ITINERARI E LUOGHI
Conosci l'Etna ma non sai quanti vulcani ci sono in Sicilia: quali sono (e dove trovarli)
Sono molti di più di quanto ti aspetteresti e di diversa natura. Spesso sono legati a leggende del territorio siciliano. L'elenco completo di queste aree tra scienza e mito

Panarea e Stromboli visti dalla spiaggia di Santa Marina di Salina - foto di Simone Benenati
Dal punto di vista vulcanologico si intende attivo un vulcano che ha dato manifestazioni eruttive negli ultimi 10.000 anni. In tal senso nell’area siciliana sono presenti almeno nove vulcani, anche se tre di questi, quello di Lipari (l’ultima eruzione avvenne nel 1230 d.C. sul vulcano Monte Pilato), di Pantelleria (l'ultima eruzione risale al 1891 in corrispondenza di un sistema di fratture subacquee) e dell’Isola Ferdinandea (ultima eruzione 1831), hanno dato eruzioni in età storica.
Altri due vulcani risultano decisamente inattivi da millenni e sono quelli di Ustica, (l’ultima grande eruzione si ebbe circa 130.000) e Linosa. Gli ultimi quattro continuano a mostrare eventi eruttivi significativi e sono: il Monte Etna e lo Stromboli, in attività ritmica e persistente.
L’isola di Vulcano e l’apparato vulcanico di Panarea, quest’ultimo interessato da emissioni sottomarine di gas vulcanici in prossimità degli scogli di Dattilo, Basiluzzo, Lisca Bianca e Lisca Nera.
«Le Eolie, terre del mito sin dal tempo della guerra di Troia, diventano nel Medioevo le porte dell’inferno - afferma Pino La Greca storico e autore di numerose pubblicazioni di storia locale tra cui "Isole Eolie le Porte degli Inferi", edito dalla Editoriale Delfino di Milano nel 2023 con prefazione di Marcello Sorgi “Il primo autore che parla dei fenomeni vulcanici di Lipari interpretandoli come manifestazioni dell’inferno è San Pionio, un sacerdote di Smirne martirizzato sotto Decio (249-51).
Sarà, tuttavia, il Pontefice Gregorio Magno, che nei Dialoghi, scritti nell'anno 594, a confermare che le Eolie sono l’ingresso in terra dell’inferno. Il Papa si sofferma su una storia, ascoltata da un eremita testimone del prodigio: il sant'uomo aveva visto un corsiero-demonio correre verso le isole per gettare nel cratere ardente di Vulcano nientemeno che l'anima di Teodorico, re goto colpevole di non avere perseguitato l'eresia ariana.
Ancora dopo l’anno Mille l’attività eruttiva di Monte Pilato, nell’isola di Lipari, continuerà ad ispirare i padri della Chiesa, sarà a seguito di alcuni racconti, che suggeriranno all’abate di Cluny, Sant’Odilone, di istituire la Commemorazione del Defunti.
Il racconto che ispirò il 2 novembre è stata scritta da San Pier Damiano (sec. XI) nella biografia dello stesso sant’Odilone e da Iacopo da Varazze nella sua “Legenda aurea” (secolo XIII).
Particolare rilevanza storica ha assunto l’isola Ferdinandea, che rappresenta le vestigia di un vulcano che nel 1831 si innalzò dall’acqua formando un’isola che venne rapidamente erosa e sommersa dalle onde nei successivi otto mesi.
A conclusione dell'episodio eruttivo si verificò un rapido smantellamento erosivo dell'isola che scomparve definitivamente sotto le onde nel gennaio del 1832, ponendo fine temporaneamente alle dispute internazionali sorte circa la sua sovranità. Sull’argomento rimandiamo ad un articolo di Aurelio Sanguinetti.
Tra tutti i vulcani siciliani quello più noto è certamente l’Etna che ha il primato di essere quello attivo e nel contempo il più grande d’Europa. Dal punto di vista geologico la sua “costruzione” avvenne in quattro epoche eruttive, separati da periodi di inattività vulcanica. Secondo la mitologia su questo monte avvenne lo scontro tra Zeus e il gigante Encelado, quest’ultimo prima fulminato e poi sotterrato dalla dea Atena.
Secondo gli antichi racconti il suo respiro è legato all’attività del vulcano così come al suo rotolarsi che genera l’attività sismica. Sempre secondo gli antichi racconti anche il dio Efesto, alloggiava all’interno del monte per costruisce le armi a Zeus e di tutti gli dei.
Quest’ultimo secondo tradizioni sicule viene associato con il dio Adranos che pare facesse custodire il suo santuario da mille cirnechi, il cane dell’Etna. “Adrano per i siculi” sottolinea lo storico Claudio D’angelo autore di numerose pubblicazione sulla Sicilia antica “era il dio della guerra e del fuoco, la divinità più importante dell’intero pantheon Siculo.
Il suo nome deriva dal termine sanscrito Adri che significa montagna. Prima che i Siculi giunsero in Sicilia, idealizzarono il loro dio nel gigante di pietra ovvero nel Gran Sasso d’Italia.
Successivamente, mentre si trovavano nell’altro capo del Peloro, videro l’Etna e scorsero in questo grande vulcano, la rappresentazione più completa del loro dio: lo chiamarono aidhà-na (oggi Etna), il cui significato è che arde, che splende in fiamme”.
Sull’Etna è ambientata anche la storia d’amore della ninfa Galatea che tradì il ciclope Polifemo con Aci in riva al mare. Quando Polifemo li scoprì accecato dalla gelosia uccise Aci schiacciandolo. Quest’ultimo venne trasformato da Galatea in un fiume salvandosi e scorrendo lungo le pendici dell’Etna.
Ma la narrazione mitologica sull’Etna continua con Odisseo e i suoi compagni di ritorno da Troia quando vennero fatti prigionieri da Polifemo. Odisseo dopo aver fatto ubriacare Polifemo liberò i compagni aprendo l’ingresso della grotta e facendo uscire i compagni aggrappati al ventre di un gregge di pecore.
Il Ciclope ingannato si arrabbiò moltissimo e scagliò contro la nave di Odisseo e compagni ormai in fuga degli enormi massi che oggi vengono identificati nei Faraglioni di Acitrezza.
“L’origine dei miti relativi ai vulcani” dice il geologo e studioso Antonio Contino “rientrano nell’ambito di indagine di una nuova disciplina delle Scienza della Terra, che richiama la Geomitologia.
Questa materia si occupa della ricerca dei reali eventi geologici dai quali hanno tratto origine determinati miti o leggende. La prima studiosa ad aver gettato le basi di questa disciplina è stata la geologa statunitense di origine italiana Dorothy Vitaliano (1916 – 2008)”.
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