ARTE E ARCHITETTURA
È "nascosto" tra grandi meraviglie siciliane: il teatro costruito con i legni delle barche
Piccolo, curioso e affascinante nelle sue indiscusse esperienze sociali, questo luogo rappresenta una delle poche vittorie del popolo nei confronti dei sovrani regnanti
Teatro Garibaldi di Mazara del Vallo
Tra vicoli stretti e mescolanze a tinte arabe, in via Carmine sorge appunto il Teatro Garibaldi. Una struttura dal forte interesse storico. Le sue radici sono lontane, non antiche, ma in un contesto sociale di notevole importanza.
Correva l’anno 1848 e in Sicilia, come nel resto della penisola (anche in Europa), si mormorava al cambiamento. La gente, stanca, non accettava le condizioni economiche di estrema povertà. Le prime insurrezioni scoppiarono in Sicilia e la città del Satiro Danzante fece la sua parte.
Tra le viuzze si organizzò la "stretta" per allontanare i Borboni dal territorio isolano. Il potere passò nelle mani di un comitato cittadino che decise di acquisire un locale in enfiteusi (diritto di godimento). La spesa annuale ammontava a circa 36 ducati (altri tempi).
L’opera - nella sua concezione ingegneristica originale - doveva somigliare al Teatro Garibaldi di Trapani. Ogni singolo mattone era stato fortemente voluto dalla cittadinanza, volta a evitare la presenza di qualsiasi simbolo o stemma di appartenenza borbonica (a partire dal palco reale).
L’inaugurazione avvenne il 12 gennaio del 1849 con il nome di Teatro del Popolo. Successivamente, una volta proclamata l’Unità d’Italia, lo stesso venne dedicato a Giuseppe Garibaldi (grazie a una delibera del 5 marzo 1862). Da quel momento ospitò diverse opere liriche, spettacoli teatrali e recitarono artisti del calibro di Giacinta Pezzana e Tommaso Salvini.
Quest’ultimo, patriota e affermato attore, interpretò i personaggi di Vittorio Alfieri e William Shakespeare con ben 15 rappresentazioni nel 1874. Le attività ebbero vita sino al 1930 quando iniziò il lento declino. Solamente negli anni Ottanta e precisamente nel 1981, l’amministrazione locale presentò un progetto per restaurare l’edificio (andato naufragato). Si dovette attendere il 2003 (dopo venti anni) per dare vita a un profondo restyling.
Raccontare la "genialità" di questo luogo è apparentemente azzardato. Dal porto provengono i rumori dei marinai con i pescherecci pronti a salpare. Buona parte del materiale (legni delle barche) per la costruzione del teatro proveniva da quelle zone. Costituivano l’ossatura dell’edificio.
Le caratteristiche “sembrano grezze” ma custodiscono gelosamente elementi del teatro verdiano.
Una classica forma a ferro di cavallo è il preludio che qualcosa possa accadere da un momento all’altro. I posti a sedere sono cento divisi tra la platea centrale e i due ordini di palchi che terminano con il loggione. Bisogna alzare il capo per non perdersi i particolari pittorici e ornamenti tipici del folklore siciliano.
Il soffitto ricorda la chiglia di una nave.
Una serie di decorazioni in legno rivestite di oro zecchino sono ancora visibili, mentre la copertura lignea (ormai sbiadita) raffigurava la dea Venere circondata da amorini in mezzo a un cielo stellato. Il personale è gentile e descrive minuziosamente i fatti accaduti.
Il visitatore cammina avvolto dalla curiosità di un gioiello nascosto tra le grandezze mazaresi. Con delicatezza si entra nei palchetti per ammirare dall’alto l’ordine, la disposizione e qualsiasi sfaccettatura intrisa di sacrificio, lotta e coraggio. In attesa di una nuovo spettacolo, il Teatro dei “Pescatori” merita un ruolo da protagonista.
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