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Leonardo, genio e visione in terra marchigiana

  • 14 novembre 2005

In riva all’Adriatico, alla Mole Vanvitelliana (nota anche come Lazzaretto), bellissima costruzione pentagonale collegata da ponti alle banchine del porto di Ancona, dalla metà del mese scorso sono esposte in anteprima mondiale quattro opere di Leonardo e della sua Scuola. L’occasione è importante per arricchire la conoscenza sull’attività pittorica del Maestro da Vinci, da sempre contraddistinta da scarsità di produzione e da difficoltà di attribuzione (com’è noto, poi, la passione di Leonardo per la sperimentazione di sempre nuove tecniche e colori ha nuociuto fortemente alla conservazione dei suoi lavori). Così, eccezionalmente riuniti in questa mostra (visitabile fino all’8 gennaio, orari feriali 15-20, sab.e dom. 9/13 e 15/20, biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro) curata da Carlo Pedretti (titolare della cattedra in studi leonardiani presso la UCLA di Los Angeles) e Giovanni Morello, e promossa dalla Regione Marche in collaborazione con il Ministero per i Beni Culturali, troviamo: il ritratto di una inconsueta ed incantevole “Maria Maddalena” di Leonardo e Giampietrino, un’altra “Maria Maddalena” dai lunghi e fluenti capelli come una cascata d’acqua, opera rappresentativa del Giampietrino, un “San Giovanni Battista”, versione di Scuola del San Giovanni conservato al Louvre e “I Tre Santi Bambini” di Bernardino De’ Conti, opera di grande suggestione, proveniente dalla Lieve & J. M. Guttmann Collection di New York, che affronta il tema, inusuale e di indirizzo gnostico, di Gesù e del suo doppio.

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A queste si affiancano altre due opere mai esposte in Italia: la “Santa Caterina d’Alessandria” del Giampietrino dall’iconografia insolita, se non addirittura unica, poiché la Santa appare nell’atteggiamento dolce e seducente di una cortigiana a seno nudo e la “Madonna dei fusi” di Cesare da Sesto, realizzata dall’allievo sotto diretta supervisione di Leonardo, con il Bambino nell'atto di osservare il fuso sottratto alla madre, come a riconoscervi il simbolo del suo futuro sacrificio. Accanto agli inediti, opere straordinarie come una “Vergine delle Rocce”, terza versione leonardesca conosciuta del dipinto (oltre a quelle del Louvre e della National Gallery di Londra), facente parte di una collezione privata svizzera, e già parte della collezione parigina Chéramy, la “Monna Vanna” (Joconde Nue Mackenzie) del milanese Gian Giacomo Caprotti detto il Salai, anch’essa appartenente ad una collezione privata svizzera, ed infine la “Madonna del Latte” del Giampietrino conservata al Musée des lettres et manuscrits di Parigi. Il progetto è anche l’occasione per approfondire alcuni temi della cultura delle Marche - regione dove sono nati maestri della pittura rinascimentale come Raffaello e dove hanno lavorato artisti come Piero della Francesca, Tiziano e Lorenzo Lotto - e dunque per ritrovare i segni della presenza di Leonardo ad Urbino nel 1502 al seguito di Cesare Borgia, del suo soggiorno a Pesaro per gli studi sulla sistemazione della rocca Costanza, dell’elaborazione di progetti di scavatrici e le note di pittura (paesaggio e figura umana) scritte a Urbino.

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