CURIOSITÀ
Un'orgogliosa riscoperta: chi parla il siciliano parla due lingue, altro che semplice dialetto
Siciliano, lingua o dialetto? Se ne parla da tempo. Per l’esperienza personale e per quella riscontrata tra gli scranni della politica, l'eurodeputato Ignazio Corrao ha sollevato una riflessione
La Trinacria siciliana
Se ne parla da tempo, per la verità, tanto che nei mesi scorsi sono stati avanzati anche progetti - già approvati alcuni - che ne includano lo studio sia nelle scuole superiori che nei corsi universitari. Per quanto già approvati però, questi progetti non sono decollati.
«Avevo vissuto anni fa per un lungo periodo in Galizia - ci ha detto Ignazio Corrao - comunità che gode dell’autonomia anche nella lingua, così come Valencia e la Catalogna per citarne alcune, dove parlano, oltre alla lingua ufficiale anche quella tradizionale. Ho sempre riflettuto sulla validità del dialetto siciliano e di come, fino ad ora, sia stato praticamente messo da parte.
Ricordo che da ragazzino quasi ci proibivano di parlarlo, poiché considerato discriminante, oggi invece, penso che i tempi siano maturi per una orgogliosa riscoperta della nostra lingua, che deriva, forse non tutti lo sanno, direttamente dal latino, e che è stata la base per la costituzione della lingua italiana».
Anche l’UNESCO, nel tempo, ha riconosciuto alla lingua siciliana lo status di “lingua madre” e l’ha classificata tra le lingue europee "vulnerabili".
I siciliani, come riporta Corrao, sono descritti come bilingui, con la differenza che il siciliano viene tramandato in famiglia e per strada quasi in modo clandestino, mentre l’italiano è imposto nelle scuole, nelle istituzioni e in qualsiasi ufficio pubblico.
L’intento, come dicevamo, è sottolineare l’importanza di riscoprire il siciliano come lingua non come dialetto, preservando l’antica storia e tradizione, riuscendo a tramandarlo, dunque, alle nuove generazioni.
«Il siciliano - continua Corrao - è una lingua straordinaria, parlata da oltre 5 milioni di persone in giro per il mondo, che andrebbe studiata, conservata, preservata, protetta e di cui essere profondamente orgogliosi.
Invece, si assiste ancora oggi, ad una incomprensibile repressione delle culture preesistenti. Una prerogativa dell’Unione Europea è la difesa delle diverse identità, per questo trovo assurdo che non venga salvaguardata la radice più antica della nostra cultura.
Questo andrebbe fatto non solo con il siciliano ma anche con gli altri dialetti nazionali, così da diventare una voce unica, europea, ma con le proprie radici e identità culturali. E io continuerò a battermi perché questo desiderio diventi realtà».
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