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È un cronometro naturale (e un simbolo cosmico): in Sicilia c'è il Pizzo di Litri

Questo strumento, frutto della maestria siciliana, fu poi trasportato a Roma, dove ispirò la creazione dei primi quadranti solari. A testimoniarlo è lo storico Plutarco

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 7 ottobre 2024

Il Pizzo di Litri in Sicilia

L’arte di misurare il tempo attraverso l’osservazione della luce solare e delle ombre si sviluppò come una scienza sofisticata, raffinata in Sicilia dai Greci, dai Romani e dalle successive dominazioni, trasformando l’isola in un autentico laboratorio naturale per la creazione di strumenti innovativi come meridiane, scioteri e calendari solari.

In questo ricco contesto storico, la Sicilia non si limitò a perfezionare le tecniche di cronometria solare, ma divenne anche il tramite attraverso cui queste conoscenze si diffusero a Roma e, di conseguenza, in tutto il mondo antico.

A testimoniarlo è lo storico Plutarco, che narra di come la prima meridiana mai vista dai Romani fosse situata a Catania.

Questo strumento, frutto della maestria siciliana, fu poi trasportato a Roma, dove ispirò la creazione dei primi quadranti solari, che divennero non solo strumenti pratici, ma anche simboli di potere e ordine imperiale. Ma le meridiane non furono l’unico ingegnoso strumento utilizzato in Sicilia per misurare il tempo.
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Vi erano anche gli scioteri, dispositivi che permettevano di leggere il movimento delle ombre per determinare non solo le ore del giorno, ma anche i cambiamenti stagionali. Spesso realizzati in pietra e collocati in luoghi strategici come piazze e templi, gli scioteri erano consultabili da tutta la popolazione, divenendo parte integrante della vita pubblica.

Non meno rilevanti erano i calendari solari, costruiti attraverso l’allineamento di edifici o monumenti con punti precisi dell’orizzonte, per calcolare i solstizi e gli equinozi.

Questi eventi celesti, cruciali per la regolazione delle attività agricole e dei rituali religiosi, trovavano un’efficace rappresentazione nei calendari solari, che consentivano di stabilire con precisione l’alternarsi delle stagioni.

Strumenti sofisticati mostrano come la cronometria solare fosse non solo una pratica scientifica, ma anche un elemento fondamentale nella vita spirituale e sociale della Sicilia antica.

La tradizione si radicò profondamente nel tessuto culturale siciliano, e ancora oggi è possibile ritrovare alcune delle più affascinanti testimonianze di quest'antica arte nei luoghi più inaspettati dell’isola.

Tra questi, uno degli esempi più emblematici dell’uso dei fenomeni naturali per la misurazione del tempo è il Pizzo di Litri, imponente montagna che domina la valle del fiume Eleuterio, tra Misilmeri e Marineo situata nei pressi della riserva boschiva di Monte Gulino tra le contrade Commendatore, Giudice e Scalia.

Grazie alla sua posizione e alla particolare conformazione, il monte proietta quotidianamente un’ombra lungo una gola profonda, conosciuta come la Valle di Ventunora.

Questo fenomeno naturale avviene con costante precisione: ogni giorno, alle ventunora (le 15.00 moderne), ovvero tre ore prima della "salutazione angelica" (che corrisponde alle 18.00), momento che segna il passaggio del sole verso l'orizzonte, l’ombra attraversa il burrone fino a toccare il punto esatto dove scorre un filo d’acqua, segnando così un momento ben preciso della giornata.

In passato, pastori, contadini e viandanti facevano affidamento su questa meridiana naturale, che fungeva da vero e proprio orologio solare, capace di scandire il tempo con la stessa affidabilità di un meccanismo moderno.

La semplicità e la precisione di questo sistema, basato sull'osservazione diretta dei fenomeni naturali, offriva agli abitanti locali uno strumento pratico e affidabile per organizzare le proprie attività quotidiane, dimostrando ancora una volta il profondo legame tra la Sicilia e l'arte della cronometria solare.

I primi abitanti della zona, gli Elimi e i Focesi, furono tra i primi a osservare e comprendere la rilevanza dell’ombra proiettata dal Pizzo. Gli Elimi, popolazione indigena della Sicilia con presunti legami con i Troiani, e i Focesi, coloni greci provenienti dalla Focide, stabilitisi in Sicilia durante le colonizzazioni greche, possedevano una profonda conoscenza della geografia e dei fenomeni naturali. Questo sapere non era solo pratico, ma spesso intrecciato a visioni religiose e astronomiche.

Non sorprende, quindi, che entrambi i popoli non si limitarono a osservare passivamente il fenomeno, ma lo integrarono profondamente nella loro cultura, assegnando nomi e significati simbolici sia al Pizzo di Litri che alla Valle di Ventunora. Il termine "Litri" non è casuale: esso è profondamente legato ai concetti di misura e peso, elementi centrali nelle civiltà antiche, che necessitavano di strumenti per quantificare il tempo, lo spazio e le quantità.

Da un lato, la parola "litron", nel mondo greco, indicava un’unità di misura per i liquidi e, per estensione, un’unità di peso, riflettendo l’ossessione greca per l’ordine e la precisione, applicata sia alla filosofia che alle scienze matematiche e astronomiche. Dall’altro, il termine latino "libra", che significa "bilancia" o "peso", richiama la forma del Pizzo stesso: la sua cima squadrata richiama i pesi cubici utilizzati nell’antichità per determinare il valore delle merci.

Questo connubio tra forma e funzione ha conferito al Pizzo di Litri un ruolo simbolico di grande rilevanza: non solo la montagna richiama i pesi utilizzati nell’antichità, ma l’ombra che proietta funge da strumento di misurazione temporale con la stessa precisione delle meridiane greche. Il significato di questo fenomeno, tuttavia, andava ben oltre l’utilità pratica.

La capacità di misurare il tempo con tale precisione poteva essere interpretata come una manifestazione del divino ordine cosmico, una prova che il mondo naturale seguiva leggi immutabili, stabilite dagli Dei o da forze superiori.

In questa interpretazione, il Pizzo di Litri si innalza non solo come un’imponente formazione geologica, ma come un simbolo carico di significati pratici e spirituali, un testimone silenzioso del legame indissolubile che univa le antiche popolazioni della Valle dell’Eleuterio al cielo e alla terra, guidandole nell'interpretazione dell'ordine cosmico e nell'organizzazione della vita quotidiana.
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