TRADIZIONI
Dolci pasquali nel ricordo della tradizione di Castelvetrano: un rito tra impasti, stampi e sudore
Nelle mani della signora Giacoma si legge un pensiero vivo in ciascuno di noi che testimonia ampiamente la fatica affinché tutto proceda per il verso giusto e la tradizione venga rispettata
Nelle mani della signora Giacoma si legge un pensiero vivo in ciascuno di noi che testimonia ampiamente la fatica affinché tutto proceda per il verso giusto e la tradizione venga rispettata.
Si parte con i “campanari” e la dose viene misurata al grammo. Ogni particolare è seguito a dovere non lasciando nulla al caso. Un quantitativo di 15 unità meritano un'attenta e precisa analisi preparativa. Si parte con la preparazione dell'impasto: un chilogrammo di farina e 300 grammi di strutto o burro vengono uniti e passati a mano finché non si sciolgono completamente.
Viceversa, seguendo la logica tradizionale, l'utilizzo dell'acqua indurisce tutto ma evoca i fasti del passato. Bisogna attendere il necessario affinché i panetti siano pronti per essere tagliati a pezzi e formare dei “cordoni circolari”. Una volta terminati, finalmente avvengono i ritagli nelle bordature con un tocco personale e una scelta lontana dai canoni stabiliti. La decorazione non è terminata e anzi, la glassa, i diavoletti e l' uovo sodo ornano e rifinisco la preparazione del campanaro.
In attesa di sistemare gli ingredienti e preparare gli agnelli pasquali, il discorso si concentra sui riti tradizionali ormai cancellati dalla modernità.
I ricordi della preparazione dei “galli pasquali" ove “li ziti accattavano lu addu pi la zita” e la Pasqua era un momento di unione familiare. Il gallo era preparato con strutto rimacinato, zucchero e acqua e s'impastava a mani nude senza uso di attrezzi vari. Passavano i minuti e le ore senza accorgersene e finalmente l'impasto era pronto per essere lavorato. Tanti ragazzi andavano presso le botteghe o nei laboratori di casa per acquistare il gallo meglio rifinito e pieno di uova. Bisognava fare bella figura nei confronti della fidanzata e la scelta era indispensabile. La settimana santa era vissuta con intrepida e gelosa attesa - una partecipazione di massa condita da discorsi di paese per vivere insieme quei lunghi pomeriggi.
Intanto, vengono sistemati nel tavolo gli ingredienti esatti per l'impasto di 12 agnelli di media – grande portata di 150 grammi ciascuno. Anche in questo caso, si può optare due percorsi totalmente diversi tra loro. Da un lato, basta unire un chilogrammo di farina di mandorle, 300 grammi di zucchero a velo, gli aromi ( vanillina, cannella ed essenze di mandorla amara) e con 120 grammi di acqua (impasto a freddo) si procede all'impasto e si creano i panetti. Un'esecuzione rapida da togliere il fiato e una volta formati i panetti, si mette l'impasto negli stampini per creare gli agnelli.
Un tocco di colore per i lineamenti e il dado è tratto. Nel buon gusto tradizionale è giusto percorrere l'itinerario “storico” e procedere all'impasto a caldo. Gli ingredienti rimangono uguali ma il procedimento cambia fisionomia. L'acqua è pari a 240 grammi e si riscalda insieme allo zucchero. Appena sciolto, si mette la farina. A fuoco spento, si aggiungono gli aromi e si lascia raffreddare il tutto. Appena l'impasto è pronto, si formano i panetti e si usano gli stampini per formare gli agnelli senza dimenticare il colore per definire i lineamenti degli stessi.
Nella durezza delle mani figlie di una lunga esperienza e un vissuto abbastanza intenso, si delinea un movimento sinuoso e sciolto, particolarmente candido e leggero. Un connubio che tiene legato il passato a un rigido presente. Il pensiero corre velocemente al prossimo dolce senza dimenticare l'ingrediente perfetto.
Nonostante il rinnovamento generale, la tradizione dolciaria castelvetranese non ha perduto alcune caratteristiche essenziali.
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