ITINERARI E LUOGHI
Ambiente vulcanico e "bracci" di mare blu: la più grande delle Eolie regala scorci unici
In Sicilia abbiamo l’isola dell’ossidiana, la spiaggia di pomice e quella dei capperi. Bracci di mare la separano da due molto vicine, le altre appena più lontane
Belvedere di Quattrocchi, Lipari
Ma racconto per intero: sabato 25 maggio con il gruppo "Camminare i Peloritani" mi sono imbarcato a Milazzo per raggiungere l'isola di Lipari per due giorni di escursioni.
Partiti con l’aliscafo alle 7.30, un’ora dopo siamo giunti al bel porticciolo di marina Lunga, una lingua di terra protesa verso il mare, una piazzola antistante, un anfiteatro di case.
Lasciati i bagagli nell’albergo che ci ha ospitati, abbiamo iniziato il nostro cammino percorrendo una strada rotabile tutta in salita che ci ha portati a circa 600 s.m. al punto panoramico di Quattrocchi dove è pure situato l’osservatorio di Geofisica per monitorare e prevenire eventuali terremoti o esplosioni vulcaniche.
Infatti quest’isola la più importante, vasta e popolosa (12.000 ab.) di tutto l’arcipelago delle Eolie che annoverano vulcani attivi ed emersi come lo Stromboli ed altri sottomarini come il Marsili.
Machiavelli diceva che per capire la pianura bisogna salire sulle montagne, infatti la vista dall’alto consente di vedere ad ampio raggio e aggiungerei io permette pure di cogliere degli scorci paesaggistici che rimarrebbero preclusi rimanendo sulla costa.
Dal punto panoramico dove siamo giunti scorgevamo una bellezza sconvolgente tale da calamitare la nostra attenzione e renderci immemori di qualsiasi altra cosa.
In primo luogo è un impareggiabile spettacolo vedere i bracci di mare fra isole vicine come Lipari, Vulcano e Salina. Il colore delle acque è di un blu più intenso e il mare è calmo e placido come un lago ma con ben altri colori.
Spingendo lo sguardo un po' più oltre affascinante era pure la vista dei tanti cunicoli, anfratti disegnati dal mare fra le scogliere, o le gallerie scavate ed attraversate. Vi erano pure agili e slanciati faraglioni emergenti dalle acque appuntiti come lame o sciabole.
La sera dopo avere cenato, abbiamo fatto una capatina in centro e ci siamo diretti alla magnifica cattedrale di San Bartolomeo edificata nel XVI secolo in stile barocco con la sua facciata di una scenografia imponente al culmine di una scalinata che a guardarla dal basso sembra slanciare verso il cielo l’edificio che è impreziosito da colonne ioniche e capitelli corinzi in stile neobarocco.
La facciata della chiesa ha i lembi in rilievo e si estende oltre l’edificio, essa fa pensare alla splendida rilegatura di un magnifico libro. Il secondo giorno portandoci a Monte S. Angelo abbiamo esplorato un’altra zona dell’isola per godere di altri panorami.
Così ci è pure capitato di spingerci a ridosso di ville e case private per vedere meglio.
Molte di loro espongono a scopo ornamentale dei grossi minerali di ossidiana che hanno lucentezza e compostezza vitrea e possono assomigliare a dei neri diamanti. In passato in epoca preistorica quando ancora non esistevano i metalli questo minerale era molto ricercato per fabbricare utensili da taglio ed alimentava proficui commerci.
Anche se i rapporti degli isolani con gli altri popoli non sempre sono stati pacifici ma furono costretti a difendersi da predoni e pirati. Tant’è che le madri e le spose recitavano questa invocazione: «Cielo nero, dura terra, dammi un figlio per la guerra».
Attualmente queste isole non sono più confino come durante il fascismo, ma sono invece invase da orde di turisti, fra cui pure noi che avidi di vedere cose belle, sbirciavamo anche al di là dei muri delle ville private come di solito lo si fa per bellezze di tutt’altro genere ma che non si finisce mai di apprezzare.
Superata la zona edificata per un lungo tratto abbiamo percorso un sentiero immerso in una fitta vegetazione di alte felci e anche in mezzo ai corbezzoli che inizialmente non li avevo riconosciuti perché di un verde più smagliante rispetto a quelli che sono abituato a vedere.
Su quest'Isola forse a causa della natura vulcanica dei suoli anche la vegetazione assume delle tinte più vivaci. Abbiamo visto fiori turchini di meravigliose piante grasse, o quelli gialli sgargianti dei tanti fichidindia in fioritura.
Nelle abitazioni private siepi di bouganville e magnifici gerani rossi. Non mi era invece mai capitato di vedere interi pendii o avvallamenti ricoperti dalla pallida artemisia pianta ignifuga in via di fioritura punteggiata da minuscoli puntini gialli.
Per un lungo tratto abbiamo camminato in uno stretto sentiero dove dovevamo procedere in fila indiana, sommersi dalla vegetazione e non vedevamo altro che le fronde sopra di noi, per cui fatte le dovute proporzioni potevamo considerarci come esploratori della foresta amazzonica.
In un tratto i cui per un diradamento delle fronde ho potuto vedere più oltre, ho ammirato un boschetto di corbezzoli di un verde smagliante e più in alto una candida parete tutta in verticale che per il suo candore poteva assomigliare a una celebrata falesia inglese nei pressi di Dover.
Ci siamo imbattuti in molte piante di capperi abbarbicati sui muri ma anche al livello del terreno, essi sono una prerogativa dell’isola e una delizia della sua gastronomia. Scendendo più a valle siamo giunti allo scoperto e non abbiamo nelle nostre osservazioni non adeguarci al refrain di una nota canzone di qualche anno fa: «Anche se qui tutto è magnifico».
Infatti avevamo gli splendidi colori delle ginestre e dei gerani ovunque presenti, oltre al consueto ma non per questo meno attraente vista del mare e le brune isole specchiantisi: la più piccola e pianeggiante Vulcano e la più estesa e montuosa Salina.
Vedevamo pure i caseggiati di Lipari centro e delle frazioni minori come Canneto ed anche alcuni hotel a picco sulla scogliera come il Carasco. Essi hanno tutti le facciate bianche. Incantevoli viste dall’alto le baie di Marina Lunga e Marina Corta con più in alto a strapiombo sul mare il bastione roccioso su cui sorge il castello.
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