ITINERARI E LUOGHI
C'è un solo posto in Europa dove ancora vegeta il papiro: in Sicilia tra le sponde del fiume Ciane
È un angolo di mondo isolato e ben mimetizzato seppur vicino ai centri commerciali e ad importanti arterie viarie. Tutta l'area è Riserva Naturale
Il fiume Ciane
Per apprezzarla veramente bisogna incontrarla dove ancora, unico sito del vecchio continente, vegeta spontaneamente, e cioè lungo le sponde del fiume Ciane, dove mito, storia e natura si intrecciano indissolubilmente.
Non bisogna allontanarsi più di tanto, solo pochi chilometri a sud ovest della città. Il Ciane nasce nella pianura alluvionale, da due polle poco distanti tra loro, la Pisma e la Pismotta, da cui tutto l’anno sgorga una notevole quantità di acqua sempre fresca, limpida e cristallina, dal coloreturchese, da cui il nome, kyanòs.
Tutta l'area è Riserva Naturale e si può esplorare con una facile e breve camminata. È un angolo di mondo isolato e ben mimetizzato seppur vicino ai centri commerciali e ad importanti arterie viarie. La fruizione è alquanto varia, i suoi sentieri sono frequentati dai turisti più esigenti sulle tracce dei viaggiatori del passato, da chi svolge attività di educazione ambientale con le scolaresche, da gruppi guidati e da famiglie a passeggio, soprattutto nei weekend.
Può capitare di incontrare chi pratica lo yoga o il nordic walking. Il mito, citato da Ovidio nelle Metamorfosi, vuole che il fiume sia nato dalle limpide lacrime della ninfa Ciane, poi trasformata interamente in fiume, disperata per non essere riuscita ad impedire il ratto di Proserpina. Stessa sorte avrebbe scelto volontariamente lo sposo Anapo, per rimanere unito alla sua amata.
Fino alla fine del XIX secolo il Ciane era effettivamente un affluente dell’Anapo come dimostra la cartografia dell’epoca. Motivi molto pratici e poco romantici hanno fatto sì che questa unione fosse interrotta e spostata un paio di chilometri più avanti, alla foce, quando l’area venne bonificata e dei canali furono realizzati per favorire il deflusso delle acque alluvionali. Tutto il circondario era infatti una grande palude divisa tra il Pantano Magno e le Lisimelie, oggi contrada Pantanelli.
La storia di queste contrade, un tempo malsane, racconta dell’assedio ateniese di Siracusa, nel 414 a.C., quando l’esercito nemico venne decimato dalla malaria. Gli acquitrini si rivelarono una difesa naturale talmente efficace che da questo versante la città non venne cinta da mura. Poco distante, sulle prime colline a sud, si trovano le rovine del tempio di Giove Olimpio un sito che nel ‘700 fu tappa di viaggiatori illustri del Grand Tour come il barone Von Riedesel e il pittore Jean Houel e di cui ancora rimangono visibili intere colonne.
Il mito e la storia hanno un denominatore comune, una natura tenace e caparbia, capace di resistere alle insidie del tempo e soprattutto dell’uomo. Il protagonista della Riserva è sicuramente il papiro, Cyperus papyrus il nome scientifico, originario della valle del Nilo. La sua presenza in Sicilia ha sempre incuriosito storici e botanici. Secondo le fonti più accreditate è giunto qui dall’Egitto nel III secolo a.C. come dono di Tolomeo Filadelfo II all’alleato Ierone II.
Non è una pianta qualsiasi se pensiamo che dal suo nome deriva il termine “carta” in molte lingue moderne, come l’inglese “paper”. La lavorazione della carta di papiro era importante già cinquemila anni fa e la sua produzione era sotto il diretto controllo degli stessi Faraoni. Al più nobile uso che ancora è possibile vedere dal vivo in qualche laboratorio in città, se ne affiancano altri che appartengono solo al passato anche se recente.
Dal papiro si costruivano ceste, calzature, corde e persino imbarcazioni. La base del fusto veniva consumata come alimento e i fedeli adornavano altarini votivi con l’apice cespuglioso, che in dialetto veniva chiamato “parrucca”. Disseminati lungo le sponde del fiume, un tempo navigabile fino alle sorgenti, come austeri guardiani, vegetano sontuosi i salici e i frassini secolari dai tronchi possenti, quasi a protezione dei fragili papiri che danzano all’unisono al primo alito di vento. Una serie di ponti pedonali, detti i ponticelli cinesi, permette all’osservatore un punto di vista diverso.
Alla destra della foce, parallele alla costa, si trovano le Antiche Saline di Siracusa, aree umide sopravvissute alle bonifiche. Impagabile la vista sulla città e sul porto. La coltivazione del sale è oramai un’attività abbandonata da decenni, ma oggi nelle “casedde” delle saline nell’arco dell’anno transitano, stazionano o nidificano oltre 200 specie diverse di volatili. La presenza più importante è quella del Pollo sultano, scomparsa in Sicilia a metà del secolo scorso e reintrodotta nei primi anni 2000.
È certa la sua nidificazione all’interno dell’area protetta. Fiume Ciane e Saline, praticamente due Riserve in una, un altro importante sito dove si tenta di custodire, con alterni successi e fallimenti, la più grande ricchezza che la natura ha regalato alla Sicilia, la varietà dei suoi ambienti e la biodiversità degli abitanti che la popolano, piante o animali che siano.
La conclusione ideale di una giornata al Ciane è la visita al Museo del Papiro “Corrado Basile”. Il frutto del lavoro paziente di ricerca e raccolta di materiali preziosi che un appassionato studioso ha lasciato alla sua città. Si trova a Ortigia, proprio come la fonte Aretusa, dove questo breve viaggio è iniziato.
Come arrivare
Ingresso principale della Riserva: dalla SP 14 si imbocca la SP 3 e si seguono le indicazioni per Fonte Ciane. Ingresso per le Saline: SS 115 Siracusa Cassibile, l’ingresso è dopo il ponte sui fiumi Anapo e Ciane.
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