ITINERARI E LUOGHI
I vicoli sdruccioli, i rintocchi che invitavano al "pianto e alla preghiera": la Girgenti di Pirandello
Luigi Pirandello è stato lo storiografo di Girgenti, l'odierna Agrigento, di cui conosceva ogni angolo, vicolo, palazzo. Per questo esiste un "itinerario pirandelliano" per visitare il centro storico
Luigi Pirandello nella "sua" Girgenti
Il più illustre degli agrigentini, il premio Nobel Luigi Pirandello, ha avuto occhi e cuore soprattutto per il centro storico di Agrigento, che sorge sulla collina alle spalle dei templi greci, dove gli Arabi nel IX secolo costruirono l'antica Girgenti, che dal 1927 chiamiamo Agrigento.
Certamente Girgenti, più della Valle dei Templi, è stato il "centro catalizzatore della fantasia pirandelliana" - come ha ben detto Leonardo Sciascia - nucleo incandescente della sua produzione artistica.
È noto infatti che lo scrittore agrigentino traesse costanti riferimenti di ispirazione poetica dalla sua Girgenti. Basti pensare ai suoi romanzi, alle sue commedie ed a tutte le sue novelle in grandissima parte ambientate e collocate nella città natia, o nella campagna circostante.
Chi arriva allora ad Agrigento, dopo aver ammirato i templi greci può seguire un itinerario pirandelliano per visitare il centro storico agrigentino. Suggeriamo quindi un viaggio tutto pirandelliano nel cuore antico di Girgenti. Visitare i luoghi ove son vissuti i personaggi pirandelliani che abbiamo studiato a scuola è un po' come trasformare in realtà il mondo della fantasia.
Pirandello conosceva ogni angolo di Girgenti, persino i vicoli: «su e giù per tutti quei vicoli a sdrucciolo acciottolati come letti di torrenti e tutti in ombra, oppressi dai muri delle case sempre a ridosso, con quel po' di cielo che si poteva vedere nelle strette di essi, a storcere il collo, che poi nemmeno si riusciva a vederlo, abbagliati gli occhi dalla luce che sfolgorava dalle grondaie alte; finché non si arrivava al Piano di S.Girolamo su in cima alla collina» scrive nella novella "Il Vitalizio".
Da Porta di Ponte, antico ingresso nel centro storico, si snoda la Via Atenea, ancor oggi la strada principale della città, che quando Pirandello l’attraversava sin presentava con l’ospedale, la banca, la posta, gli uffici. Parallela a Via Atenea si stendeva la Via di San Pietro (oggi Via Pirandello) fino all’ex convento dei Francescani, da lì si diramano una serie di vicoli stretti e ripidi che confluiscono nel piano Ravanusella.
La lunga e tortuosa via Atena lo portava anche sin nella piazza che fu al suo tempo sede dei Tribunali, oggi piazza Gallo. Qui Pirandello dice che "s'affollavano i clienti di tutta la provincia, gente tozza e rude, cotta dal sole, gesticolante in mille guise vivacemente espressive; proprietari di campagne e di zolfare in lite con gli affittuari o coi magazzinieri di porto Empedocle e sensali e affaristi e avvocati e galoppini".
Città "dai vicoli sdruccioli, a scalini, malamente acciottolati". Dominata in vetta al colle dalla cattedrale normanna dedicata a San Gerlando e dal Vescovado. Il panorama che più amava era quello che lo incantava passeggiando per quella che definì "l'unica cosa bella della città" la cosiddetta "Passeggiata", oggi Viale della Vittoria, che era "collocata all'uscita dalla città" e che "offre lo spettacolo della spiaggia, sotto, svariata di poggi, di valli, di piani e del mare, in fondo alla sterminata curva dell'orizzonte": Punta Bianca a levante, Capo Rossello a ponente; un mare vastissimo chiuso dalle terre del fiume Naro e del Cannatello, occupato al centro dalla foce dell’Hypsas, fino al Caos, Porto Empedocle e Punta Piccola.
Amava Pirandello anche il panorama della città che si ammira dalla collina dove sorgono il Duomo e il seminario: "arrivato lassù, di tutta la città non si scorgeva altro che tetti, tetti tesi in tanti ripiani, tetti vecchi, di tegole logore, e tetti nuovi, sanguigni, o rappezzati, che sgrondavano di qua e di là, chi più chi meno; qualche cupola di chiesa con il suo campanile accanto a qualche terrazza su cui si abbattevano al vento e sbaragliavano al sole i panni tesi ad asciugare" ( Vitalizio).
E ancora Pirandello conosceva la toponomastica cittadina: "La città aveva lassù una porta, il cui nome arabo, Bab-er-rijah, divenuto stranissimo nella pronunzia popolare: Bibirrìa, voleva dire Porta dei Venti", (oggi piazza don Minzoni) come ricorda nella Novella "La Casa di Granella".
Del pittoresco borgo del Rabato, altro sito dal nome arabo (via Garibaldi e piazza Santa Croce), diceva che gli "pareva il braccio su cui la città si appoggiasse così lunga e sdraiata".
Contò le trenta chiesa della città e ne conosceva i rintocchi delle campane, che invitavano al "pianto e alla preghiera". Apprezzava i "buoni dolci di miele e pasta reale, infiocchettati ed avvolti in fili d'argento" che ricorda in "La difesa del Meola".
Erano e sono le specialità delle monache del monastero medievale agrigentino del Santo Spirito, che troviamo in via Santo Spirito. Specialità che ancora oggi il visitatore può apprezzare.
Rimase scandalizzato Pirandello invece per le pessime condizioni in cui versava la Biblioteca Lucchesiana, nell’attuale via Duomo, dove si recò quando era studente universitario in cerca di manoscritti. Ma da tempo ormai la Biblioteca è un monumento della cultura in Sicilia, con più di 60.000 volumi, manoscritti, codici miniati e incunaboli.
Escursioni turistiche nel cuore del centro storico per conoscere la vecchia Girgenti di Pirandello si possono fare seguendo la proposta del Lions Club Agrigento Host denominata Way finding Agrigento. Attraverso ventinove pannelli, già istallati, con mappe, didascalie e segnaletica, il turista viene guidato a visitare i luoghi pirandelliani della vecchia Girgenti.
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