ARTE E ARCHITETTURA
Fu l'architetto di mezza Sicilia: quello che non sai del "papà" del Politeama Garibaldi
È uno dei più celebri rappresentanti del neoclassicismo siciliano. A lui è dedicato l'Archivio Damiani Palermo messo a disposizione per gli studiosi
Immagine con drone di Carmelo Di Salvo
Ci riferiamo all’architetto e ingegnere Giuseppe Damiani Almeyda (1834 – 1911).
Abilitato alla professione dell’ingegnere architetto nel 1859, inizia la sua carriera come ingegnere nel Corpo di Ponti e Strade del Regno delle due Sicilie nella sede di Palermo.
Due anni dopo, quando le funzioni del Corpo dei Ponti e Strade siculo-napoletano vengono riunite nell’unico Corpo reale del Genio Civile, viene nominato ingegnere del Genio Civile e assegnato prima a Palermo e poi allo studio delle ferrovie Calabro Sicule a Messina.
Il primo incarico professionale lo ebbe, per concorso, a Palermo per i funerali di Ruggero Settimo e per la progettazione del monumento a questi dedicato, alle spalle del quale poi sorse il teatro Politeama.
Nel 1863 ottiene alcuni incarichi nella città di Palermo, e dopo essere stato nominato ingegnere mandamentale al municipio di Palermo, presenta le sue dimissioni all’Ufficio del Genio Civile.
Fu un intervento che sin dalle prime battute venne preceduto da un attento studio. Infatti prima di iniziare a progettare il prestigioso teatro, il Municipio di Palermo gli “commetteva l’onorevole incarico” per lo studio di quelli della Toscana e di Napoli.
Di quel viaggio esiste una documentazione fatta di studi architettonici, con disegni e notazioni che ci permettono di comprendere il percorso progettuale del teatro Politeama che parte dall’osservazione, dal rilevamento e dal disegno di altri teatri già realizzati.
L’esperienza di questo viaggio è sicuramente molto pregnante nell’opera di Damiani al punto da considerare l’arte classica la base fondamentale per la sperimentazione di un nuovo stile anche in Sicilia.
Al ritorno dal suo viaggio al nord Italia, infatti, si mette subito a progettare il Politeama Garibaldi di Palermo e nel 1866 redige la prima stesura composta da sette tavole dove sono contenute tutte le caratteristiche comprese le decorazioni. L’anno dopo si consegnano i lavori e l’intero progetto del Politeama viene portato in mostra all’Esposizione Universale di Parigi.
Durante i lavori la sua attenzione è minuziosa. Non è un caso, che sin dalle prime fasi di lavorazione, dovrà impartire specifiche direttive all’imprese esecutrice che non ha correttamente eseguito un elemento costruttivo.
«Damiani non risparmierà i riferimenti bibliografici a testi fondamentali, ma certo inconsueti come citazione in un ordine di servizio», scrive Paola Barbera nel suo libro "Giuseppe Damiani Almeyda artista architetto ingegnere" edito da Pielle Edizioni nel 2008.
«Dopo aver prescritto la corretta composizione di una malta per sarcire lesioni, annotando come sempre con precisione la fonte. Ammonirà: dimenticare queste prescrizioni o tenerle come risultato di mera teoria è un grave errore perché quelli che insegnano queste regole le appresero dalla dotta pratica, dalle più classiche d’arte del mondo».
Nel 1875 la città di Palermo, sull’asse Via Maqueda e il prolungamento dello stesso in direzione monte Pellegrino, è un fermento di cantieri.
Così, mentre Damiani è alle prese della realizzazione della copertura metallica del Politeama, a pochi metri in direzione dei Quattro Canti, Giovan Battista Filippo Basile, inizia lo scavo per la fondazione del Teatro Massimo.
La sua attività professionale non si limita ai lavori svolti per il municipio di Palermo, egli, riceve infatti numerosi incarichi sia da committenti privati che da enti pubblici anche in altre località siciliane, firmando progetti come la Casa Florio a Favignana (Tp) (1874-1878), il Teatro comunale di Siracusa (1878-1897) ed ancora il Nuovo edificio dei bagni termo-minerali e dell’albergo annesso per la città di Termini Imerese (Pa) (1874-1894). Su quest’ultimo progetto vi suggeriamo di leggere un nostro articolo.
All’attività progettuale Damiani affianca quella didattica, fin dal 1864 è professore di Disegno e poi (1866) di Geometria descrittiva, Stereotomia e Disegno all’Istituto Tecnico di Palermo, dal 1879 è docente di Disegno ornato ed Architettura elementare presso la Regia Università della capitale siciliana.
Presso la sua abitazione gestisce anche una Scuola privata di Disegno, lodata pubblicamente e premiata con medaglia d’argento nel corso del VII Congresso Pedagogico Italiano e III Esposizione Didattica di Napoli del 1871-1872.
Ad Anna Maria Fundarò e al nipote Mario Damiani si deve l’operazione fondamentale di cura, inventariazione, ordinamento e conservazione dell’archivio del grande architetto.
I disegni, i libri della biblioteca dell’architetto, i carteggi tecnici e le corrispondenze riordinati in faldoni tematici, gli strumenti di lavoro dell’architetto, dalle semplici squadrette fino ad un particolare compasso a "tre punte”, costituiscono un corpus di materiali che per quantità e qualità è sicuramente unico nel panorama degli archivi di architettura italiani dell’Ottocento.
Tutto ciò è possibile consultare grazie all’Archivio Damiani Palermo, messo a disposizione per gli studiosi dalla famiglia.
L’archivio privato Damiani-Mancinelli-Fundarò si è formato in ragione delle relazioni familiari stabilitesi nel tempo tra diversi componenti e conserva diversi complessi archivistici appartenenti ad alcuni componenti della famiglia: l’archivio Giuseppe Damiani Almeyda, l’archivio della famiglia Damiani, i cui principali nuclei documentari sono quelli di Francesco Damiani, Eleonora Mancinelli e Angelina Damiani Lanza, infine l’archivio più recente di Anna Maria Fundarò, moglie del nipote di Giuseppe Damiani Almeyda, e tra i più importanti e apprezzamenti docenti della Facoltà di Architettura di Palermo.
«Questo archivio, formatosi negli anni, è stato portato in luce per prima da Anna Maria Fundarò, e dopo, grazie alle sollecitazioni soprattutto della professoressa Paola Barbera, professoressa ordinario di Storia dell’Architettura, avviato ad una generale fruizione nei corretti modi della disciplina archivistica; da una parte per onorare la memoria di queste nobili figure di intellettuali ed artisti, ma anche per amor della cultura e della sua diffusione, poiché riteniamo che la cultura sia il terreno fertile su cui nasce e cresce una civiltà, cosa della quale la nostra attuale società ha urgente bisogno», conclude il nipote Mario Damiani promotore della realizzazione dell’Archivio Damiani di Palermo.
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