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C'è chi "sgama" e chi si "ammucca": il siciliano ha un (suo) vademecum sull'amore

Il siciliano ha una sorta di "fenomenologia" dell'amore: una complessa articolazione delle relazioni e di come queste possano evolversi (con dovuti rituali) nel tempo

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 29 giugno 2024

Una celebre scena del film "Johnny Stecchino"

Giorni fa, alla visione di una coppietta, mi è tornata in mente una citazione di Bukowski, il mio autore preferito, che usavo spesso da picciuttieddu quando volevo fare colpo si una ragazza facendo l’allittrato. «Mi sentivo male, mi sentivo triste, inutile. Ero innamorato di lei».

Non è che queste "romanticazzerie" facciano parte della mia persona, anzi direi proprio il contrario, scafazzato ero, sono e rimarrò a futura memoria penso, ma quella coppietta ha fatto riaffiorare in me la considerazione che l’innamoramento possa far diventare un uomo (ma anche donna) una perfetta cosa inutile, a partire da nicarieddi, quando si faceva quel triste foglietto con su scritto «Ti vuoi mettere con me: SI-NO» corredato da apposita casella da barrare, passando ai tumulti giovanili-adolescenziali e finire al raggiungimento di quella che dovrebbe essere la maturità.

Da routinario utilizzatore di metropolitana, alla mia solita fermata vedo sempre la stessa giovane coppietta scambiarsi vasate nella ferrea convinzione che il loro sia il più puro ed eterno degli amori.
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D’altronde alla loro età, tutti, me compreso, non siamo stati molto diversi, d’altronde la minchionaggine segue la stessa regola fisica dell’energia, per la quale non si crea, non si distrugge, ma si trasforma di continuo evolvendosi in altra tipologia di minchionaggine.

Così, alcuni giorni fa, alla mia solita fermata e al mio solito orario, era presente la “mia” solita coppietta, ma stavolta non impegnata in una delle loro solite passionali sucalore, ma in una vistosa sciarratina dovuta, pare, al fatto che lui non aveva intenzione di "ufficializzare" il fidanzamento.

Prima che mi si apprisintano i carabinieri posto casa, non è che me ne vado in giro a mummiare coppiette, ma vuoi o non vuoi, avendoli a pochi metri ca si lassanu ire ra bella, li noti.

In ogni caso quella sciarratina, che a momenti finiva a cuteddate, mi ha fatto fare uno dei mie soliti voli pindarici transoceanici, portandomi a pensare alla complessa articolazione delle relazioni amorose nella nostra terra sicula, e su come siano cambiate e/o evolute, mentre altre resistano invariate al passare del tempo.

Lo sgamo, ovvero sia il principio di tutto, la scintilla, l’Alfa, il Bing-Bang della potenziale relazione amorosa. Il termine dovrebbe provenire dal latino “exsquamare”, ovvero sguscicare, togliere dall’involucro, che in Sicilia, riguardo le questioni amorose, si intende come il portare allo scoperto la possibile attrazione.

Dicendola scatò, u sgamu altro non è quando una persona ci piace talmente tanto i niesciri fuoddi: a tipo t’acchiano in capo, una vera e propria lampiata di prima amorosa, chiaramente ricambiata.
Proprio per queste intense sensazioni che suscita, lo sgamo può essere inteso anche come una passionale e disinibita avventura.

L’ammuccamento è un po’ un prosieguo dello sgamo. Una conseguenza. Se con il primo i protagonisti sono le passioni intense, l’ammuccamento si riferisce a un qualcosa di prettamente materiale.

Difatti, ammuccare, verrebbe dal latino “ad bucam”, con il quale si intende il gesto di portare il cibo alla bocca, ingoiare, motivo per cui viene usato anche per identificare qualcuno che più o meno lecitamente ha ottenuto un benefico, «Pirciò, t’ammucasti i piccioli e mancu inviti?» o chi essendo babbasune crede un po’ a tutto: «Minchia si pruprio un fissa! T’ammucchi tutto!».

In ambito amoroso viene inteso come un prendere, nutrirsi, dei piaceri che lo sgamo provoca, oltre, magari ad un ovvio riferimento a baci particolarmente profondi.

L’ammuccamento ha anche un "cugino", che più spesso indica i preliminare all’atto sessuale vero e proprio.

Schiniu e schiniare, con i quali si intendono tutto l’insieme di quel delicato processo di sucalore, palpatine e strusciamenti che viene comunemente chiamato petting, la cui origine potrebbe derivare dall’ inglese “skin to skin”, letteralmente “pelle a pelle”.

L’incocciamento, capite bene che quando dallo schinio si passa all’ammuccamento, l’ottundimento dei sensi porta al compimento di inevitabili minchiate, che prevedono la creazione, spesso accidentale, di una terza forma di vita. A onor del vero, oggi come oggi, con tutti i metodi contraccettivi che ci sono il problema non dovrebbe esistere più, ma c’est la vie.

La maliziosità che contraddistingue i siciliani ci suggerisce che il termine possa derivare da “coccia”, che era una sorta di borchia, sulle antiche pistole a pietra focaia, in cui era fissato il perno che provocava la scintilla ed esplosione che faceva partire il proiettile.
Direi che il sillogismo è palese e non necessita di altre spiegazioni.

Lo zitamento, avviene nel caso in cui lo schinio e/o ammuccamento si protraggono per un congruo lasso di tempo. Picciotti niente fissarie che u zitamento, in Sicilia, è questione seria, una vera e propria legittimazione del rapporto.
Stato sociale, il più delle volte richiesto e preteso dalla controparte femminile, il termine potrebbe derivare da “n’zitare”, ovvero l’atto dell’ innesto tra alberi da frutto.

Tuttavia, potrebbe anche derivare da “zitze” termine germanico che indica il fanciullo o fanciulla non ancora avvezzi ai piaceri della carne.

Lo zitamento può essere semplice, o assumere connotazioni più complesse con rituali imprescindibili.

Parte tutto dalla “liccata”, ovvero u masculazzu cacciatore, dopo aver “designato” la preda, tutto bello allicchittato comincia a farsi le vasche, “leccare” la strada ove abita la gentil donzella, accompagnato spesso dallo sfottò degli amici.

Dopo adeguato lasso di tempo arriva il “permesso” di procedere all’ “acchianata”, ovvero potenziale zito e genitori si recano in casa di lei per le opportune presentazioni, il tutto condito da come state, che bel picciotto, ma che bella picciotta e altra smancerie di sto tipo.
Tavolta occorre avvalersi del “paraninfu”, spesso impersonato da amico in comune, che si incarica di fare da messaggero tra i due nuclei familiari.

Se le presentazioni vanno per il meglio si procede alle festa di fidanzamento con fedine, regali e distribuzione di confetti verdi in speranza (ca t’arriesta in capu a panza) che tutto vada per il meglio.

Il focu ranni, ovvero quando l’ardore, la passione e il desiderio ti fanno scatafottere u cerevieddu, eliminando la logica, e convincendoti che si possa campare di sola aria ed amore. Stadio amoroso ove vengono fatte, spessissimo, le più solenni minchiate e da cui derivano immensi pentimenti!

L’annacamento, derivante dal germanico “anhanger” che sta ad indicare una sorta di culla da petto in cui far dondolare i pargoli, e risulta esser sinonimo di perder tempo.

Se lo zitamento ti prolunga oltre il “buon senso”, accade che la parte genitoriale di uno dei due, o entrambe se ne escano con «Comu finiu? Ancora v’annacate?», sottointendendo che sarebbe ora di elevare lo status di relazione.

A sto punto, la reazione solita dei due è di lasciar cadere il discorso o dare motivazioni che che scricchiano sullo specchio, ma una volta soli, uno dei due ziti (più spesso la parte femminile) se ne escono con: «Effettivamente ancora n’amu annacari? O ni spusamu o ni lassamu!», rendendo la discussione infinita.

L’acqua ravanzi e u vientu d’arrieri, spesso usato con il rafforzarivo “e sapuni sutta i scarpe”, questa affermazione viene usata quando, in caso di lassatina, uno dei due non si rassegna, stalkerizzando l’altro.

A tal punto gli si augura allora che il vento lo “sospinga verso il mare, ove impegnato/a a non affogare non potrà più importunare". Il sapone sotto le scarpe dovrebbe agevolare la transizione verso l’acqua.

La fujtina, ormai quasi scomparsa, dovrebbe la sue origine al latino fugere. Anticamente era parecchio praticata dalle coppie quando vi era contrarietà genitoriale all’ unione. I due piccioncini, nottetempo, fuggivano per poi essere ospitati da un amico o parente, che normalmente avrebbe avuto il ruolo di paraninfu, per poi riapparire 3 giorni dopo, quando ormai u danno era fatto e quindi i giovani s’avianu a maritari pa supicchia.

A volte la fujtina era “incoraggiata” dai genitori, che con questa scusa organizzavano il matrimonio in fretta e furia con notevole sparagno di piccioli.

Il maritaggio, "Auguri e figli masculi" (ma anche femmine o LGBTQ+), gioia e tripudio, il tutto ha la giusta conclusione. Il matrimonio può essere spontaneo e voluto con schiticchio, lo zio Giovannino che alla terza bottiglia di vino si tuffa in piscina vestito e il padre della sposa che avvisa il neo-marito che se per caso torce un capello alla sua picciridda ave a scupietta sempre carica, oppure può essere obbligato e riparatorio, nel caso in cui l’ onore e la rispettabilità siano compromessi.

Purtroppamente, nel passato oscuro delle usanze siciliane vi era anche il rapimento della donna, contro il suo consenso, da parte dell’uomo, per comprometterla e quindi obbligarla a sposarsi con lui.

Usanza barbara e vergognosa alla quale ebbe il coraggio, per prima, di ribellarsi Franca Viola, denunciando il suo rapitore e sfidando così il torbido e gretto pensiero comune.

Si chiuse co la fanghitudine, ovvero il consumacasate, ovverosia chi, impunemente e coscientemente, non si fa scrupoli a circuire e pigghiare pi fissa il gentil sesso per il proprio sollazzo e tornaconto personale.

Malaminnitta della peggiore specie, il consumacasate passa il suo tempo ad autoelogiasi, e raccontare agli altri trogloditi della sua tribù le avventure amorose, entrando approfonditamente nel dettaglio.

Il consumacasate persiste nel suo modo di fare fino a quando non prende quella sbagliata il cui amico/fratello/padre/, o tutti e tre assieme a tipo "Santissima Trinità", non gli sgangano le prime, seconde e terze paia di corna.
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