TRADIZIONI
"A pasta co niuru de sicci" a Catania: una bontà che profuma di amuri e sapuri
Ogni località sfoggia orgogliosamente i propri “cavalli di battaglia” nell’ambito gastronomico. Tanto per fare un esempio, ci soffermiamo su una specialità molto apprezzata nel capoluogo etneo
Trattasi di una tradizione che ha beneficiato dell’influsso di varie culture; basti pensare ai greci, agli arabi, ai normanni e agli spagnoli che hanno segnato il background storico di tutta l’isola. Perciò, in virtù di quanto appena detto, non susciterà particolare stupore classificare la cucina siciliana come la risultante di una varietà culturale che si è gradualmente consolidata nel territorio con le proprie comunanze e differenze.
Ciò spiega la ragione per la quale ogni località sfoggi orgogliosamente i propri “cavalli di battaglia” nell’ambito gastronomico. Tanto per fare un esempio, mi soffermerò su una specialità molto apprezzata nel capoluogo etneo. Molti di voi, sicuramente, avranno sentito parlare della famosissima e gustosissima pasta al nero di seppia. Un piatto che sicuramente non risulta estraneo alle orecchie di qualunque siciliano amante del pesce.
Proprio a lui, per chi non ne fosse a conoscenza, si deve una gradevole testimonianza sulla pasta “co niuru de sicci”. Sappiamo, a tal proposito, che il discorso venne fuori quando Tuccio, su richiesta dell’Etna Wine News, spedì la ricetta per preparare questo piatto. In quell’occasione, dunque, l’attore ne spiegò le origini affermando che tale delizia risente del profondo legame tra la vita quotidiana degli abitanti etnei e il Vulcano. Ecco qui di seguito alcuni esempi classici: “ Oltre o niuru da lava, c’è a fila da posta ca ti fa scurari u cori, quindi viri tuttu niuru”. “Quannu u maritu tonna a casa, ca mugghieri sa viri niura”.
Tanto per farla breve, il concetto dominante è che i catanesi “virunu tuttu niuru” e, quindi, “a pasta co niuru” ci sta sempre e comunque. Scherzi a parte, non si è ancora del tutto certi se la pasta al nero di seppia affondi le proprie radici a Catania oppure altrove; non a caso, sia messinesi che siracusani ne rivendicano la “paternità” in termini di ricetta e modalità di preparazione. Di converso, anche i “catanisi" si buttano nella mischia per attribuirsi il merito della nobile invenzione.
In ogni caso, passando ad altro argomento, credo sia arrivato il momento di soffermarci sui vari step da seguire per cucinarla in modo impeccabile.
Prima di tutto, bisogna svuotare e lavare bene le seppie; in seconda battuta, si procede col tagliarle a pezzetti lasciandole asciugare per qualche minuto.
Di fondamentale importanza, inoltre, è raccogliere il nero di seppia all’interno di un bicchiere che servirà a condire il piatto a metà cottura. Nel frattempo, è bene non dimenticarsi di soffriggere la cipolla con olio d’oliva e introdurre le seppie nella stessa padella aspettando che cuociano a fuoco lento per circa dieci minuti.
A seguire, si aggiunge il concentrato di pomodoro e il bicchierino di nero. In ultimo, non resta altro che farle cuocere fino a quando non diventano morbide. Al termine di tutti i passaggi indicati, come si suol dire a Catania, “calatici a pasta, cunzatila co pecorino e arricriativi”.
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