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Il tour in Sicilia sul Monte del Mito: sei luoghi (mozzafiato) che non puoi perdere

Sei contesti diversi di una cittadina speciale. Sei opere che, a distanza di secoli, coinvolgono una quantità numerosa di ospiti alla scoperta delle bellezze del posto

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 12 ottobre 2023

Torre di Re Federico a Erice

Il turismo è uno dei settori più importanti della nostra regione. Puntualmente, anno dopo anno, il numero di visitatori è in costante aumento. Spesso, i borghi e le grandi città promuovono la crescita grazie alle card.

Una possibilità che permette al singolo o gruppi di turisti un percorso alternativo riducendo i costi delle visite. Anche la città elima di Erice ha promosso negli ultimi anni una "card" speciale al costo di 6 euro.

Una grande opportunità per conoscere il Monte del Mito tra personaggi "leggendari" come Erice, figlio di Venere e Bute. Non è l’unico in un percorso mitologico che vede figurare anche Aceste, Elimo, Eracle, Enea, Dedalo e altri ancora.

Un lungo "cammino" storico che ha visto "mescolarsi" una serie di dominazioni a partire dagli stessi Elimi senza dimenticare i Fenici, Greci, Romani e Cristiani.

Successivamente, dopo l’abbandono da parte degli arabi, la città assunse un ruolo importante grazie ai Normanni, Svevi e Aragonesi.
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Una volta varcata Porta Trapani (una delle tre presenti lungo il percorso medievale), inizia un’avventura che rimarrà indelebile nei ricordi di ciascun viaggiatore.

Difatti, la "Erice Card" permette la visita di sei luoghi mozzafiato tra panorami unici, opere strutturali e storie antiche. I primi due passaggi sono rappresentati dalla Torre di Re Federico e il Real Duomo. La torre, seppur le date indicano (data di costruzione) la fine del Duecento, ha origini antichissime.

Risale addirittura ai tempi della guerra punica (torre di vedetta) quando Roma e Cartagine si contesero il controllo del Mediterraneo. Fu ricostruita da Federico III d’Aragona.

Dall’esterno si notano delle bifore che esaltano la bellezza dell’opera. I 108 gradini interni portano fino in cima. Da lassù, circondati da campane, è possibile dividersi tra immagini orientate verso il mare e quelle che espongono il visitatore ad ammirare i tetti delle case ericine.

Un "tourbillon" di emozioni senza fine. Accanto alla torre si trova il duomo. Edificato dallo stesso Federico III d’Aragona nel 1314, la struttura ha subito nel tempo dei restauri causa danneggiamento.

È dedicato a Maria SS. Assunta. Conserva le sue forme gotiche (campanile e portico) originarie seppur, successivamente, è stato aggiunto il pronao di forma rettangolare su alte arcate ogivali.

Raccontare le caratteristiche architettoniche del duomo è "impresa" complicata perchè oltre ai cenni storici andrebbe analizzato l’aspetto visivo.

Meritano una menzione le facciate nord e meridionale. L’interno (ricostruito nel 1857 dopo il crollo), a tre navate, presenta dei particolari decorativi di arte neogotica tra le più significative dell’intero panorama siciliano.

Da attenzionare anche l’abside che presenta - nella nicchia centrale - la Vergine assisa in trono con il Bambino in braccio. Il duomo custodisce il "Tesoro".

Si tratta di opere di oreficeria, argenteria, pittura, scultura, ricami in oro, seta e corallo "lavorati" nell’arco di ben 500 anni. Usciti dal duomo, tra foto e riti propizi, la salita attende i turisti alla ricerca del prossimo “bene prezioso”.

Un centinaio di metri abbondanti mette a dura prova la resistenza fisica.

Erice è assalita da una massa incontrastata di curiosi pronti a soddisfare ogni tipo di esigenza (anche culinaria). Finalmente si raggiunge il terzo passaggio "dovuto".

Trattasi dei ruderi del monastero di SS. Salvatore. Esteso su una superficie pari a 1700 mq., parte di esso è crollato nel tempo. Si entra in un luogo silenzioso caratterizzato da un’aura di pace e serenità.

Accompagnata da un sottofondo spirituale, la visita si divide tra parte interna ed esterna. L’edificio fu costruito nel XIII secolo dai Chiaramonte.

Nel 1292 fu donato alle Benedettine e trasformato appunto in un monastero. La scala grande permette di scendere ai livelli inferiori della struttura, agli ambienti di lavoro e al giardino.

Provvisto di antichi forni, il monastero era concepito come un luogo organizzato nonché base di produzione di dolci e pane.

Terminò la sua secolare esistenza a partire dal 1866 quando - causa soppressione degli ordini religiosi - vennero confiscati i beni appartenenti agli stessi.

Per raggiungere la Chiesa di San Martino (quarta monumento) si percorre un ulteriore tratto della via principale e poi, si entra nelle strette viuzze che fanno da contorno alla stessa.

È un capolavoro edificato da Ruggero il Normanno.

Per tradizione, durante la visita dei Re o il raduno dei Magistrati, la chiesa era il luogo abituale per “intrattenere” gli ospiti. Risalta subito il contrasto tra la facciata e il portone.

La prima, saliente e semplice, è vivacizzata dal forte tocco barocco del portale. Sulle colonne ornamentali laterali, sopra le volute, due Anime Sante del Purgatorio stanno in mezzo alle fiamme purificatrici.

Spicca il cortile laterale cinquecentesco. Gli ultimi due "pezzi" pregiati sono la Chiesa di San Giuliano e San Giovanni Battista. Da San Martino è possibile addentrarsi in stradine "quasi" abbandonate.

Da un lato subentra la stanchezza mentre dall’altra, la prospettiva di toccare uno dei punti più alti del territorio ericino non ha eguali.

Edificata nel 1076 dal Gran Conte Ruggero, la Chiesa di San Giuliano fu dedicata al santo omonimo come dono per aver soccorso la cittadina dal dominio musulmano.

Dopo vari interventi, nel 1926 fu chiusa a causa di un crollo interno. Solo nel 2005, a lavori conclusi, venne riaperta al pubblico.

Trovano "riparo" i gruppi statuari che rappresentano le ultime ore di vita terrena di Gesù. Ricalcano i tratti essenziali dei “misteri” trapanesi.

Questi, seguono la moda spagnola del 1600, mentre nelle gestualità ci riportano costumanze popolari tipicamente siciliane.

È giunta l’ora di chiudere il cerchio con la visita della Chiesa di S. Giovanni Battista. Nel breve tragitto è “quasi” doveroso assaporare un dolce tipico (genovesi).

Potrebbe "fungere" da stimolo per ritrovare le forze "sprecate" lungo il cammino. I fortunati (coppie) debbono “obbligatoriamente” baciarsi nel panorama che offre la salita verso il Castello di Venere. Tornando all’ultimo pezzo del mosaico, la chiesa ha un'unica navata a croce latina.

Edificata prima del ‘400, fu ampliata nel 1631. Ricca di dipinti e statue (anche del Gagini), colpisce l’entrata (o uscita dipende dai punti di vista) che immette nel giardino.

Improvvisamente il corpo si libera della stanchezza accumulata e lascia spazio alla purezza. È il momento esatto che determina la "conquista" morale di Erice. Sei luoghi di un borgo unico.

Sei contesti diversi di una cittadina speciale. Sei opere che, a distanza di secoli, coinvolgono una quantità numerosa di ospiti alla scoperta delle bellezze ericine.
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