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Il bosco (che ti incanta) in Sicilia: tra sentieri dorati, querce secolari e "sculture" naturali

Vi portiamo in un luogo dal paesaggio pazzesco, soprattutto in autunno. Tra piante monumentali e agrifogli, puoi arrivare anche alla cosiddetta "Stonehenge di Sicilia"

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 25 ottobre 2024

Un fine settimana di ottobre col gruppo “Camminare i peloritani” abbiamo iniziato il nostro cammino nel bosco di Malabotta il più esteso del Messinese a cavallo fra i Peloritani e i Nebrodi, alle ore 8.00 in un paesaggio avvolto da una coltre nebbiosa.

Ciò ha conferito alla nostra escursione una dimensione un po' umbratile quasi non dovessimo violare il mistero dei monti in cui le figure evanescenti degli alberi si svelavano a poco a poco coi primi raggi solari. Noi stessi eravamo insolitamente silenziosi come fossimo un corteo di fedeli in pellegrinaggio.

Dopo la nebbia si è diradata, la luce ha prevalso e ci siamo imbattuti in esemplari arborei straordinari. C'era chi esibiva le sue fronde gialle sfavillanti in mezzo a tanto verde, chi invece, di solito un faggio si stagliava imponente per le dimensioni del suo fusto e per le innumerevoli ramificazioni.

C'erano degli alberi che sembrava si abbracciassero, altri ancora che sembravano aiutarsi a sorreggersi appoggiandosi gli uni agli altri.
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Non si trattava di guardare un insieme omogeneo, ma era come se ci fossero tanti gruppi familiari, quello dei castagni alti e slanciati, oppure la famiglia dei noccioli più piccola di statura ma più compatta che sembrava si facesse forza disponendosi con i tronchi ravvicinati e a cerchio.

C'erano invece altri alberi che si stagliavano in disparte e solitari su dei poggi quasi a non volere confondersi con la massa. Inoltre c’erano pure i Patriarchi del bosco, querce plurisecolari con il fusto di due metri di diametro.

Sotto di loro degli agrifogli ingentilivano il paesaggio con il loro fogliame fitto e lucido.

Di sera ci siamo fermati per il bivacco, immersi nelle tenebre e nel silenzio del bosco, interrotto talvolta da qualche canto inquietante di uccelli notturni, forse delle civette.

Sull'imbrunire ci siamo spinti sulla dorsale del monte e abbiamo potuto vedere l'impareggiabile spettacolo del faccione lunare che sembrava a pochissima distanza da noi, fare capolino sul monte e illuminare a mo' di sorriso beffardo gli indiscreti osservatori.

Il giorno dopo ci siamo avviati a pochi chilometri di distanza dal bosco di Malabotta nel territorio di Montalbano Elicona, ivi c'è un altopiano di circa mille metri s.m. da cui si stagliano verso il cielo fantastiche elevazioni di pietra di colore dal rosa al grigio chiaro.

Questo luogo si chiama Argimusco ed avvicinandoci a esso si viene colti da un'emozione simile a quella che si prova davanti ai luoghi della storia e a quelli del mito. Essa non viene sminuita dalla consapevolezza che si tratta soltanto di sculture naturali, frutto semplicemente del caso, dell'acqua e dei venti che hanno modellato questi megaliti in forme così ardite da fare pensare che siano stati concepiti da mente umana.

C'è un imponente megalite dalla forma quadrangolare in cui alla base si vede la nuda e levigata roccia, ma sulla cima tutta la sommità è alberata, per cui viene da pensare ad un gigantesco palazzo o a una fortezza con i giardini pensili che custodisce chissà quali splendori e quali misteri.

Due megaliti allineati e simmetrici fra di loro, hanno delle figure così slanciate pur nelle loro imponenti dimensioni che sembrano volere indicare qualche punto della volta celeste. C’è un megalite posto all’ingresso dell’area somigliante al simpatico cagnolone dei fumetti Pluto che con la sua aria mansueta sembra guardarsi intorno, un altro è quasi inquietante per la sua scultura antropomorfa; essa in un lato è straordinariamente identica, sia come effigie sia nell'espressione del viso ad un guerriero dell'antica Sparta con in testa l'elmo.

Un altro ancora fra i più famosi viene denominato L'Orante perché su un lato è ritagliata una figura umana femminile in atteggiamento di preghiera.
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