TRADIZIONI
I nonni consigliano "l'ogghiu pricò'': non è l'elisir di lunga vita, ma ci si avvicina molto
Altro che Doctor House, in Sicilia abbiamo "Pricò". L'iperico delle meraviglie, rosso come il sangue dona conforto grazie ai suoi poteri curativi che sono tanti e diversi
L'olio Iperico
L'iperico è una pianta officinale molto potente e, come si può intuire dai nomi, ha assunto nel tempo anche un significato religioso ed esoterico.
Il nome molto probabilmente deriva dal greco ''hyper'', ''sopra'', ed ''eikon'', ''immagine'', ovvero ''sopra le immagini'', perché si dice che, posto sulle immagini sacre, possa allontanare i demoni e assumere così un ruolo protettivo nei confronti di un'abitazione o di un luogo in generale.
L'altro nome, erba di San Giovanni, è dovuto al periodo di fioritura dell'iperico, che avviene nel mese di giugno, quando si celebra la nascita di San Giovanni e all'interno del fiore vi è una sostanza rossa, che rievoca il sangue versato da San Giovanni Battista durante il martirio.
Cresce spontaneamente in molte zone della Sicilia, in particolare in alcune zone di Scicli, nelle cave di Santa Maria la Nova, e anche a Salemi è molto diffusa la tradizione dell'ogghiu pricò. In alcuni posti è chiamato proprio ''Pricò'', come se fosse una persona, un dottore che nemmeno Doctor House.
È stato scientificamente dimostrato che l'iperico possiede delle proprietà curative. Impiegato in fitoterapia fin dall'antichità, ha un'azione antidepressiva e ansiolitica, ha proprietà balsamiche ed è un buon antivirale. Può essere adoperato contro il raffreddore, la tosse e per fortificare le difese immunitarie.
Un'altra proprietà della pianta è legata alla cura della pelle, infatti è un elemento molto utilizzato in ambito cosmetico come antirughe. Riesce ad idratare la pelle, rendendola setosa e morbida ed è un rigenerante cellulare naturale, ottimo contro le cicatrici e le smagliature.
Per ottenere il massimo dell'effetto curativo, è necessario fare dei decotti o delle tisane, ma seguendo le istruzioni degli erboristi e chiedendo in ogni caso sempre a un medico, perché ha anche delle controindicazioni.
I nostri nonni ci hanno insegnato a fare l'ogghiu pricò'', ovvero l'oleolito d'iperico', un vero e proprio toccasana contro - quasi - tutti i mali. Si ricava dall'infuso macerato della pianta ed è utilizzato per i dolori articolari, per le contusioni, le ustioni, dato che è anche cicatrizzante.
Viene inoltre impiegato per lenire il prurito delle punture degli insetti e per i massaggi. Insomma, manca poco e lo usiamo anche per diventare immortali. No, ancora quell'elisir non è stato trovato, però questo ci si avvicina.
La preparazione dell'ogghiu pricò – altro che nettare degli dei – è semplicissima. Basta avere i fiori di iperico e l'olio extravergine d'oliva oppure l'olio di mandorla o di girasole.
In nome di questa preferenza sono state combattute battaglie da nonni, bisnonni, zii, prozii, angeli custodi, bis-bisnonni e tutto l'albero genealogico terrestre e celeste, quindi massima attenzione alla scelta dell'olio.
Prima di andare a trovare un parente, informatevi sull'olio che utilizza per preparare l'ogghiu pricò, potrebbe essere una questione di vita o di morte.
Dopo avervi avvisati del pericolo, continuo con la ricetta.
Si raccolgono, dunque, i fiori di iperico, possibilmente nei paesini sperduti e quindi poco inquinati, si puliscono e si lasciano macerare insieme all'olio per trenta o quaranta giorni, in modo che il livello dell'olio copra completamente i fiori.
Durante il periodo di macerazione, il barattolo deve essere agitato anche due volte al giorno, infine si filtra con un colino, per eliminare i residui della pianta e l'olio avrà assunto un colore rossastro, nonostante i fiori di iperico siano gialli.
Sembra di sentirla, la voce della nonna, dopo una corsa che ci aveva provocato una ferita: ''Chi cumminàsti? Mèttiti l'ògghiu pricò!''.
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