CURIOSITÀ
Da Mabbanath a Balarm, una storia di 2000 anni: l'origine di (tutti) i nomi di Palermo
Cosa significa Palermo? Teorie e ipotesi del toponimo di una città unica con un patrimonio architettonico importante che tutto il mondo ci invidia
Anche il toponimo del capoluogo siciliano, che è mutato nei secoli, al variare delle dominazioni, è una interessante testimonianza del mirabile incontro di genti diverse.
«L’origine di Palermo è così antica, che mancandoci in tempi tanti alti testimonianza di scrittori, si bisogna andar raccogliendo necessariamente per congetture e ragioni verosimili» scriveva Don Mariano Valguarnera, nel suo “Discorso dell’origine ed antichità di Palermo” (1614).
Diversamente da quanto avvenuto per altre città del mondo antico, noi non sappiamo con certezza quando venne fondata Palermo. Gli studi archeologici rivelano che già nel tardo paleolitico l’uomo si stabilì sul Monte Pellegrino e gli enigmatici graffiti delle Grotte dell’Addaura sono testimonianza di una primordiale civiltà di cui ancora poco si conosce.
Fino a quel momento l'area era stata un emporio commerciale, una base d’appoggio dove fare rifornimento di viveri e di acqua oppure dove scambiare manufatti.
Maestri della navigazione e abili commercianti, i Fenici navigavano sotto costa e i punti di approdo erano scelti a distanze sempre regolari, che corrispondevano di solito a una giornata di navigazione.
Tra i motivi che spinsero i Fenici a creare colonie stabili - come Mabbanath - vi furono sia l’incalzante colonizzazione greca, che il bisogno di difendere i piccoli empori dagli attacchi delle popolazioni indigene.
Il luogo della fondazione di Palermo rispondeva sia alle esigenze difensive (essendo protetto da una catena di alti rilievi collinari) che alla predisposizione al commercio marittimo.
Purtroppo la documentazione letteraria antica sulla storia della città, nei primi secoli della fondazione, è piuttosto lacunosa: poche, frammentarie notizie ci sono pervenute da Tucidide, Diodoro Siculo e da Polibio.
Lo storico greco Tucidide. nel sesto libro de "La Guerra del Peloponneso", afferma che all’arrivo (in gran numero) dei greci in Sicilia, i mercanti fenici abbandonarono le colonie che avevano sulle coste della Sicilia per chiudersi in tre città fortificate nella parte occidentale dell’isola: Palermo, Solunto e Mozia.
"Anche i Fenici abitavano qua e là per tutta la Sicilia…. Quando poi vennero d’oltremare in gran numero i Greci, essi sgombrarono la maggior parte del paese e si concentrarono a Mozia, Solunto e Panormo, vicino agli Elimi dove abitarono rassicurati dall’alleanza degli Elimi stessi e dal fatto che quel punto della Sicilia distava pochissimo da Cartagine". (Tucidide)
Anche la documentazione archeologica non permette ancora di delineare un quadro completo: ci si muove ancora nel campo delle ipotesi.
Il ritrovamento di alcune monete, con la parola ZYZ impressa su un lato e il nome greco della città, Panormos sull’altra faccia, hanno portato alcuni studiosi (per primo De Saulcy nel 1845) a ipotizzare che Zyz (in ebraico fiore) dovesse significare Panormos.
Zyz si riferirebbe alla conformazione naturale dell’insediamento, che allungandosi tra tra due fiumi avrebbe assunto la forma di un fiore. (All’epoca la topografia della città era molto diversa da quella odierna).
L’aver avuto Palermo contemporaneamente due nomi non è cosa impossibile: per esempio il professore Ugdulena dimostrò, servendosi della monetazione, che Solunto poteva avere due nomi, Soleis e Kafara.
Tornando a Palermo, il nome antico Pánormos, fu stabilito dai greci: si ritrova su molte monete ed era il nome ufficiale della città. Lo storico siciliano Diodoro Siculo, nel I secolo a.C. scrive che Panormos - in greco significa “tutto porto”- “aveva il più bel porto della Sicilia” (Diodoro XXII, 10). I greci chiamavano Panormos non qualunque porto di mare, ma un approdo comodo e profondo, protetto dal vento.
«Come mai potea essere greco il nome Panormos se la nostra città non fu edificata da’ greci e né da essi in tempo alcun signoreggiata?” si chiedeva il Principe di Torremuzza, nel suo libro "Antiche iscrizioni di Palermo" (1762).
Panormos infatti potè ritenersi infatti greca solo per un anno, nel 276 A.C., quando Pirro, in guerra contro Cartagine, riuscì a espugnarla e a mantenerla per breve tempo.
La critica più recente, come sottolinea il professor Orazio Cancilia, non esclude un apporto della popolazione indigena e soprattutto di nuclei ellenici nella fondazione della città: da ciò deriverebbe il toponimo Panormos, dove “ormos” non significherebbe porto, ma andrebbe letto come hormos ossia "collana" (in questo caso il toponimo potrebbe essere collegato idealmente alla catena dei monti che cingono la città).
Conquistata dai romani (254-253) durante la prima guerra punica la città mutò il suo nome in “Panormus” e continuò a prosperare: fu abbellita con edifici pubblici di notevole interesse, di cui restano poche testimonianze.
Un’intensa attività marinara nel porto di Panormus è testimoniata dall’abbondante materiale archeologico rinvenuto nei fondali marini nelle vicinanze della città: si tratta soprattutto di anfore e àncore di piombo.
Assediata e conquistata successivamente da Genserico, Odoacre, Teodorico e nel 535 dai greci di Belisario, Panormus romana andò quasi del tutto in rovina. Risorse sotto la dominazione bizantina, ma cadde nell’831 dopo circa un anno di assedio, travolta dall’ avanzata musulmana nell’isola.
La città musulmana, formata da 5 quartieri, divenne il centro militare e amministrativo dell’isola, con il nome di Balarm o Balarmuh, a volte più semplicemente Madìnah (che significa propriamente “capitale amministrativa).
Balarm divenne la splendente capitale di uno Stato indipendente fra i più fiorenti del Mediterraneo, dove numerose erano le sorgenti e i mulini e dove abbondavano i frutti e i prodotti della terra.
Le continue discordie civili tra dinastie indebolirono il potere islamico, ma nonostante tutto Balarm resistette a lungo agli eserciti normanni del conte Ruggero e di suo fratello Roberto il Guiscardo, venuti alla conquista della Sicilia e cadde in potere dei due Altavilla solo dopo 4 anni d’assedio, nel 1072.
Sotto i normanni la città, con l’edificazione di numerose chiese e conventi, riprese la sua prevalente fisionomia di città cristiana, in cui convivevano però le sue tre popolazioni, araba, greco-bizantina e latina, e la minoranza ebraica.
Il suo nome divenne Balermus, una latinizzazione del nome arabo Balarm, che differisce tuttavia dall'antico nome latino Panormus. Da Balermus deriva dunque l'attuale Palermo, utilizzato in età moderna, fino ai nostri giorni.
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