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Gaetano "del latte" che salvava i bimbi a Palermo: cosa ricorda una scritta al Capo

"Chi ha i piccioli se lo compra - diceva Gaetano alle asine mentre le mungeva - chi non ha piccioli se lo beve lo stesso!. La storia di un eroe semplice, dimenticato

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 7 aprile 2023

La scritta che appare sul muro al Capo di Palermo

Credo di essere stato un bambino pieno di punti interrogativi. La maggior parte di questi sorgevano nelle fredde mattine che mi accompagnavano nel tragitto da casa a scuola.

“Per me si va ne’ la città dolente…” mi ripetevo mentre camminavo pensando all’interrogazione di scienze a prima ora, “per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente...”.

Poi domande che gira e firria erano pressappoco sempre le stesse: perché il mio compagno di banco faceva raccolta di caccole sotto la sedia? Perché Mariagrazia della 3°B al gioco della bottiglia non mi voleva baciare mai però amoreggiava della bella con Fofò Spacciafave e Ninì Spardasasizza? Com’è che faceva in realtà stu coccodrillo?

E per quale motivo il latte fresco che portava nonno mi faceva venire la diarrea dalla prima elementare però insistevano che mi faceva bene?

La professoressa di scienze mi spiegò che probabilmente trattavasi di “intolleranza al lattosio, data da una scarsa o assente produzione dell'enzima lattasi, che serve per rompere il lattosio nei suoi costituenti e renderli così assorbibili dall’intestino”.
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Nonnò però non la prese bene sta cosa e mi disse che la professoressa sparava minkiate e che evidentemente non sapeva chi fosse il lattaio Gaetano Vitale.

Ma facciamo un salto indietro. Palermo, mercato del Capo alla quale si accede da Porta Carini. Luogo noto ai turisti come un "must" da visitare per forza, è proprio in prossimità di questa porta della città che -si racconta- apparse Sant’Agata per liberare Palermo dalla peste del 1348.

Eh, ma se con gli eventi naturali e le epidemie ci possono i santi, con la stupidità dell’uomo quando decide fare la guerra non ci può manco il Signore.

E così un balzo in avanti di quasi 600 anni e ci ritroviamo precisi precisi negli anni della guerra (la seconda). Palermo è sventrata dai bombardamenti ma è sempre bella e la fame è a carrettate sane, anzi a carrettate vacanti perché davvero non ci sta niente da mangiare.

In più, invece di mettere le calorie nel retro dei cibi per farti venire le paranoie, il regime di quel signore con le mani nei fianchi che grida sempre “italiani! Italiani!” si inventa lo slogan “Se mangi troppo derubi la Patria”.

Già il pititto è orbo di per sé, ci si mettono pure le malattie, in più la tessera onoraria -chiamata tessera della fame- che stabilisce la quantità massima di beni acquistabili entro un determinato lasso di tempo.

Ce n’è di vari colori in base alla fascia di età: verdi per i bambini fino ad 8 anni, azzurre dai 9 ai 18 e grigie per gli adulti. Una volta ricevuta si va alla bottega, si poggia sul bancone, il commerciante ti dà quello che ti serve e ne taglia una striscetta, quella equivalente alla razione.

Pare funzionare per un po’ ma in realtà i beni iniziano a diminuire e di conseguenza il mercato nero ci si fa i bagni. Nel giro di tre anni (dal 1942 al 1945) i prezzi salgono alle stelle e aumenti a tignité, tipo come sta accadendo in questo bellissimo "2023 Odissea nello strazio".

Il pane passa da 23-25 Lire/kg a 45, le candele sono considerate preziose e se ne può comprare un massimo di una testa usando due buoni per la marmellata, un giornale 4 lire, un caffè 20 lire, un litro di vino 75 lire, la pasta 120 lire, tritato di carne 420 lire al kg, lo zucchero a 720 lire al kg, infine 30 lire al litro. Già, proprio il latte, quello non basta mai perché viene dato ai bambini e agli ammalati.

È in questa Palermo, nel primo vicoletto a destra, nonché via Mura di Porta Carini n.70, che vive Gaetano Vitale, un bello masculo, con lo sguardo siciliano e il latte nelle vene. Lui le conosce bene quelle strade, dove tutti i giorni qualche picciriddo corre a piedi scalzi, qualcuno nuovo nasce e qualche altro se ne vola in cielo.

Non è il Padre Eterno, Don Gaetano, e quelli che se ne volano non può trattenerli manco se gli attacca una corda alla caviglia. Se è per questo non è nemmeno un Don e non possiede nessun destriero, Tano è uno del Capo che possiede una stalla a Passo di Rigano, fuori città, e in quella stalla ci alleva le asine.

Ogni mattina, che spunta il sole oppure no, si alza, esce da quella casa, si fa tutta quella strada e la va mungerle per riportare il latte in città, anche perché è il lattaio e campa di quello.

Passano così le giornate dall’alba al tramonto, in compagnia delle asine che forse chiama per nome o forse no ma di sicuro considera meglio di certi cristiani di sua conoscenza.

Il latte del Capo ben presto diventa famoso e famose diventano pure quelle sante asine. “Chi ha i piccioli se lo compra,” dice Gaetano proprio alle asine mentre le munge, “chi non ha piccioli se lo beve lo stesso!” Piano piano i bambini malaticci smettono di spiccare il volo, cominciano ad uscire dalle case e si mettono a correre pure loro a piedi scalzi.

Ne regala tanti sorrisi Don Gaetano, soprattutto alle madri che soldi per quel latte non ne tengono. Eh, ma il tempo purtroppo è cane che conosce padrone, passa per lui, passa quelle madri con i figli, passa per tutta la città. E siccome Gaetano la guerra non l’ha fatta, medaglie non ne ha vinte e fasce tricolori non ne indossava, se ne va e di lui non resta più niente.

Rimane solamente quella scritta in via Mura di Porta Carini che dice: “In questa casa visse Gaetano Vitale, che a tanti fanciulli diede vita con la vendita del suo latte d’asina”. Qualcuno racconta che sia stata fatta da uno di quei bambini della borgata che grazie al suo latte riuscì a mettersi in forze e ad emigrare in l’America.

Ritornato dopo tanti anni a Palermo, e ritrovata quella casa, vedendo che tutti si erano scordati del buon Don Gaetano volle ricordarglielo con una latta di vernice e un pennello.
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