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Dalla siccità ci può "salvare" solo lei: la canzone (siciliana) che serve a far piovere

Ecco come nasce questo caposaldo della cultura siciliana interpretato anche da un altro simbolo della musica di casa nostra come Rosa Balistreri. La storia

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 3 ottobre 2024

La terra arida si mostra nelle sue crepe, divisa e carente. Ogni voragine un passo verso la siccità. Parola che dal 2023 la Sicilia conosce bene. E ha fatto da premonizione all’anno attuale, in cui le scarse precipitazioni hanno messo in ginocchio le province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Catania e Palermo.

Uno scenario arido, dove persino gli animali rischiano di venire abbattuti per l’impossibilità di alimentarli e dissetarli, che fa tornare indietro nel tempo a una Sicilia carente e quando l’acqua era razionata.

Quella protagonista di: "Signuruzzu chiuviti, chiuviti - Signore fate piovere, fate piovere". Una canto popolare interpretato da Rosa Balistreri, che assume l'aspetto di invocazione. Destinatario del messaggio: il Signore.

Una preghiera della disperazione che dal divino passa anche a madre natura, con lo scopo di impietosirla e avere il ristoro di una terra appassita per sete.

E Licata, terra natale di Rosa Balistreri, era proprio uno di quei luoghi assetati. Qui, se si era abbastanza fortunati, l’acqua era disponibile pochi giorni e in estate a volte anche dopo quindici giorni. Le mamme lavavano con quella di mare i figli e, come dice Rosa stessa in un’intervista di Francesco La Pira, ci cucinavano pure.
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Un tema, dunque, che la cantastorie siciliana sentiva profondamente, perché parte della sua infanzia ed esperienza di vita. Quel "fate piovere" ripetuto a inizio brano, come pioggia scrosciante, è la strofa che apre l’invocazione per gli alberi morti di sete.

Rosa però non chiede una pioggia qualunque, ma una che non fa paura, senza lampi e tuoni. La definisce "una buona" che possa bagnare una terra coperta, al momento, solo dalle lacrime di chi non può godere della fonte di vita.

Una carità, in cambio di gratitudine e devozione dei mortali che vivono la mancanza del bene vitale come un castigo che toglie il pane dalla bocca.

A distanza di anni queste parole sembrano tremendamente attuali e viene da chiedersi se la Sicilia e i suoi abitanti possano, invece di scomodare il Signore, avere soluzioni concrete e lungimiranti da parte delle Istituzioni e non aspettare che il 2024 e l’anno avvenire diventino presagio di aridità permanente.

Signuruzzu chiuviti chiuviti
Signore fate piovere, fate piovere

ca l’arbureddi su morti di siti.
che gli alberelli sono morti di sete.

Mannatini una bona senza lampi e senza trona.
Mandatene una buona senza lampi e tuoni

L’acqua di ncelu sazìa la terra funti china di pietà.
L’acqua nel cielo sazia la terra fonte piena di pietà

Li nostri lacrimi posanu nterra e Diu nni fa la carità.
Le nostre lacrime poggiano per terra e Dio ci fa la carità.

Signuruzzu ‘un nni castigati ca lu panuzzu nni livati.
Signore non ci castigare perché ci togli il pane
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