STORIE
Anche i bastoni hanno un'anima: Damiano, il tesoro umano vivente delle Madonie
Damiano è un insegnante di sostegno di origine madonita che, per passione, intaglia il legno realizzando bastoni che sono delle vere e proprie opere d’arte
Damiano Sabatino
Uno di questi custodi fuori dal comune è Damiano Sabatino, insegnante di sostegno madonita che per passione intaglia il legno realizzando bastoni che sono delle vere e proprie opere d’arte.
Un interesse che probabilmente nasce quando era piccolo, senza neanche saperlo, perché in fondo «dentro di noi è già scritto quello che siamo fin da bambini».
A soli 8 anni, infatti, dopo una gita scolastica allo “Stazzuna” (fabbrica d’argilla), rimane estasiato nel vedere le sue dita impresse nell’argilla e nello scoprire di poter modellare la materia a suo piacimento: tornando a casa, grazie a un mattone crudo regalatogli quel giorno, si mette «a camurriare cu stu coso» e, con grande meraviglia di uno dei suoi insegnanti, realizza un busto di Garibaldi.
Dopo una laurea in Architettura e vari progetti in giro per la Sicilia, alla soglia dei quarant’anni si trova costretto a trasferirsi nell’alto Varesotto alla ricerca di una cattedra, lontano dalla moglie e dalla figlia nata pochi anni prima. Ed è lì che il suo talento prende corpo.
Per riempire il vuoto dei fine settimana e quello lasciato dal non lavorare più come architetto, inizia a ispirarsi all’antica abitudine dei pastori di un tempo di intagliare il legno per rendere meno lunghe le giornate dedicate al pascolo, cominciando a provare, studiare e ricercare.
È proprio vero che la solitudine, a volte, può portare a forme straordinarie d’arte. E così è stato per Damiano che, nel giro di poco tempo, unisce i consigli dei pastori alle competenze acquisite nel corso dei suoi studi universitari, dando vita a dei bastoni che non sono soltanto degli oggetti esteticamente belli ma dei manufatti con un’anima, ormai apprezzati in tutto il mondo.
«Lo sai cosa significa creare forma dal caos?», dice con una voce entusiasta quando gli chiedo cosa prova quando intaglia. Un’emozione che gli dà energia, che gli permette di scaricare le tensioni e di dare immagine ai suoi ricordi.
Già, perché nei suoi bastoni c’è la sua stessa vita: dalla chitarra rotta, che sta indicare il rimpianto di non essere diventato musicista per colpa di un insegnante che non lo ha incoraggiato, alla mano chiusa che tiene i capperi, memoria di una grotta con graffiti visitata a Levanzo durante un giro in barca.
Il tutto utilizzando una materia prima, il legno, che raccoglie rigorosamente «d’inverno, in stasi vegetativa e durante la fase di luna calante», per lavorarlo meglio. Sono le essenze dure come il sorbo quelle che preferisce, perché con quelle «si possono fare “diavolerie”, si può scendere in dettagli e particolari altrimenti impossibili».
Diavolerie che realizza a casa, in terrazzo, in cucina, dove e quando può. Perché la passione è tale che, anche al telefono, di sottofondo, si sentono le sue mani all’opera con coltello e sgorbietta.
Il 26 giugno 2014 per lui è una data da ricordare: ha guadagnato un posto nel registro dei Tesori Umani Viventi dell’Unesco. Un riconoscimento che ricorda ancora oggi con un’emozione tale da fargli tremare la voce, che gli dà «l’energia e la motivazione per continuare» a creare capolavori da semplici pezzi di legno.
Quello che insegna ai suoi studenti, d’altronde, è che «il bello non dipende dalla materia, ma dalla lavorazione che l’uomo ne fa e dal messaggio che comunica». E quello che Damiano realizza non è bello: è decisamente molto di più.
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