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È un museo a cielo aperto (abbandonato): il borgo in Sicilia da vedere almeno una volta

Vi portiamo in tour in un territorio colpito da un terribile terremoto, che racconta ancora oggi storie di vita agricola mescolate alla presenza del mondo antico

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 15 marzo 2024

"Ho visto di notte la luce accendersi dentro ai tuoi occhi, terra amata, ardenti di speranze antiche nonostante il grido del futuro spezzato il silenzio solitario degli anni. Sei fonte di vita Poggioreale!” Un pensiero, diverso dai soliti.

Di tutti coloro che, almeno una volta nella vita, hanno visitato la vecchia città di Poggioreale. Il racconto potrebbe terminare con queste poche parole e invece, nel rispetto di un popolo martoriato, è giusto ricordare la bellezza di un borgo fantasma.

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, un terremoto - nella Valle del Belice, radeva al suolo interi paesi del trapanese e agrigentino. Il territorio, colpito dalle vicissitudini (negative), racconta storie di vita agricola mescolate alla presenza del mondo antico.

Studi e ricerche hanno portato alla luce insediamenti preistorici sul Monte Castellaccio. Gli stessi fanno parte dell’Età del Bronzo. Da lassù si apre una "finestra" panoramica rivolta verso la città vecchia (Podium Regale). Fu fondata nel lontano 1642 dal Marchese di Gibellina Francesco Morso. Un anno dopo, lo stesso divenne principe di Poggioreale.
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Si accede alla città dal cancello principale o, attraversando le periferie, dal versante opposto. Sin dai primi passi mossi si avverte l’eco del passato, quello che ha distrutto un’intera comunità.

Ogni passo "rimbomba" come un macigno. Inizialmente "sembra" una passeggiata e poi, col passare dei minuti, diventa insostenibile. Solitamente le visite si concentrano sulle bellezze del luogo come il centro storico e le opere architettoniche.

Adesso è impossibile perché Poggioreale è un museo a cielo aperto abbandonato.

Le viuzze, ormai dominate dalla vegetazione, custodiscono scene di "paisi" e tradizioni andate. Ogni angolo nasconde un segreto, di vissuto fino a quel maledetto 1968.

C’erano sette chiese, non poche per una cittadina di 4mila anime. La visita prende una forma razionale (finalmente) tra osservazione e immaginazione. Corso Umberto I era l’asse principale dell’abitato.

A destra e sinistra è possibile intrufolarsi in qualche struttura con segni ancora visibili di dipinti, pavimenti, utensili e addirittura capi di abbigliamento e scarpe.

In successione vengono superate la macelleria, la biblioteca, la scuola elementare e il municipio. Lo sguardo, attonito, è abbagliato dal portico a colonne rosse con capitelli corinzi.

È la Chiesa di Sant’Antonio da Padova (l’edificio meglio conservato). La strada termina in Piazza Elimo. È enorme, tanto. Rappresentava il centro nevralgico del paese dove si riunivano i bambini per giocare, gli anziani per scambiare due chiacchiere e venivano organizzate le festività.

Al suo interno sono presenti i resti della Chiesa del Purgatorio detta delle Anime Sante (erano presenti le catacombe). E adesso? Solo gli scheletri degli edifici disabitati.

La "camminata" continua, senza sosta, accompagnata da qualche amico a quattro zampe. Sono i cani, padroni della zona. Lo sguardo vira alla scalinata.

Questa porta dritti verso la Chiesa Matrice di cui restano poche tracce. Dalla parte alta si scorge l’orizzonte belicino: distese verdi arricchite dai colli.

Cala il silenzio, assordante per certi versi, provando a immaginare quel luogo colmo di gente. La città vecchia è stata messa in risalto durante le riprese di "Malena", "la Piovra" e "l’Uomo delle Stelle".

Seppur in ambito cinematografico, il borgo è tornato a splendere come un tempo. Anche il pittore Guido Irosa, attraverso 34 tele, ha raccontato le sfumature della città-fantasma. Oggi rimangono i volontari facenti parte dell’associazione Poggioreale Antica.

Sono stati recuperati i tesori (documenti e oggetti) per tutelare la memoria e trasmetterla alle nuove generazioni dando vita a un museo (si trova a Poggioreale Nuova).

La visita volge al termine, manca poco. Prima di allontanarsi definitivamente un ultimo cenno (commiato) dedicato a tutte le vittime di una strage mai dimenticata.
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