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"Amunì ai bagni Virzì", ed era subito felicità: la città di Palermo e i suoi Bagni di mare
I cosiddetti Bagni di mare nella seconda metà dell'800 furono un fenomeno alternativo alla villeggiatura nelle ville di campagna
Famiglia ai Bagni Virzì di Romagnolo (foto dall'archivio di A. Prestigiacomo)
I Bagni di mare erano degli stabilimenti balneari frequentati dai cittadini palermitani già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Mimmo Cuticchio, celebre contastorie e puparo palermitano, ricorda, in un libro scritto assieme alla nota scrittrice Simonetta Agnello Hornby, quando “il mare era di tutti”, che «Poco oltre la stazione c’era la spiaggia più amata dai palermitani.
Mondello a quell’epoca era ancora un borgo marinaro frequentato solo dai pescatori e da una piccola élite che usufruiva dell’elegante stabilimento liberty gestito dalla società italo-belga.
I bagni di mare nel secondo Ottocento sono un fenomeno alternativo alla villeggiatura estiva nelle ville di campagna che Palermo aveva imparato nel corso del Settecento. Alla noia delle estati campestri, si cominciò a preferire la mondanità dei centri di ritrovo cittadini, ragion per cui la media borghesia si avvicinerà al “divertimento sfrenato” delle estati balneari.
In realtà alle origini tutto appariva come in un quadro di Seurat, molto imbalsamato: i costumi da bagno annullavano le forme, i corpi non apparivano sexy come oggi, le donne addirittura consideravano “peccaminoso” farsi osservare mentre facevano il bagno.
Le prime strutture degli stabilimenti balneari erano rappresentate da palafitte di legno sul mare. Vi erano delle cabine dove potersi cambiare, piscine al chiuso con acqua iodata, si potevano praticare sport acquatici come la canoa, il nuoto, si organizzavano feste e balli di gruppo. La società si stava trasformando, si subiva il fascino della Belle Époque e il Novecento era alle porte.
Dal libro La villa dei mostri (1888-1927) di Ruggero D’Alessandro ricavo che «Lo stabilimento Trieste-Virzì di Romagnolo venne fondato nel 1896 da Antonino Virzì che lo gestì per diversi anni: fino al subentrare del figlio Francesco Paolo, che a sua volta, negli anni Trenta, cedette il posto ai nipoti. Pochi mesi prima dell’entrata in guerra le strutture vennero aggiornate in muratura lungo l’arenile.
Due grandi terrazze furono aggiunte nel 1939/40: una all’ingresso dello stabilimento balneare, l’altra posta sopra alcune cabine con affaccio diretto sul mare. […] Quando ci si decideva ad avventurarsi fino alle porte della quasi mitica “metropoli”, ovvero sul litorale dopo Ficarazzi, la tappa obbligata era la frazione palermitana di Romagnolo; farsi il bagno in quel paesino, fino agli anni Sessanta, voleva dire Bagni Virzì›».
È incredibile notare come in realtà Palermo, sino agli anni della Seconda guerra mondiale, avesse un “rapporto stretto” col mare.
Rosario La Duca, in un articolo del 1971 dice che «Si può ben dire che non c’era tratto della costa compresa tra le borgate di Romagnolo e dell’Acquasanta che non fosse utilizzato per i bagni di mare. Perfino nello specchio d’acqua antistante la passeggiata della Marina sorgevano alcuni stabilimenti».
A partire dal 1911 l’attenzione della media e alta borghesia per i lidi balneari si sposta verso il nord della città, sta per nascere in quel periodo la notorietà di “Mondello” come luogo balneare. Dopo l’avvenuta bonifica del sito l’alta società palermitana comincerà ad edificare ville Liberty, secondo il gusto dell’epoca, tra le più belle e sontuose della città che possiamo ammirare ancora oggi. In più è in itinere il progetto per lo stabilimento balneare, ideato qualche anno prima dall’Ingegnere Luigi Scaglia, ma poi “affidato” alla Tramways de Palermo.
Il progetto prevede nel complesso una zona residenziale, con un Grand Hotel, centinaia di villini, una cattedrale (mai realizzata) e uno stabilimento balneare collegato con la città attraverso una strada ferrata. Comincia così l’ascesa di Mondello sino a divenire negli anni “il mare dei palermitani” in barba alla storia.
La Costa Sud della città sarà frequentata dal ceto popolare e cadrà via via nel dimenticatoio fino a scomparire.
Riprendendo il ricordo di Mimmo Cuticchio se ne può capire anche il perché: «Con il passare degli anni la zona si è degradata: le abitazioni e gli scarichi abusivi, il proliferare senza controllo di alberghi, ristoranti e negozi hanno trasformato quest’arteria – che rappresenta l’ingresso a Palermo dal Continente – in una periferia trascurata e inospitale mortificando il rapporto della città con il mare».
Da diversi anni molte associazioni, interloquendo con il Comune, si battono per il recupero del tratto di mare della costa sud, e in particolare per il recupero del Fiume Oreto per il quale è stato approvato un finanziamento di oltre 5,6 milioni. Già in passato sono stati realizzati nella costa singoli interventi come ad esempio il recupero del porticciolo di Sant’Erasmo e dello Stand Florio. Adesso si attende la realizzazione della bonifica dell’intero tratto costiero attraverso una “Rinaturalizzazione” del posto per una migliore fruibilità da parte della popolazione cittadina.
Durante l’attesa, essendo ancora viva la memoria di buona parte della popolazione palermitana sul conto dei Bagni Virzì, trascrivo il ricordo di mia madre con l'intenzione da un lato di sollecitare i ricordi di chi ha vissuto gli stessi momenti e dall'altro di alimentare speranze concrete per la progettazione di un futuro dal cuore antico.
«Mio padre aveva libera solo la domenica. Lavorava al Capo, aveva un banco di frutta e verdura in società con il Signor Gioacchino, “u 'zu Iachinu”. Eravamo sei in famiglia. Mio padre Giovanni, mia madre Provvidenza (detta Enza) i miei fratelli Mario e Salvatore, io e mia sorella Angela. Abitavamo a Piazzetta Settangeli, alle spalle della cattedrale, e d'estate andare tutti insieme al mare non era una passeggiata e non avevamo un mezzo di trasporto privato. Capitava che qualche domenica prendevamo una macchina a “noleggio” per caricare tutto il necessario da portare al mare. Ricordo che fosse di solito una Fiat 600 blu scura. Dopo una serie infinita di dimenticanze e sali e scendi da casa, partivamo per i Bagni Virzì di Romagnolo.
Era uno stabilimento balneare per il ceto popolare, il costo del biglietto era accettabile, mentre i ricchi andavano a Mondello, almeno sino ai primi anni Sessanta. Mi ricordo la felicità quando si decideva di andare al mare perché avrei incontrato i miei cuginetti, a quei tempi erano gli unici bambini con cui poter giocare liberamente e senza gli occhi puntati addosso dai miei.
Allora c'era una forte sensibilità per lo “scandalo”. Indossavamo il costume da bagno all'interno di una cabina angusta con qualche chiodo come attaccapanni. Facevamo il bagno a ridosso della battigia, purtroppo ho imparato a nuotare che ero già grandicella e ovviamente i miei si spaventavano a lasciarmi da sola.
Ad ora di pranzo c'era la pasta al forno e da bere acqua, per noi piccoli, e vino per i grandi, mica come oggi aranciata e Coca Cola. Tra le cose che ricordo con più piacere c'era la “balera”, una pista da ballo. Ricordo che non vedevo l'ora di diventare grande come quelle ragazze che indossavano i primi bikini e, sedute s'una staccionata, aspettavano di essere invitate a ballare. Momenti semplici che sembrano lontani anni luce.
Quando fui più grande, tra i primi anni Settanta, dopo l'acquisto della loro prima auto, una Fiat 850 beige, i miei cominciarono ad abbandonare i Bagni Virzì in favore della spiaggia di Mondello.
Nel litorale di Romagnolo gli scarichi fognari imputridivano l'aria e l'acqua non era limpida come da altre parti della città, perdipiù oramai Mondello era divenuta meta estiva da parte di quasi tutta la popolazione palermitana, specie dei più giovani.
Non andai più ai Bagni Virzì, da sposata ho avuto la fortuna di avere il mare vicino casa, ma ho un ricordo molto piacevole di quelle domeniche, sebbene sparute, passate insieme alla mia famiglia in modo spensierato. Sì, i tempi dei Bagni Virzì per me erano spensierateza».
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