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Fatti strani sul 101, l'inferno sul 38 e il "6 bello": storie sugli autobus (dei palermitani)

Romantico, burrascoso, politico, poetico, patetico, è il rapporto che a Palermo si ha con gli autobus, sia esso più protendente all’odio o più intriso d’amore

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 9 aprile 2025

Una foto amarcord di via Roma

Per caso, mentre aspetti l’autobus
-Hai mai fatto un giro su una Ferrari?
-No, ma una volta sono stato l’unico passeggero sul 101… . D’estate.
-Oh, ma che bella abbronzatura! Mare? -No, fermata dell’autobus.

Con sottofondo jazz
-Perché sei così ottimista la notte?
-Beh, la notte il bicchiere è quasi sempre mezzo pieno, l’autobus quasi sempre mezzo vuoto.


Romantico, burrascoso, politico, poetico, patetico, è il rapporto che i palermitani hanno con gli autobus, sia esso più protendente all’odio, sia esso più intriso d’amore. Nulla è al caso, il caso non esiste né in amore né in guerra.

Non è un caso, infatti, che a bordo ci sia scritto "Vietato parlare al conducente". Va bene, come vuoi tu, non ti parlerò, rispetterò la tua volontà, se è vietato è vietato. Basta! Però peccato, avrebbe potuto essere come il quel romanzo, Kilmeny del frutteto, in cui un giovane insegante giunge sull’Isola del Principe Edoardo e si innamora di una ragazza muta che si esprime suonando il violino.

Beh, forse Dio ti ha fatto muto per questo, perché tu possa esprimere la tua bellezza guidando in mezzo il traffico cittadino.

A volte, di rado, con parsimonia, solo se provvidenziale, le tue odi però si innalzano, in concomitanza di indice a mignolo della mando destra, nei confronti di autista che, violando il bocciolo della tua sensibilità, ti taglia la strada: “Va ricci cuinnutu a to patri!”.

Subito torni mite autunno dopo estate rovente.

Poi - come per la seconda faccia della luna -, che alcuni autobus siano dei veri e propri gironi dell’inferno, ahimè, è una verità lapalissiana. Famosa è quella di Dante Alighieri, quando, la prima volta che venne a Palermo, salendo sul 38 trovò la seguente iscrizione: "Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate".

Essendo forestiero, la domanda all’autista gli sovvenne spontanea. «Perdoni, ferma al Politeama?».

Qualcuno rispose, non l’autista ovviamente. «Per me si va nella città dolente, per me si va nell’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente».

Fu lì che il sommo poeta compose i famosi versi: "Allura pigghiavu u primo autobussu chi passava, era u nummaro trentuattu. Appena trasu c’iera: un picciuattu cu giubbuattu, un viecchiu cu cappuattu, un picciriddu c’un viscuattu, un cimituattu, un manicuattu, un suppuaittu, un candelotto, un succi muaittu e un paralitico cu l’occhio tuaittu ca ruaimmiava ‘nta siaggia che mi pariava un muaittu. Rissi, quanto scinnu ca mi pigghiu u riciuattu" (lo so, non è di facile comprensione ma il volgare fiorentino ha questo difetto).

Discendendo ancor di più nelle viscere dell’epica bussistica, come non citare lo storico autobus Fiat 450 del 1966 o il mitico 101, nato inizialmente come prototipo del Cavallo di Troia, per permettere ai greci di intrufolarsi dentro le mura di Troia travestiti da pendolari e sterminare il nemico.

Leggenda narra che Laocoonte, insospettito dal mezzo, esclamò: «timeo danaos et dona ferentes!» e che Ulisse controbatté: «ma picchì, ci vuole u biglietto?».

Tornando al dantescamente attuale, addì, il 101 continua a svolgere ancora la funzione di Caronte urbano, traghettatore di anime perse, nonché il mezzo pubblico con la più alta - tra batteri, micro-organismi e forme di vita - biodiversità al mondo.

Full optional e dotato di ogni comodità, al suo interno, negli anni, ha ospitato proprio di tutto: idilli, matrimoni, divorzi, sparizioni, ritrovamenti, rapimenti alieni, segnalazioni a "Chi l’ha visto?". E ancora, beach volley, goriziana a nove birilli, tornei di calcetto, fatti, misfatti, e, per la serie "questo mondo è troppo piccolo per tutti e due", scene degne dei migliori spaghetti western.

Cito da giornale accreditato: "litigano sull’autobus per un sigaro, spunta coltello". Fragolina87 commenta: "A mio figlio Kevin ci hanno fatto il fermo col cortello per quartordici euri. È diventata una viogna!”.

Per gli amanti del Fantasy, impossibile non rievocare il leggendario 6 bello; che, apparso nel 1974, percorreva la tratta Politeama-Mondello. Era l’autobus dell’estate, quello per andare al mare, l’autobus dei ragazzi, dei turisti e delle turiste, delle maliziose, inevitabili, (cito con vergogna) "taliate ingravidanti".

Ma era anche l’autobus di "l’occhi chini e i manu vacanti", poiché i giovani palermitani, seppur pregni e rigonfi d’amore, legati ad un’etica d’altri tempi tipicamente pudica, nonostante i gorgogli ormonali, quasi mai dal pensiero passavano all’azione, tornandosene sommessi e leopardianamente innamorati di una qualche sconosciuta Silvia alla quale non avevano avuto il coraggio di chiedere il nome. Ultimo ma non ultimo, cioè ultimo solo per oggi, per la rubrica "Esoterismo&Mistero", il curioso caso del 105 fantasma.

Ebbene, le linee della prima decina del primo centinaio, vanno progressivamente dalla 100 alla 110, ma, fra queste, inspiegabilmente, non compare la linea 105.

L’autobus 105 è misteriosamente non pervenuto. Per alcuni si tratta di un autobus fantasma che circola solo nelle notti di luna piena, per altri di una linea segreta utilizzata da una loggia Massonica fascista - comunista che poggia i propri fondamenti su una filosofia nichilista proustista. Carmelo -Terrapiatta77 commenta: "Non cielo dicono!".

No, per carità, glielo diciamo. Molto semplicemente, tra tutte le tratte che si sono succedute negli anni (attualmente sono circa 65 attive), alcune di queste, per un motivo o per un altro, sono state soppresse. Fra queste la linea 105, Calatafimi-Porta Felice, perché poco richiesta.

In totale le linee sopresse sono più di una quarantina, ma su questo ci sarebbe da aprire un’altra pagina ma un’altra volta, sia perché adesso è arrivato il mio, di autobus, sia perché a raccontare tutto e subito si brucerebbe la poesia, il patetico, il romantico.

Ne verrebbe meno l’amore-odio che proviamo verso questo mezzo di trasporto, sia esso più protendente all’odio, sia esso più intriso d’amore. «Biglietto prego!» «Picchì, ci vuole u biglietto?» “Ti odio e ti amo. Ti chiederai forse perché io lo faccia. Non so, ma sento che accade e mi tormento”. Catullo
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