STORIA E TRADIZIONI
Canzuni, Ciuri, Ninni e 'Nnmini: in Sicilia ci sono "centomila" voci per ogni occasione
La Sicilia, terra di glorie e sventure, verità ed errori, diventa contenitore di una memoria collettiva. Vi raccontiamo i generi dei canti popolari della nostra Isola
Rosa Balistreri
Centomila voci per ogni occasione evento e tradizione. Pitrè in due suoi libri ne raccoglie più di mille da aggiungere ai 1300 di Vigo e ai 750 di Salomone Marino.
Ogni terra, scrive Pitrè, "fa spiegare il suo canto" che è sentimento di un popolo, ma anche "archivio e teogonia". Così la Sicilia terra di glorie e sventure, verità ed errori, diventa un contenitore di una memoria collettiva.
Se da un lato identificano e costituiscono la storia popolare, d’altro canto ne mostra i limiti, in quello che lo studioso chiama "scarsa civilizzazione".
I due libri scritti nella seconda metà dell’ 800 diventano così un viaggio emozionate attraverso tradizioni e cultura. I canti hanno generi diversi: sono le Canzuni, i Ciuri, Arii, Diesilli, Orazioni, Storii, Ninni e 'Nnmini.
Alcune premesse sono necessarie prima di addentrarci in questo mondo sonoro: non tutti i termini dialettali sono uguali, le differenze linguistiche connotano territori e comunità dove possiamo assistere all'aggiunta o caduta di vocali o consonanti, che lungi da essere errori, sono da considerare variazioni.
Discorso a parte è la ricerca, vana, dell’autore di ogni canto, che rimane sconosciuto, Pitrè dice "è un poeta rustico la cui voce si alza in una via o sull’uscio di una casa". Il canto è patrimonio e di tutti e accompagna la vita delle persone "dalla culla alla bara".
Stupisce che spesso si possono trovare temi comuni in regioni diverse, ma questo è "Lo spirito popolare” che ha concetti semplici e identici.
Proviamo a individuare i singoli generi iniziando dalle Canzuni.
Questi in Sicilia sono i canti dei barcaioli, dei marinai, dei fornai che ingannano la fatica e la notte cantando; quello dei contadini, dei carrettieri che modulano passo e voce, dei venditori ambulanti, delle donne mentre lavano i panni, o quando partoriscono invocando una doglia "forte e gagliarda".
Ma è anche quella della nuora che impreca contro la suocera: "Vogghiu cantari mentri sugnu schetta, ca quannu me maritu po' mi passa…Com’hajua fari cu sta strema Vecchia?" Morti, levala tu sta mala razza". Oppure possono essere canti d’amore e gelosia: "Bedda, s’è veru ca mi porti, amuri, d’ora ‘nn’ avanti a nuddu a taliari".
Sono serenate, confronti verbali e i cati dei condannati e carcerati che "levano voci" disperate da quello che considerano l’anticamera dell’inferno. Se le "Canzuni" sono un macro contenitore, caratteristici sono i "Ciuri", i fiori, identificabili negli stornelli di 2 o 3 versi.
Iniziano o terminano invocando un fiore "Ciuri Lumia, ciuri d’arancio…" sono canti brevi satirici e rabbiosi, spesso d’innamorati delusi o traditi. Lo studioso ricorda, che non era raro che chi cantasse i Ciuri poteva andare incontro "a schioppettate" da parte della famiglia che si riteneva offesa.
Gli stornelli erano accompagnati dalla chitarra, o dal violino e dal Mariolu (lo scacciapensieri). Argomento delle "Storii" sono invece le leggende, spesso appannaggio dei Cantastorie, narrano di amori, duelli, politica, combattimenti.
Ma non solo, possono essere anche religiosi come quello della Madonna che incontrando la Veronica, le dice . "Tu donna hai vistu me figghiu passari, vistitu cu na vesta lavurata. "Beddu cu nuddi cci po' assimigghiari…".
L’origine è nelle Sacre Rappresentazioni. Alcuni di questi più brevi diventano Orazioni da cantare secondo l’ora o il giorno della settimana: il lunedì è dedicato alle anime del purgatorio, il martedì a Sant’Anna e via dicendo. Una menzione particolare meritano i "Diesilli": litanie, nenie, o preghiere lamentose.
Questi sono per lo più dedicati ai defunti, in questo genere possiamo comprendere il pianto a pagamento delle prefiche. Ma Diesilli sono anche le novene che sono cantate di casa in casa specie durante il periodo natalizio.
Struggente è il canto di una madre per il figlio morto: "Ti benidicu figghi ogni mumentu, ddi novi misi chi t’appi di stentu; ti benedicu quannu ti purtai, a la chiesa unni po’ ti vattia… Ti Benedicu… Sinu a lu vancu, a lu duluri amaru, e la cannila che pri ti addumaru”.
Genere sicuramente più allegro e scanzonato sono "li Jocura e li Nnimini", le filastrocche e gli indovinelli.
I primi appannaggio dei bambini, sono spessi accompagnati da un olè, e sono filastrocche recitate con il proprio compagno/a del cuore, spesso tenendosi per mano. Gli indovinelli, i “Nniminu”, sono ricchi di metafore e allegorie, sciarade di cui si conosce la soluzione, ma che si ascoltano e a cui si risponde con un sorriso compiaciuto.
Le dolci Ninna Nanne che invocano il sonno per il piccolo hanno come protagonista diretta o indiretta la "Naca" accompagnata da "e/ a-la-vò, o vo-vò", cantilena cantata dalla mamma mentre dondola il piccolo nella culla o al petto: a-la-vo che rormi e chianci, voli la naca’mmenzu .l’aranci, a-la-vo, rormi e riposa,voli la naca ‘mmenzu la rosa.
L’origine di “a-la-vo” si pensa sia latina. Canti Religiosi, Orazioni, Canti di dolore, d'amore, di rabbia, satirici, stornelli, giochi, è un linguaggio popolare che si affianca a quello della lingua parlata, e che spesso lo sostituisce.
Sono cento mila voci, un universo sonoro carico di sentimenti; come quello che celebra la bellezza della donna amata, “un cantu d’amuri “ che dedico a tutte.
“Quando nascisti tu, stidda lucenti, N’terra calaru tri Ancili santi; Vinniru li tre Re di l’Orienti, Purtannu cosi d’oru e di brillanti; Tri aculi vularu prestamenti, dannu la nova a punenti e a livanti; Bedda, la to billizzi su putenti Avi nov’anni che ti sugnu amanti”.
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