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Cosa c'entrano i denti da latte con i parenti (sorci): perché in Sicilia si dice "sgangulatu"

Tra canzoncine divertenti (per alcuni) e sfottò, la fase di passaggio dei denti da latte è traumatica per tutti. Ma l'origine della parola risale all'epoca di Federico II

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 28 aprile 2023

Quante volte abbiamo sentito dire la frase: «vorrei tornare bambino» o «quand’ero bambino tutto era più bello?». Io, personalmente, e non me ne voglia nessuno, su questa cosa che l’infanzia sia il momento più bello della vita ci ho sempre rimuginato.

Ma chi lo ha detto? Vieni al mondo piangendo, per un anno intero ti svegli nel mezzo della notte non facendo dormire nessuno, cacca e pipì addosso e per farti addormentare ti cantano una canzone in cui ti minacciano di darti alla Befana o all’uomo nero. Ma come deve dormire quel bambino?!

Poi arrivano i problemi quelli seri. La scuola, Babbo Natale non esiste, il concetto di morte, quella che ti piace vuole il tuo compagno di banco, anche le femmine fanno la cacca e, dulcis in fundo, la caduta dei denti da latte.

Già, quello della perdita dei dentini è una delle fasi più difficili dell’esistenza di un bambino. Personalmente ricordo che il primo dente da latte lo inghiottii giusto mentre stavo bevendo il latte. Quindi oltre al trauma da perdita, anche quello da autocannibalismo.
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Eh già, perché ti terrorizzi! Guardi tutti disperato come stessi per morire da un momento all’altro e invece di trovare conforto negli occhi dei tuoi cari cosa trovi? Un’altra canzoncina: «Sgangulatu senza rienti e u succi ti vieni parienti», per quelli del continente («sgangulatu» senza denti e il topo ti viene parente).

E questa storia si ripete ogni volta che si perde un dente. "Sgangulato", una parola più unica che rara, con un suono dolce, usata per indicare le simpatiche finestrelle dei bambini o quell’ultimo dente superstite di zio Aspano, che usava per forare il guscio delle babbaluci (lumache) e sucarsele meglio.

Mi sono sempre chiesto da dove venisse questa parola e da dove derivasse conseguente e magra consolazione di San Nicola che ti lascia i soldi in cambio del dente o peggio ancora del topino. Ma che se ne doveva fare San Nicola con tutti quei denti? Beh, ancora una volta le cose sembrano intrecciarsi col passato, con le dominazioni, con le credenze.

Sgangulato, infatti, sembra essere una deformazione dialettale del più noto sgangherato, inteso come malconcio, trasandato e che sua volta proviene da ganghero.

Ora, per spiegarvi cosa è, riporto la definizione del vocabolario perché io non sono tanto bravo nemmeno con le istruzioni dell’Uovo Kinder, figuriamoci su nozioni di fisica applicata agli infissi. Dicesi ganghero: "elemento di una cerniera (delle imposte di usci e altri infissi), fissato al telaio o murato nello stipite, il quale porta il perno o spina che va a infilarsi nell’occhio della bandella fissata al battente".

Comunque, è una cosa che appartiene al fissaggio delle porte, che fate prima a cercare su internet per vedere com’è fatta. Di controparte, dunque, sgangherato è ciò che non è ben fissato e traballante. Una parola che si perde nel tempo, il cui nucleo è nascosto dentro un meccanismo a matrioska che ancora una volta culmina a ritroso in quel simpaticone e cabarettista di Zeus, o perlomeno nell’antica Grecia.

È infatti nel greco tardo che appare il termine kánkhalos ad indicare l’anello della porta o la cerniera. Fu probabilmente proprio dalla Magna Grecia che si diffuse in tutto il resto della penisola.

A sua volta, in Sicilia, visto che di zucchero qua se ne mangia assai, subisce un ulteriore arrotondamento diventando sgangulato ad intendere colui che ha un dente ogni morte di Papa. Questo ulteriore arrotondamento lo subisce probabilmente grazie all’influenza dei francesi di Provenza che c’erano a Palermo.

«’Gnorante, quelli che venivano dalla Francia erano i Normanni e casomai gli Angioini che stanno al nord! La Provenza è a Sud!». Giusto, ma questi francesi di cui parliamo noi invece venivano proprio dalla Provenza.

Siamo nel 1220, e precisamente alla corte di Federico II, che fosse stato ancora vivo magari sarebbe stato un appassionato del Festival di Sanremo. Ai suoi tempi però andavano i componimenti poetici e di conseguenza non c’erano i trapper ma i trovatori, sia siciliani (vedi la Scuola poetica siciliana, sia altri provenienti un po' dappertutto).

Il periodo però non era dei migliori, c’erano sempre mali discorsi e per un nonnulla succedeva la scannata, specie se c’era di mezzo il Papa che per sciarre comandava. Innocenzo III poi non poteva vedere manco quello che stava nel suo stesso pianerottolo.

È lui che nel 1209 ordina la Crociata albigese, ovvero un modo soft, o allittrato, di dire repressioni dei Catari dal sud della Francia. Ai trovatori non resta che prepare baracche e baracchelle e andarsene altrove. È in Sicilia che molti di questi troveranno una naturale collocazione (anche perché si mangia buono) data la fiorente scuola poetica e l’interesse di Federico per le arti.

Dici “Ma che c’entra col discorso? Che erano tutti senza denti ‘sti trovatori?” No, o meglio qualcuno magari sì, ma in provenzale ganghero si diceva “ganguil”.

Per la serie “non succede, ma se succede” non è impossibile ipotizzare che sgangherato si sia trasformato in sgangulato grazie proprio ai poeti francesi. E niente l’articolo è finito, laviamoci i denti!
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