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Burri e Antonello da Messina alle Scuderie del Quirinale

  • 16 dicembre 2005

La materia, non più veicolo per la forma, ma forma essa stessa dell’opera d’arte, è il tema conduttore della mostra "Burri. Gli artisti e la materia 1945-2004", in corso fino al 16 febbraio alle Scuderie del Quirinale di Roma, realizzata nel decimo anniversario della morte del maestro di Città di Castello. I curatori, Maurizio Calvesi e Italo Tomassoni, pongono l’opera di Alberto Burri al centro della radicale trasformazione della cultura figurativa europea, avvenuta a partire dagli anni Cinquanta, compiendo un lungo percorso cronologico che prende avvio dall’esperienza del versante materico dell’Informale, per giungere, attraverso citazioni dal Nouveau Realisme e dall’Arte Povera (solo per fare due esempi), all’ultima produzione di Damien Hirst e Anselm Kiefer.

La prima parte dell’esposizione, ospitata al primo piano del complesso, è dedicata ad artisti che contemporaneamente ad Alberto Burri, anche se con differenti approcci, hanno operato nella direzione di un profondo rinnovamento della pittura tradizionale. Sin dalla prima sala, un’opera del ciclo più famoso di Burri, "Grande sacco", del 1952, è messa a confronto con le dense e viscerali masse di sabbia e colore di Jean Fautrier, con i graffiti naif di Dubuffet, gli impasti terrosi di Tàpies ed i concetti spaziali di Fontana (dalla serie dei "Buchi"), introducendo il visitatore al clima della ricerca europea degli anni Cinquanta. Senza soluzione di continuità, in un dialogo serrato ed avvincente, lungo il resto del percorso espositivo, un rappresentativo numero di sacchi, legni, ferri, plastiche, combustioni, cretti e cellotex del maestro umbro sono giustapposti ai graffiti di Cy Twombly, ai dipinti dal forte gesto espressivo di Franz Kline, ad un collage di Conrad Marca–Relli, ai geometrismi di Ben Nicholson e alle macchie di colore di Afro, riproponendo con forza le enormi capacità espressive e formali della nuda materia, utilizzata e immortalata nei processi di trasformazione imposti dall’artista.

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Mentre questa prima parte della mostra è certamente esaustiva e ben leggibile, la maglia del discorso critico si sfalda nella seconda in una costellazione poco organica di citazioni, spesso singole, dall’opera di grandi maestri che, più o meno influenzati dall’opera di Burri, hanno determinato in modo significativo il cammino della storia dell’arte attraverso l’utilizzo dei materiali e delle materie più disparate. Dalle foglie d’alloro dell’installazione ambiental-olfattiva di Penone al carbone dei sacchi di Kounellis, dai violini infranti di Arman ai manifesti dei rari decollage di Rotella, dagli stracci di Pistoletto al Cementarmato di Uncini, il visitatore viene travolto da una grande quantità di stimoli estetici, ma stenta a crearsi un proprio percorso critico. Premesso, dunque, l’approccio divulgativo della mostra, in linea con la filosofia delle Scuderie, essa appare comunque, in questa seconda parte, penalizzata dall’intervallo temporale troppo lungo preso in esame. Da notare, infine, che, nel solco della teoria di Calvesi per la quale Rauschenberg abbia tratto ispirazione per i suoi "combine paintings" dall’opera di Burri, non poteva mancare una sala dedicata ai maestri della Pop art americana.

Conclusasi questa mostra, dal 18 marzo al 25 giugno 2006 gli stessi locali ospiteranno un altro grande evento espositivo che mira a riunire per la prima volta tutte, o quasi, le opere di Antonello da Messina. A distanza di molti anni dall’ultima mostra monografica sul nostro Antonello e alla luce dei progressi compiuti negli studi e nelle interpretazioni critiche, Mauro Lucco, docente di Storia dell’arte all’Università di Bologna, curerà un evento per il quale anche l’Annunciazione di Palazzo Abatellis prenderà il largo verso la capitale.

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