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Forse non conosci la "macchina portentosa" unica al mondo: è in Sicilia ed è alta 6 metri

È un mistero come un autodidatta abbia potuto concepire e poi realizzare uno strumento così fuori dall’ordinario: da solo racchiude un'intera orchestra

Jana Cardinale
Giornalista
  • 26 febbraio 2024

L'organo monumentale Francesco La Grassa di Trapani

Una macchina portentosa, ritenuta unica al mondo. Un organo, alto sei metri, che racchiude un’intera orchestra e che, proprio per questo, continua ancora oggi a destare ammirazione.

La sua storia è contenuta nel volume "L'Orchestra Nascosta. Storia di uno strumento unico: l’organo monumentale La Grassa di Trapani", pubblicato dopo anni di studi e ricerche, da Stefania La Via, docente di Lettere alla scuola secondaria, esperta in didattica della poesia, archivista e paleografa, nonché vice direttrice dell'Archivio Storico Diocesano di Trapani.

Un lavoro certosino, il suo, per ricostruire e descrivere l'incredibile complessità costruttiva dello stesso organo, che suscita ancora più stupore se si pensa che è opera di un giovane artigiano trapanese del primo Ottocento, Francesco La Grassa, pressoché analfabeta.

Resta un mistero, infatti, come sia stato possibile che un autodidatta, con un’attività ancora breve alle spalle, abbia potuto concepire e poi realizzare uno strumento con caratteristiche così fuori dall’ordinario.
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Il volume, che contiene i contributi di Francesco Castelli, Elide D’Atri, Carmen Pellegrino, e una scheda tecnica con descrizione e disposizione fonica dell’organo a cura di Claudio Brizi, oltre a foto e documenti d’archivio, è stato pubblicato dalla Diastema Studi e Ricerche, la prima casa editrice in Italia con una collana interamente dedicata alla narrativa musicale.

Si tratta di un lavoro venuto alla luce dopo un lungo e complesso percorso di ricerca e studio, completo e storicamente attendibile, sullo strumento che il mondo invidia alla città di Trapani: un capolavoro custodito nella cantoria della Chiesa di San Pietro, patrimonio del luogo, ma non solo.

«Il mio lavoro – dice Stefania La Via - nasce da interessi convergenti su uno strumento unico, che il mondo ci invidia, ma che non sappiamo valorizzare.

C'è stato l'interesse dell'Associazione Amici della Musica, del professor Alessandro de Santis, che voleva conoscere la storia vera di questo strumento, dal momento che c'erano leggende e mini pubblicazioni ma nessuna scientifica, e di Maria Scuderi; sei anni fa il Maestro Claudio Brizi, uno dei più grandi organologi in Italia, appassionato di strumenti ibridi, cioè organi particolari, si è innamorato e l'ha studiato dall'interno, essendo anche critico su aspetti del restauro; in assenza di uno studio archivistico delle fonti potevamo conoscere solo quello che vedevamo. Lui ha studiato partiture musicali appositamente composte per l'organo.

Poi l'Istituto di cultura italo-tedesco di Trapani, presieduto da Marion Weerning, ha interessato l'Ambasciata della Repubblica Federale Tedesca, i cui membri a proprie spese sono venuti qui... Mancava qualcosa di sicuro e certo su come fosse stato costruito, sulle varie tappe, sui protagonisti e sull'artista che l'aveva realizzato, il Maestro Francesco La Grassa, sul quale c'era uno scritto a cura di Francesco Junior La Grassa, architetto liberty di Trapani, che ha costruito anche il palazzo delle Poste, che però rappresentava la biografia del nipote su un nonno illustre.

Sono stati loro a spingermi a fare delle ricerche. Io avevo iniziato a studiare le carte amministrative dell'organo, abbiamo portato l'archivio parrocchiale di San Pietro, al cui interno si trova l'organo, salvandolo dal degrado.

L'archivio, all'interno di quello diocesano, contiene oltre mille buste e il mio lavoro è durato tantissimo; ho cercato e studiato anche in vari archivi di Sicilia per cercare di saperne di più e ho ricostruito pezzi incredibili di questa storia che nessuno aveva ricostruito. Si tratta di un'opera monumentale che resta per la città.

È la storia di un'epoca, dei protagonisti che hanno ruotato attorno a questa grande costruzione; c'è un'appendice fotografica a colori, sui concerti fatti, sugli interni dell'organo e un'appendice documentaria dove c'è un inventario di carte amministrative, degli anni in cui è stato costruito, cioè dal 1836 al 1848, restando sempre lì, dentro questa chiesa».

Lo strumento ha un elemento unico, sette tastiere su tre consolli divise in tre gruppi, e può essere suonato fino a 12 mani - una rarità che esiste solo in America - e può riprodurre 60 registri diversi, cioè 60 diversi strumenti musicali (prima erano quasi 90, ma con il restauro e anni di abbandono lo strumento ha subito la devastazione del tempo).

«Oggi – aggiunge Stefania La Via - possiamo ascoltare la potenza di tre quinti di quella che poteva essere la voce di questo strumento che è totalmente meccanico, un'orchestra nascosta: è mosso, cioè, da un meccanismo di leve; è studiato con un meccanismo di ingegneria fatto da un artigiano dell'800, che da solo è stato in grado di concepire una cosa così straordinaria».

Stefania La Via, esattamente come un detective, ha messo insieme i dati e verificato che tutto si mescola con la storia della città, con quella degli arcipreti che hanno ruotato intorno a questo periodo importante. Poi ha conosciuto fortunosamente un erede di Francesco La Grassa, Giuseppe Aharonian La Grassa, che l'ha cercata, arrivando a Trapani, e le ha chiesto di dar vita alla pubblicazione, affinché possa diventare oggetto di studio e ricerca per organari di tutto il mondo.

«Abbiamo contattato Diastema edizioni, che si occupa di cose musicali, dalla narrativa a biografie di artisti, che si sono appassionati a questa storia che non conoscevano, e da lì ho rivisto il tutto. Il mio è un saggio scientificamente accurato ma anche una storia affascinante che si legge quasi come un giallo.

Tante le curiosità che sono venute fuori. Ho messo insieme in modo coerente e organico il lavoro, arricchito da una scheda tecnica di Claudio Brizi con la parte fonica di questo strumento straordinario».

Il libro racconta la storia dell'organo, da quando Francesco La Grassa lo ha costruito, fino al restauro e fino ad oggi, e contiene i contributi delle organiste della chiesa di San Pietro, Carmen Pellegrino ed Elide D'Atri, e una piccola parte curata da Francesco Castelli, ricercatore che ha ricostruito tutti i passaggi per la città di La Grassa, che ebbe 17 figli, cambiò varie case e visse tanti spostamenti all'interno di Trapani.

«Un lavoro che dimostra il valore e la funzione importante degli archivi ecclesiastici e parrocchiali per la storia civile di una città – dice l'autrice - . Dalle origini alla conclusione ho impiegato circa sei anni.

E adesso, dai primi di febbraio, è disponibile in libreria. L'archivio custodisce la memoria di tutti i trapanesi, io ci lavoro dal 2007; ha un ordine scientifico ed è tra i più noti di tutta Italia. Conserva l'anagrafe di tutti i trapanesi per sei secoli. Dalla fine del 1400. Una mole immensa di dati che vi sono conservati».

Stefania La Via insegna Lettere all'Istituto Comprensivo 'Bassi Catalano'; tra le tante attività culturali che porta avanti con passione, c'è quella di donatrice di voce per il Libroparlato Lions: oltre a numerosi audiolibri ha realizzato dei podcast sulla poesia contemporanea.

Assieme alla giornalista Ornella Fulco, inoltre, è curatrice della rassegna letteraria 'Terrazza d'Autore' a Valderice, giunta al 19esimo anno. «E' un grande orgoglio per me – conclude – aver realizzato questo volume.

Un sogno coltivato da tante persone, che finora non aveva visto la luce, ed è un'edizione raffinata. Ho preteso dalla casa editrice che non costasse tanto, perché volevo che i trapanesi lo acquistassero e lo conservassero.

Conoscere la propria storia è uno dei diritti della democrazia. Un bene è deperibile se non viene protetto da una cosa palpabile, e fondamentale è l'affezione della comunità di riferimento, Ci si può affezionare solo se si conosce, per poi difendere. Ho voluto per questo che costasse 'poco'».
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