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Come una fenice che rinasce dalle ceneri: ora Monte Pellegrino ha i suoi nuovi alberi

Nel 2016 l'incendio che devastò quasi 500 ettari di area boscata. Adesso centinaia di piante autoctone e nuovi alberelli, forniti dal Comune, sono stati piantati dai volontari

  • 28 gennaio 2020

Monte Pellegrino dopo l'incendio 2016 (foto Giovanni Villino)

A Monte Pellegrino si "acchiana". Difficilmente sentirete citare nei racconti o negli aneddoti lo "scendere", o meglio la "scinnuta".

L'acchianata è una dimensione unica, che resta nel cuore, nell'anima. E nei muscoli. Un termine che racchiude significati anche profondi. E perché no, una parola pure onomatopeica.

Nel pronunciare lentamente "acchianata” si avverte lo scricchiolio dei sassi sotto le scarpe e la fatica di muscoli e ossa. Il respiro affannato e il sudore sul volto. Perché Monte Pellegrino è un monte difficile. Non a caso tra i suoi primi nomi c'è Monte Ercta. Un promontorio ostile. Ma proprio perché difficile è anche un percorso simbolico. Un itinerario spirituale che dalla terra porta a pochi passi dal cielo e dalla sua luce. Un cammino mistico.

Ma attenzione: contrariamente a favole e racconti, qui non si arriva a toccare il cielo. Ma si arriva a vedere il suo riflesso. E lo si vede all'interno del Santuario, nella grotta dove la Santuzza fu trovata. Il riflesso di cielo è nelle centinaia di ex voto appesi sulle pareti di questo luogo sacro. È negli occhi di coloro che in ginocchio percorrono la scalinata. Nelle loro mani giunte davanti alla teca che custodisce la statua della Santa.
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Ma Monte Pellegrino, negli anni, al percorso tra cielo e terra, ha aggiunto, per mano d'uomo, un altro elemento naturale: il fuoco. Quello che devasta e che distrugge. Che ha incenerito negli anni buona parte di montagna. Era il 2016 quando avvenne l'ultimo vasto incendio che devastò ben 494 ettari su 780 ettari di area boscata. Per anni Monte Pellegrino è tornato alle sue origini. Ad essere brullo.

Ma da quelle ceneri oggi si ricomincia. E lo si fa con la piantumazione di alberi. L'albero, elemento che meglio simboleggia la vita.
Centinaia di piante autoctone, fornite dall'amministrazione comunale, sono state messe a dimora.

Un'iniziativa del Comune realizzata in collaborazione con Legambiente Palermo, Natura da Salvare, Green Peace, Friday for Future, i Rangers d’Italia Sezione Sicilia, gli operai volontari del comune di Palermo e diversi cittadini.

All'indomani di questa piantumazione sui piccoli alberelli c'erano le gocce di rugiada sulle foglie e sui rami. Quell'elemento “acqua” che sembra completare un percorso. E che permetterà al verde di potere anche lui acchianare, quanto più possibile e secondo la propria natura, al cielo.

E, quindi, è così che dal fuoco che devasta si passa alla terra che accoglie la vita e la nutre. Si aggiunge l'acqua, fonte di vita. E si arriva al cielo, a quell'aria che rappresenta il respiro universale. Tutto questo in un monte difficile e sacro. Dove ogni cosa è governata dalla tensione fra l’amore e la discordia, tra la morte e la vita.

E non a caso il palermitano sa che su Monte Pellegrino si "acchiana".
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