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Addio a Rodo Santoro: Palermo piange l'architetto che riportò in auge il Festino

Morto all'età di 87 anni, architetto e scenografo, è ricordato soprattutto per aver "ricostruito" i primi carri dopo il 1624 e rilanciato il corteo trionfale per la Santuzza

Balarm
La redazione
  • 18 febbraio 2025

Rodo Santoro (foto da Facebook)

Architetto, storico, saggista, pittore, scenografo e scrittore: è impossibile racchiudere sotto una sola etichetta tutto il lavoro svolto dal poliedrico Rodo Santoro, morto ieri (lunedì 17 febbraio), all'età di 87 anni a Roma, città in cui viveva da diverso tempo.

Di origini greche, nato a Kos (Dodecaneso) nel 1938, ha vissuto e lavorato per molti anni a Palermo, dove tra le tante cose è ricordato soprattutto per aver riportato in auge nel 1974 la tradizione dei Carri trionfali e del corteo del Festino. Nell'edizione di quell'anno, Santoro in qualità di direttore artistico della manifestazione fece la prima ricostruzione di tutti i carri realizzati dopo il 1974, su disegno di Paolo Amato.

Ancora, si occupò del restauro della vara dell’Assunta e dei due Giganti di Messina, il carro votivo dedicato alla Madonna dell'Assunta.

Mentre come architetto, è ricordato soprattutto per il restauro di importanti castelli siciliani, tra cui quelli di Caccamo, Castelbuono, Acate e il Castello a Mare di Palermo.
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Come lo ricorda l'amico Ignazio Coppola: «In buona sostanza era una icona della cultura siciliana e palermitana. Lascia, con la sua perdita, un vuoto enorme in chi ha avuto il privilegio di frequentarlo e di conoscerlo. Quindi per dirla con Fromm alla luce del suo multiforme impegno nei diversi campi dell’arte e del sapere in cui Rodo Santoro si è cimentato con successo possiamo dire che sia morto avendo vissuto appieno la sua vita lasciandoci, di cui fare tesoro, appunto l’eredità del suo vissuto.

Ma Rodo Santoro - continua - non è stato solo un uomo di grande cultura e di grande sapere è stato un uomo dalle grandi doti umane lasciando profondamente il segno in chi come me lo ha conosciuto e apprezzato e lo porterà sempre nei miei ricordi e nel mio cuore. E per me oggi con la perdita del mio amico Rodo e che per molti è stato anche, come per me, un maestro di vita è stato come scendere una intera rampa di scale».

Ancora, scrive di lui Rosario Ribbene, giornalista e allievo di Rodo Santoro: «Anche questa volta sei riuscito a sorprendermi, non c'è che dire! Mannaggia a te, alle nostre chiacchierate infinite accompagnati dall'immancabile sigaro, a quella panchina in via Libertà da te ribattezzata "del pensionato". È ancora lì sai? Ma tu mi ci vedi lì seduto a fumare da solo e a parlare da solo? Non credo. Cosa sarebbe quel luogo senza di te? Cosa sarei senza di te? Chi sono ora? Sono qualcuno che ha ereditato parte del tuo bagaglio di relazioni, di cultura, ma soprattutto qualcuno che ha conosciuto un'altra persona capace di squarciare quell'inarrivabile velo tra noi e l'infinito mostrando la Bellezza del Creatore: in fondo questo è un artista, questo sei stato tu. E non ridere sotto i baffi anche adesso perché lo so che la tua monumentalità era straordinaria».
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