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Fu sindaco di Palermo per 13 mesi ma tutti lo amarono: Bonanno, il "rinnovatore" della città

Lasciò di sé e del proprio operato un'immagine tanto positiva e luminosa che la cittadinanza volle subito dedicargli un monumento. Un capolavoro raffinato affidato a Ernesto Basile

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 14 agosto 2021

La statua dedicata al sindaco Pietro Bonanno realizzata da Ernesto Basile

Il prosindaco e avvocato Pietro Bonanno non ebbe che un brevissimo mandato di circa tredici mesi ma seppe imprimere accelerazioni tanto lineari e virtuose alla città, lasciando di sé e del proprio operato un'immagine tanto positiva e luminosa nei suoi concittadini, tale da non esser mai eguagliato da qualsivoglia altro sindaco dopo di lui e non appaia un semplice dettaglio.

Morì a quarantadue anni dopo essere stato assessore alla polizia municipale e ai lavori pubblici, dopo aver avviato il progetto per la strada carrozzabile su Monte Pellegrino, il risanamento dei rioni Conceria, Stazzone, Sant'Antonio, Lattarini, guadagnandosi il titolo di “sindaco del rinnovamento“ e dopo essere stato già eletto deputato a Roma nel 1894, senza risparmiarsi per un solo giorno in quella città felice dei riti cortesi e garbati della belle époque e pare addirittura senza “monnezza” per le strade ogni santo giorno dell'anno.
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Fu il primo politico veramente moderno della città ad improntare il proprio mandato sulla dualità tra miglioramento estetico e progresso economico, mai più nessuno vi riuscì (la nostra contemporaneità di converso si commenta da sola) e quando per una polmonite morì giovanissimo, quella cittadinanza che lo ebbe trasversalmente amato e apprezzato, volle subito dedicargli un monumento esemplare per tenerne vivo il ricordo alle generazioni successive, già in quel lontano 1906, di quell'uomo e di quel virtuoso operato.

Che io abbia memoria, questo fatto non si sarebbe mai più ripetuto a Palermo per l'intero novecento e difficilmente potrà ancora ripetersi nel medio periodo prossimo per diversi decenni ancora.

Il luogo prescelto fu lungo il Cassaro a principio di quella piazza della Vittoria interessata proprio allora dalla piantumazione di ciò che oggi è il suggestivo palmeto e a non più di 15 mt dal Museo Diocesano. Naturalmente la scelta dell'architetto a cui affidare il progetto non poté che cadere sul professore Basile, preside e direttore della vicina Accademia di Belle Arti in continua ascesa professionale, stimato docente e progettista della borghesia palermitana, direttore e docente della Scuola di Applicazioni per ingegneri e architetti, ma fu lo scultore Benedetto De Lisi che diede sapientemente anima alla plastica del volto del busto in marmo di Bonanno.

Un progetto improntato sul concetto mitteleuropeo di gesamtkunstwerk, declinato come monumento della memoria tangibile, vera e propria cerniera urbana Floreale, eccellenza del binomio architettura/scultura. Il busto del giovane prosindaco dai capelli mossi, con baffi e lunga barba, cinto da un accenno di cappotto provvisto di due bottoni circolari, si erge al di sopra di una composizione sobria e altamente evocativa che ha fatto del concetto di simmetria assoluta la cifra monumentale a cui ancorare il valore del ricordo.

Dal punto vista compositivo, il monumento si articola partendo da una base in marmo chiaro attaccata a terra per mezzo di tre esili gradini in marmo grigio di Billiemi, proseguendo con una sequenza di modanature da cui si diparte l’elemento tronco-piramidale in intonaco color ocra chiaro in sommità del quale insiste il raffinatissimo decoro floreale ai lati del fregio con inciso il nome e la dedicazione all’amatissimo sindaco.

Siamo in presenza di un capolavoro raffinato ed elaborato della storia dell'arte europea che, seppur il pessimo stato di conservazione, dovuto alle “carenze manutentive” da parte dell’amministrazione cittadina che ne detiene la proprietà ed i relativi obblighi di tutela e valorizzazione (si veda anche lo stato in cui versano i due chioschi Ribaudo e Vicari a piazza Verdi), riesce a trasmettere, nonostante la presenza diffusa di croste nere, del dilavamento della patina mai ripulita, delle lesioni e del naturale disfacimento delle superfici plastiche della decorazione floreale, non ultima la totale assenza di un seppur minimo cartello con indicazioni e QR code turistici, quel senso di pienezza tipico delle grandi creazioni artistiche della storia dell'uomo.

Resta sicuramente tra i monumenti meno indagati se non quasi per nulla, sicuramente tra le testimonianze più suggestive della pratica compositiva di Ernesto Basile relativa alla piccola scala. "A PIETRO BONANNO /I CITTADINI PALERMITANI /MCMVI" reca l'iscrizione sul frontale del fregio annodato.

Erano altri tempi quelli, eroici da ambo le parti forse, gli amministratori gestivano la cosa pubblica per generare bellezza in nome e per conto dei cittadini, e quest'ultimi vedevano il bene prodotto ogni santo giorno e vi rendevano omaggio.

Basterebbero poche migliaia di euro per rendere omaggio, anche noi palermitani del martoriato 2021, al “sindaco del rinnovamento” e restituire la bellezza originaria al suo monumento. Palermo non ha un rapporto nemmeno lontano con la scultura e la statuaria contemporanea, ha dimenticato il ruolo sociale della bellezza; i palermitani si sentono abbandonati in mezzo ad arroganza, inadeguatezza e alla monnezza e la colpa è verosimilmente proprio del pro-sindaco Pietro Bonanno, doveva esser lui il sindaco della Palermo del terzo millennio.
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