicilia c'è un'opera senza tempo: tuffati dentro e fai un viaggio nella storia antica
Il contesto in cui si trova riecheggia di arte e il monumento in questione non è da meno. Il vissuto che lo caratterizza è secolare. Lo puoi osservare in ogni angolo
Lo storico agrigentino Di Bella (prezioso collaboratore di Balarm) è il testimone, nonché grande cultore della città di Agrigento, di uno dei monumenti più importanti del capoluogo. Dalle sue parole, i pensieri e le “delicate” espressioni evidenzia i contenuti profondi e importanti della struttura religiosa.
Cosa si cela dietro a tutto questo? Una volta costeggiato il palazzo Maventano-Iacono (dopo aver seguito le vecchie indicazioni in giallo) si raggiunge appunto la via omonima (Santa Maria dei Greci). Sin da subito si avverte la “differenza”, il risalto di un’opera che riserva/riserverà piacevoli sorprese.
Il prospetto Nord fonde passaggi passati e recenti di culture. Costruita tra il XII e il XIII secolo, corrisponde (presumibilmente) all’antico tempio di Atena o di Zeus Atabyrios (vi si accede attraverso un cortile chiuso), che risale all’epoca di Terone.
Fu lo scrittore greco Polieno (II sec.d.C.) a raccontare della costruzione di un tempio “simile” a quelli della “Valle dei Templi”. La scoperta - invece - fu fatta dal chierico teatino Giuseppe Maria Pancrazi (ne scrisse nell’opera “Antichità siciliane spiegate”).
Trattasi di un periptero esastilo (dorico), con cella munita di pronao e opistodomo, delle dimensioni di m. 34,71*15,30, munito di 13 colonne sul lato lungo e sei su quello corto (analogo al tempio della Concordia). Grazie agli scavi condotti dal soprintendente Pietro Griffo è stato messo tutto in sicurezza.
I lavori di restauro hanno prodotto una pavimentazione di vetro speciale. Quest’ultima permette di osservare con “estasi” il crepidoma (era possibile visitare parte della stessa dal cunicolo sotterraneo con tre gradoni) e l’antica cripta (utilizzata per sepolture e ricavata da un’antica vasca).
Durante i lavori sono stati rinvenuti altri resti archeologici (sottofondazioni, terminale occidentale e resti del periodo paleolitico). I visitatori - oltre all’immagine delle divinità greche - si trovano catapultati in un contesto a “due religioni”. Infatti la chiesa è stata protagonista del rito greco-ortodosso (origine del nome) nel periodo bizantino e quello, successivamente, di cattedrale cattolica (prima di San Gerlando).
Dopo l’intrusione greca, è doveroso addentrarci nelle caratteristiche della piccola basilica. L’ingresso è abbellito da un notevole portale archiacuto, la cui chiave presenta uno scudo. È scolpito lo stemma dei Pujades, una famiglia di origini spagnole che visse in nobiltà in gran parte della Sicilia (XV secolo).
L’interno è a tre navate e quella centrale presenta un soffitto ligneo trecentesco a capriate dipinte. Colpisce la “simmetria” perfetta dello stesso. Nonostante le dimensioni irrisorie, la struttura è arricchita da dipinti e sculture (da non perdere).
Grande impatto desta il sarcofago marmoreo del 1570. Contiene i resti dei nobili palermitani Bartolomeo Caputi e Isabella Termini. Nelle pareti sono distribuite le tracce di sette riquadri affrescati (artisti di scuola siciliana). Sono opere che ritraevano scene di vita della Santa Vergine (Ciclo della Vita).
Durante gli ultimi scavi sono stati scoperti la cripta e il colatoio, dove i membri della Confraternita (di Santa Maria dei Greci) venivano fatti essiccare prima della sepoltura. Verso la fine del 1700 la chiesa venne chiusa al culto (motivi ignoti). Riaperta successivamente, dovette cedere il passo dopo la frana del 1966.
Adiacente all’edificio è stato allestito l’Antiquarium. Un altro “pezzo” storico di questa città. Oltre ai rinvenimenti archeologici, è possibile immergersi negli studi di una città - Agrigento - dalla visione millenaria. Un modo per vivere in simbiosi con una terra difficile, problematica e, allo stesso tempo, affascinante e misteriosa.
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