STORIA E TRADIZIONI
Il boom edilizio palermitano nell'eleganza del made in Italy: il palazzo del Giornale di Sicilia
L'elegante edificio progettato e realizzato dallo studio milanese dei BBPR rappresenta una pietra miliare dell'intera arteria di quella via Lincoln strutturata sul finire dell'800
Prospetto del palazzo del Giornale di Sicilia di Palermo
Diviene per tali ragioni quasi un'architettura di frontiera, al limite della cinta muraria ma ben adeso ad essa, protesa in direzione dell'espansione abitativa della costa sud, interamente proiettata su strada e ben visibile dalle fronde ombrose e rigogliose di Orto Botanico e Villa Giulia, luoghi dell'anima per ogni cittadino e turista, dai quali si può ben godere del raffinato design sommitale del piano attico che finisce per rappresentare il “cappello” dell'intera composizione.
Se l’unicum del linguaggio architettonico tra Razionalismo maturo e international style incide positivamente sul bilancio globale della composizione dell'intero organismo, non vi è dubbio che la qualità estetica della costruzione sia ancora una volta intimamente legata in forma persino a tratti silente alla rigidità della struttura in cemento armato ovviamente declinata attraverso sintassi coerente e materiali diversificati, capaci, nel condizionare per ovvi motivi di sicurezza strutturale (macchinari e rotative saranno qui presenti ed in funzione sin dal termine del cantiere) il rigido impaginato del prospetto frontale, di restituire il tentativo di diradare tale complessità lessicale in direzione del piano stradale quale condizione felicemente risolta.
È così che all'uso di marmi da rivestimento e prevalenza d'uso di superfici vetrate al netto dell’evidenza della maglia strutturale in cemento armato del blocco produttivo inferiore sapientemente ritmato da otto paraste a faccia vista, fa da contrappeso l'uso di superfici chiare e la maggior presenza dei ferri battuti dei balconi e delle porte-finestre a petto dei piani abitativi superiori in cui si infittisce la selva di più esili pilastri, mentre i due piani di attico e super attico rimangono volutamente arretrati rispetto ai piani inferiori.
Non pare esservi traccia di una elaborata ricerca nel dialogo con il vecchio tessuto urbano circostante che non sia denuncia di “se stessi” in termini di diritto alla scena del linguaggio contemporaneo, sintomo e forse patologia di quei lontanissimi decenni in cui sembrò che il “progresso” avesse diritto di vita e di morte su ogni dibattito soprattutto urbano e urbanistico.
Se l'imponenza superba della massa del costruito riesce ancora anacronisticamente a sconvolgere chi pensa che la città debba respingere la bellezza insita nella ricerca progettuale contemporanea, prendendo un ovvio abbaglio concettuale, le qualità estetiche dell’elegante costruzione dei maestri milanesi risuona di armonia propria imperando sicura di sé all'interno di un tessuto urbano di rara eterogeneità stilistica, coinvolgendoci tutti, nessuno escluso, sul dibattito ormai non più rimandabile sul futuro prossimo dell'architettura contemporanea del capoluogo siciliano in particolar modo ma non solo nel suo centro storico, partendo forse non a caso da un luogo che come questo, ha letteralmente “scritto” la storia e la cronaca e la cui identità trasuda ambizioni narrative sin da quella scritta centrata e imponente che campeggia da oltre cinque decenni: “GIORNALE DI SICILIA”.
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