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Era il 1989 e a Palermo aprì il primo locale gay: il Neo, dove ci si sentiva liberi (e al sicuro)
Fu il primo tentativo di riunire e dare un’identità alla comunità LGBT palermitana. Il neo nei ricordi di Massimo Milani, Gino Campanella ma anche l'artista Ernesto Tomasini
Aperto nel 1989 da Massimo Milani e Gino Campanella, storica coppia di attivisti LGBT, si trovava sotto i portici di Piazza Don Sturzo, una zona che a quel tempo, di sera, era sempre deserta.
Il Neo era soprattutto un luogo accogliente, perché, anche se nasceva come locale gay, non era stato concepito come “ghetto” ed era aperto a tutti, senza alcuna discriminazione. La maggior parte erano persone LGBT, ma c’erano anche tanti etero, molti giovani e meno giovani.
Il nome aveva un triplice significato, era dedicato al neo che Massimo ha sul naso, significava nuovo, poiché per quel periodo era una novità e infine rappresentava un neo per la società.
Aperto tutte le sere, il Neo non era solo un luogo di intrattenimento. Durante la settimana era più un centro culturale, si organizzavano dibattiti, mostre fotografiche, attività di teatro, spettacoli e, nel fine settimana, si trasformava in discoteca. Una serata era dedicata alla comunità delle Mauritius: all'epoca non c’era molta migrazione e non era una scelta così usuale come potrebbe essere oggi.
Massimo e Gino lo avevano realizzato anche grazie ai fondi dell' Arci regionale e in quel periodo il locale era anche la sede dell'Arcigay, pertanto aveva un valore sociale e politico più che economico.
«Prima di allora c’era stata solo qualche sporadica serata gay, quindi abbiamo cercato di sopperire a una mancanza – racconta Massimo Milani – i locali gay sono sempre stati importanti in quanto luoghi dove le persone non si sentivano discriminate. Potevano anche accarezzarsi, baciarsi, dire quello che volevano, mentre in altri locali qualunque gesto, anche un abbraccio, non era tollerato».
Il Neo fu un locale rivoluzionario, una sfida alla mentalità diffusa e discriminante, un inno alla libertà. C’erano gli spettacoli di drag queen, prima impensabili e i dibattiti sulla condizione omosessuale. Per pregiudizio, molti lo immaginavano come un luogo di trasgressione ma, a differenza di ciò che si poteva pensare, all’interno non accadeva nulla di peccaminoso.
L’obiettivo era quello di essere accettati per come si era ed essere liberi di esserlo, sia esteticamente, per chi lo voleva, attraverso l’eccentricità e i colori, sia interiormente, con le proprie scelte di vita.
«Il Neo è stato una realtà importante nella scena underground cittadina di fine anni ‘80 – racconta Ernesto Tomasini, artista di fama internazionale, palermitano ma londinese d’adozione – Palermo offriva molto poco all’epoca. Al Neo confluivano non solo i gay ma chiunque vivesse fuori dalle grazie del Sistema: “extracomunitari” (come si diceva allora), intellettuali, lesbiche, donne trans, queer ante-litteram, omosessualisti... Si ballava, si giocava e si “inciuciava” ma erano fondamentali le tante iniziative: spettacoli, conferenze, proiezioni e happening».
Ma non è stato tutto facile, bisognava affrontare e gestire alcune conflittualità esterne e altre interne, perché in quel periodo non c'era una vera comunità omosessuale, con una propria identità. «Fra gli aspetti negativi ce n’era uno che non avevamo previsto – afferma Milani – i nostri frequentatori ideali, giovani e meno giovani, di tante classi sociali, si ritrovavano per la prima volta nello stesso luogo e si scontravano con l'incapacità stare insieme.
Dovevamo tenere a bada alcune conflittualità che ci hanno sorpreso, fra persone che erano discriminate e che a loro volta discriminavano, ad esempio molti omosessuali giovani non gradivano la presenza delle persone più anziane. Mi dispiaceva, perché erano molto simpatici, erano stati giovani quando l’omosessualità era proibita e ne avevano sofferto molto».
Riguardo i problemi con l’esterno, il Neo era il primo locale gay a Palermo, la polizia non ne capiva il senso e lo ostacolava. «Pensavano che fosse un locale di prostituzione – spiega Milani – soprattutto all’inizio arrivavano, facevano spegnere la musica e controllavano i documenti a tutti. Questo era grave, perché creava paura in tante persone che non erano ancora “dichiarate”, per cui mostrare i documenti e giustificare di essere in un locale gay poteva rappresentare un problema con, in più, il rischio che si venisse a sapere in famiglia».
Oltre ad essere la sede dell’Arcigay, il Neo era affiliato all’Arci, un’associazione nazionale molto conosciuta e proprio l’Arci promosse addirittura un’interpellanza parlamentare su questo accanimento da parte della polizia, che da qual momento cambiò modalità di controllo: arrivavano, chiedevano se era tutto a posto e andavano via.
«Una volta invece abbiamo avuto l'assalto dei naziskin – ricorda Milani – ho aperto la porta e ho ricevuto un pugno in viso, mentre altri volevano entrare, quindi ci siamo barricati dentro. Alla fine abbiamo dovuto inseguirli. Io finii in ospedale, con tanto di referto medico e poi li abbiamo denunciati».
Fra i ricordi piacevoli alcune serate con le prime performance, come il recital di Salvatore Scardina con le sue poesie e le feste a tema, ovviamente eccentriche e colorate. Andando contro gli schemi, il Neo organizzò anche un torneo di calcio, gay contro etero, coinvolgendo altri locali. Oltre alla propria squadra, composta da omosessuali, fra cui lo stesso Milani, se ne formarono altre, diventò un torneo dei locali e fu molto divertente.
Al Neo accadevano anche molte cose belle dal punto di vista umano, legate alla conquista di un’identità e della libertà d’espressione. Alcune persone, che non avevano il coraggio di esprimere la propria identità anche al femminile, portavano i vestiti da casa e andavano in bagno a cambiarsi. Più che un travestimento - c'era chi si travestiva ma era tutt'altra cosa - era una ricerca della propria identità, lì si sentivano al sicuro e potevano vestirsi come avrebbero voluto fare nella vita normale.
Fra queste, anche persone che poi hanno scelto di diventare trans, ma in realtà l’abbigliamento “normale” era frequente e diffuso quanto quello eccentrico.
Nessun problema, invece, con il quartiere. In quegli anni nelle ore serali la zona non era frequentata, sopra il locale c'erano solo uffici e proprio davanti il capolinea degli autobus. Volutamente si scelse un luogo con queste caratteristiche, era in centro ma un po' isolato e questo garantiva la privacy.
A Palermo il Neo ha rappresentato un momento importante in cui si è tentato di creare una comunità che prima di allora era sfilacciata e non aveva luoghi in cui riunirsi, non solo per divertirsi ma neanche per poter elaborare un pensiero. È stato un primo tentativo, e forse per Palermo era ancora troppo presto, infatti il secondo locale gay, l’Exit, nacque addirittura a fine anni '90.
«Io ho avuto la gioia di essere stata la prima stella residente del locale con i miei spettacolini di satira politica surreale – conclude Tomasini – il Neo era la giostra di fortunati che, in un periodo difficile della nostra storia, erano determinati a lasciarsi dietro l’ostilità di una “town without a pity”. Sotto lo sguardo benevolo e sornione dei fondatori, Massimo e Gino, ci chiudevamo nella spensieratezza più preziosa, quella che solo l'illusione di libertà può’ regalare».
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