ITINERARI E LUOGHI
Il punto più alto dell'antica città di Akragas: qui le rocce "cambiano" colore con la luce
Vi portiamo in un'area naturalisticamente di grande interesse, ma poco conosciuta, soprattutto dai viaggiatori che arrivano ad Agrigento. Ecco a voi la Rupe Atenea
Rupe Atenea
Un progetto è stato approvato di recente per valorizzare turisticamente questa parte sommitale del capoluogo siciliano, che è certamente un’area naturalisticamente di grande interesse, ma poco conosciuta, soprattutto dai viaggiatori che arrivano ad Agrigento, soffermandosi spesso solo ad ammirare la Valle dei Templi.
«Il progetto è stato selezionato e prevede la realizzazione di App e mappe interattive per la fruizione dei percorsi naturalistici, un servizio di bike sharing elettrico, manutenzione straordinaria ed il rispristino di percorsi Rupe Atenea - Valle ed una serie di attività promozionali, con l’obiettivo di aumentare la presenza media dei turisti in città», annuncia l’assessore comunale Francesco Picarella.
Sulla Rupe Atenea, infatti, natura e archeologia danno spettacolo.
Uno degli aspetti più singolari è il colore cangiante delle sue rocce, che a seconda delle varie fasi del giorno, assume diverse tonalità. Fossili di molluschi sono presenti in enormi quantità nella roccia. Nel territorio della Rupe vivono circa cinquanta specie animali.
E’ utile ricordare che molte di esse non sono facilmente visibili per varie cause (abitudini, periodi di avvistamento, rarità, difficoltà di accesso ad alcune aree)».
Sul versante orientale della rupe è una grotta, ideale collegamento col mondo infero, dalla quale sgorga acqua sorgiva. Un tipico luogo di culto in cui la rupe in sé stessa era la dea.
«I coloni trovarono qui un antico santuario di divinità pregreche sede principale di un culto della Madre Terra probabilmente quella Gran Madre di lontane ascendenze panmediterranee che aveva avuto sviluppo con i contatti minoico - micenei – spiega Angelo Cutaia -. Oggi la zona viene chiamata il Santuario Rupestre di Demetra dalla successiva dedicazione del luogo di culto alla dea delle messi, erede della primigenia divinità sicana.
Infine la Rupe fu complessivamente detta Atenea dalla presenza del suo tempio sulla parte più alta. Quando il culto della Madre Terra si trasformò in quello di Demetra e Kore sopra la grotta fu eretto un grande tempio dorico, sui cui resti sorse la chiesa normanna di S. Biagio. Il tempio pagano pare abbia ospitato anche, se non esclusivamente, il culto del sacro fiume Akràgas.
Nell’area è stata rinvenuta la famosa statua dell’efebo, che rappresenta appunto il dio fiume nelle forme di un fanciullo. La città greca ebbe un impianto urbanistico a scacchiera a ridosso della rupe che la difendeva dalla parte del mare e sulla quale si impiantò il sistema dei templi».
Nell’area sono stati trovati inoltre scoperti i resti di un frantoio ellenistico e uno dei templi delle divinità ctonie: dèi appartenenti alle profondità, siano abissi marini che voragini terrestri.
La Rupe Atenea ha avuto da sempre un richiamo mistico, come si ritiene da tracce di rituali religiosi di epoca preistorica rinvenute. Secondo molti studiosi era questa l’Acropoli, ossia il più forte baluardo dell’antica Akragas e l’abitazione dei potenti numi. Diodoro Siculo fa cenno ad una collina Atenea in Akragas (la Rupe Atenea è a quota 351 s.l.m.).
Alcuni scavi condotti tra il 1971 e il 1975 confermerebbero tale ipotesi: hanno individuato elementi rispondenti alla natura fortificata dell’Acropoli proprio nella zona della Rupe Atenea, che marcò i limiti dell’area urbana fino alla prima guerra punica e dopo quest’evento accentuò il proprio carattere militare. Furono realizzate torri di avvistamento e sono state trovate tracce di un quartiere artigianale; indicativo è che siano stati rintracciati elementi costruttivi di tipo punico.
Lungo il percorso delle fortificazioni di Akragas si aprivano nove porte, poste sempre in corrispondenza o di un vallone o di una leggera depressione naturale. Sotto la punta sud-orientale della Rupe Atenea, si trova la Porta I, che si apriva, alle pendici della rupe, su una strada tracciata nel vallone e diretta verso est.
La porta, conservata per sei assise nel battente di destra, si apre al centro di un poderoso baluardo a tenaglia, uno dei rari esempi di particolari apprestamenti difensivi dell'intera cinta, in un punto di relativa debolezza del tracciato. Una prima torre difendeva il battente di sinistra della porta ed una seconda l'angolo sud-ovest del bastione.
«Ma le peculiarità della zona vanno ricercate anche nel sottosuolo che, così come in altre zone del centro storico di Agrigento e della Valle dei Templi, si presenta ricco di sorprese e di interessanti strutture ipogee – scrive Giuseppe Lombardo, sulla rivista della ex provincia di Agrigento Nuove Ipotesi, n. 3 Maggio/Giugno 2002 -. Sono infatti presenti, sia nella zona più alta della rupe che lungo le pareti del versante settentrionale, delle cavità artificiali, ossia scavate dall’uomo in epoche passate.
In tutto le cavità censite e rilevate dal Gruppo Speleologico Agrigento, in questa prima fase di studio, sono otto: una, la più interessante per sviluppo e caratteristiche, presenta un andamento tortuoso e cunicolare.
L’Ipogeo della Rupe presenta di ben sei ingressi, distribuiti lungo il periplo della parte alta della “Rupe Atenea”, e che permettono il controllo totale del territorio in tutti e quattro i punti cardinali. L’ubicazione e la strutturazione della cavità ben si presta agli scopi difensivi della stessa».
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