STORIA E TRADIZIONI

HomeNewsCulturaStoria e tradizioni

Com'era il Natale in casa Florio: storie di fasti e tragedie dal diario di Donna Franca

Come si può immaginare, il Natale in Casa Florio all’Olivuzza aveva sempre un carattere particolarmente suggestivo, ma non sempre la sorte fu benevola

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 25 dicembre 2024

Come si può immaginare, il Natale in Casa Florio all’Olivuzza aveva sempre un carattere particolarmente fastoso e suggestivo.

Accanto al tradizionale presepe, che Franca Florio amava allestire insieme ai suoi bambini, si poteva ammirare in un angolo del salone delle feste un altissimo abete, che arrivava a toccare il soffitto; veniva adornato con candeline dalla luce tremolante e tantissime palline di vetro colorate.

L’albero di Natale, di nordica provenienza, era a quei tempi una tradizione quasi sconosciuta a Palermo.

«A quell’epoca, nella lontana Palermo, l’albero di Natale era una rarità - scriveva Fulco di Verdura, in Estati Felici - ed era eretto soltanto presso le famiglie dove c’erano governanti inglesi o tedesche e naturalmente in tutte le case della colonia inglese, i Whitaker, i Gardner, gli Smith…per i siciliani come del resto per tutti gli italiani il Natale non era celebrato con l’albero ma con il presepio, istituito da San Francesco d’Assisi».
Adv
Ai Florio era già capitato di prendere in prestito dagli inglesi anche altre abitudini: dall’irrinunciabile appuntamento del five o’ clock (il tè delle cinque), alla moda (adottata da molte coppie aristocratiche a Palermo) di dormire in stanze separate ma comunicanti.

I festeggiamenti natalizi in Casa Florio avevano un’atmosfera particolare anche perchè il 23 dicembre era il giorno del compleanno di Franca.

Nel 1913 ad esempio la signora Florio celebrava al Teatro Biondo i 40 anni, con un brindisi tra il primo e il secondo atto de "La Traviata" di Verdi; mentre il giorno successivo, vigilia di Natale, organizzava una bella festa e accoglieva tutti gli amici all’Olivuzza.

Sotto l’abete di Casa Florio c’erano pile di pacchi di doni, di ogni dimensione. Franca, che era una donna molto generosa, piena di slanci e di umanità, per l’occasione non dimenticava nessuno.

Da Parigi ordinava una cassa di giocattoli e di bambole con abiti in miniatura, realizzati dai migliori atelier parigini: Worth, Pasquin, Lanvin… C’erano regali per i suoi figli, per i bambini delle amiche e per quelli dei dipendenti di casa Florio: «Perché – diceva - i bambini hanno tutti uguale diritto di essere bambini».

Dopo la Santa Messa tutta la famiglia si riuniva per il pranzo: Franca con Ignazio e figlioletti, i Trabia (Giulia, unica sorella di Ignazio, con il marito Pietro e i figli), Giovanna d’Ondes (madre di Ignazio) col figlio minore Vincenzo, Costanza Villarosa (madre di Franca) e poi gli ospiti fissi dei Florio: Maria Bardessono, il conte Pignone, i cugini d’Ondes.

Maria Bardessono, per gli amici Maruzella, era la dama di compagnia di Giovanna d’Ondes, viaggiava sempre con lei e le era di grande aiuto all’estero, perché l’anziana signora Florio parlava solo l’italiano, anzi preferiva il siciliano. Era pure inseparabile amica di Franca: le due donne si capivano al volo. La Bardessono discendeva da una nobile famiglia napoletana decaduta.

Non era particolarmente avvenente, ma era colta e spiritosa, la sua presenza era sempre gradita. Si racconta che una volta a Semmering, in Austria, Giovanna d’Ondes urtò casualmente un cameriere con un vassoio pieno di piatti e tazze, che finirono per terra in frantumi. Il proprietario si mise a imprecare in tedesco e la signora Florio non si scompose.

In tutta tranquillità si rivolse così a Maruzzella: «Diccillu tu, ca semu i megghiu megghiu d’o Paisi» e finì poi per sistemare subito l’accaduto, sborsando una cifra fin troppo generosa.

Il conte Pignone del Carretto, nobiluomo d’origine napoletana, sfortunatissimo ma assai divertente, era approdato un giorno in casa Florio - Trabia e non era più andato via. Era un distinto signore maturo e retrò (portava il monocolo), spiritoso e amabile. Aveva dilapidato il suo patrimonio al tavolo da gioco.

Giulia e Franca se lo contendevano quando partivano da sole: le scortava al ristorante, al teatro, alle passeggiate, pagava il conto, si occupava dei bagagli…Era un prezioso cavaliere: la mattina di Natale del 1910 andò incontro al vapore proveniente da Napoli, per prendere i capitoni freschissimi che erano stati inviati a Ignazio, per il pranzo del 25 dicembre.

I cugini d’Ondes erano 4 fratelli e 2 sorelle, tutti di bell’aspetto e molto simpatici: si dividevano equamente fra i Florio e i Trabia. Nonostante abitassero in una palazzina nel Giardino Inglese, trascorrevano ben poco tempo in casa loro.

Ciccio, il primogenito, e Gianni, il secondo, erano sempre all’Olivuzza: il primo si occupava di antiquariato e consigliava Franca nei suoi acquisti; il secondo era amico inseparabile di Ignazio; a lui i bambini erano molto legati, mentre Franca lo rimproverava di esser complice nelle tresche del marito.

Lorenzo, detto Lollo, il terzo fratello stava a casa di Vincenzo e l’ultimo; Gioacchino stava dai Trabia.

Il pomeriggio del 25 Dicembre del 1910 per Igiea e Giugiu (Giulia) Florio, come ogni anno veniva organizzata una piccola festa, un ricevimento che culminava nella attesissima distribuzione dei doni, per le bimbe, i loro amichetti e i figli dei trenta servitori di casa. Diversamente dai bambini, gli adulti non si accontentavano certo di bambole e balocchi.

Nel Natale del 1896 Ignazio Florio, che nutriva una grande passione per il mare, si regalava un nuovo yacht, l’Aegusa: un palazzo galleggiante, che avrebbe inaugurato nell’estate del 1897, con una crociera nell’Egeo insieme alla moglie, alla sorella Giulia, al cognato Pietro e alla figlioletta Giovannuzza.

«Mio marito si è fatto proprio un bel regalo di Natale, non c’è che dire! Tutto in acciaio, lungo 81 metri». Appuntava Franca sul suo diario. Ignazio avrebbe venduto l’Aegusa meno di 3 anni dopo, nel febbraio del 1899 a sir Thomas Lipton, re del te, che lo avrebbe pagato una cifra folle.

Franca e Ignazio trascorrevano di solito il Natale in famiglia e il Capodanno lontano da casa.

Nel 1902 ad esempio passavano l’inizio d’anno a Montecarlo, con i Rothschild e altri amici, giocando a carte fino a notte fonda. Il 31 Dicembre 1904 festeggiavano il Capodanno al Quirinale: Franca, dama di corte della Regina, scriveva sul suo diario: «Ho messo ad Igiea il vestitino nuovo preso a Parigi, celeste e lilla: un amore. Io mi limiterò a seguire le indicazioni del maestro cerimoniere. Spero di potermi muovere a sufficienza nel ballo».

Il 31 gennaio 1907 i Florio si divertivano un mondo partecipando al capodanno luculliano organizzato in casa Mazzarino: «Abbiamo mangiato benissimo… un mare di dolci, champagne a volontà, i balli sono durati fino all’alba. I latini dicevano: una volta l’anno è concesso far pazzie». Confessava Franca.

Tuttavia non sempre la sorte fu benevola: il periodo delle festività natalizie del 1908 ad esempio fu estremamente tragico.

Il 28 Dicembre alle ore 5,21 un terremoto di grande magnitudo colpiva la Sicilia e la Calabria, radendo quasi al suolo la città di Messina. I morti non si contavano: sotto le macerie rimasero sepolte più di centomila persone.

Ignazio e Franca (incinta al quinto mese) partirono immediatamente a bordo del loro yacht Sultana per offrire aiuto: portarono medicine, cibo e indumenti. Triste fu il Natale del 1915, primo anno di guerra: Ignazio e Vincenzo erano stati chiamati a combattere.

«Va bene per Vincenzo, ma l’Italia che se ne fa di un soldato quasi cinquantenne come mio marito?», si chiedeva Franca.

Tristissimo fu quello del 1917, un altro Natale al fronte, il terzo, e "altro dolore nella nostra famiglia" scriveva la signora Florio: il 15 Dicembre moriva Ignazio Lanza, figlio di Giulia, a 27 anni e il 17 dicembre si spegneva Giovanna d’Ondes.

Sarebbe stato l’ultimo Natale all’Olivuzza, con troppi fantasmi che danzavano silenziosi intorno a un abete carico di presagi negativi, anche se addobbato a festa come di consueto.

Nel Luglio 1918 i Florio si trasferivano infatti a Villa Igiea dove si riservavano tutto un piano. Molti mobili e armadi venivano trasportati all’Arenella. Per la famiglia era un periodo molto difficile. La loro crisi era sulla bocca di tutti. Mettevano in vendita la casa dell’Olivuzza (villa, palazzetti, il villino di Vincenzo e 5 ettari di parco) che una settimana prima del Natale 1918 veniva ceduta.

Cominciava per Casa Florio il tempo dei debiti incolmabili e degli assillanti creditori; il declino era irreversibile; la parabola discendente l’avrebbe condotta nel 1935 al definitivo crac economico: «La Banca commerciale ha messo Ignazio con le spalle al muro. Ha messo all’incasso una cambiale di oltre 2 milioni. Non possiamo pagarla». Scriveva Franca.

L’ultimo Natale gioioso fu probabilmente quello del 1931: il 24 dicembre, Vincenzo Florio si risposava.

La prima moglie, la bella Annina Alliata di Montereale con cui si era unito in matrimonio il 10 Luglio 1909, era morta di colera il 19 Giugno 1911. La nuova sposa si chiamava Lucie Henry, era una vivace e simpatica signora francese, conosciuta a Parigi, dove faceva la modella per diversi artisti.

Vincenzo e Lucie nel 1924 vivevano già insieme a Palermo, in Via Catania, al civico 2. Lei era una "donna intelligente e piena di verve e fu per il più giovane dei Florio una compagna affettuosa e insostituibile" di spiccata intelligenza e grande personalità. Restò sempre vicina al marito e con lui visse agiatezza e tracolli finanziari.

Acconsentì a sposare Florio nel momento economicamente più travagliato per le sorti del casato, quasi a voler sottolineare tutta la sua solidarietà e la sua partecipazione ai destini della famiglia. Inoltre cercò in tutti i modi, in quegli anni, di salvare quanto possibile del patrimonio di Casa Florio".

Con la vendita di una parte dei suoi gioielli ricomprò a nome della figlia Renè, la casa dell’Arenella, dove visse col marito fino alla fine dei suoi giorni. Nel Dicembre del 1932 Franca si chiedeva: “Dove sono finiti gli anni di feste serene?”.

Due anni dopo, nel Natale del 1934 era costretta a lasciare la casa di via Piemonte a Roma (dove i Florio si erano trasferiti) e a licenziare la servitù, a vivere insieme ad Ignazio in albergo.

Negli anni successivi, mentre Ignazio e Vincenzo, sognavano ancora di imbarcarsi in nuove avventure, sposando progetti ambiziosi e visionari in grado di riuscire a riportare in auge Casa Florio, l’unica gioia nella vita di Franca, ormai anziana, era solo quella di esser circondata nelle festività da figlie e da nipoti che la chiamavano "Grany".

"Amo le loro vocine" ammetteva a se stessa, ma concludeva poi amaramente: “il tempo che passa non tornerà più”.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI