STORIA E TRADIZIONI
A Maschira, un rito in Sicilia che si ripete da 500 anni: com'è il costume degli "Scacciuna"
Una maschera simbolo di audacia e coraggio. Le sue origini sono antichissime e ci ricordano un evento leggendario nei giorni che si celebra nel periodo di Carnevale
La sfilata degli "scacciuni" a Cattafi
Così recita la strofa di una canzone del noto gruppo dei Malanova, ispirata da una storia che ha il sapore antico di cavalieri e d'armi che diventano leggenda dei miti siciliani, ardito coraggio che di trasforma in festa di tradizione.
Carnevale bussa alle porte e i preparativi in Sicilia sono in fermento, tra maschere e personaggi che si innalzano su carri satirici della realtà contemporanea, sfilate ed eventi tradizionali dove riemergono allegorie che risalgono a storie misteriose e affascinanti.
In effetti a questa festività sono legate usanze e riti molto antichi trasfigurati in alcuni satiri che sono diventati personaggi, che traggono origini da avvenimenti che hanno un legame con il passato. Queste maschere, se così possiamo definirle, hanno reali origini nel passato e sono un importante strumento per scoprire la nostra cultura.
Le cronache raccontano che era un iniziale casale e sede di un monastero basiliano fondato dal Conte Ruggero verso la fine del secolo XI del quale non resta più traccia.
Qui sopravvive una delle tradizioni carnevalesche del folclore siciliano, dove la maschera è simbolo di audacia e coraggio: U Scacciuni.
Nasce da una vicenda che risale a qualche secolo fa e precisamente nel 1544. La storia raccontata che i turchi guidati da Hjerdiss Barbarossa, arrivarono a San Filippo del Mela sul monte Makkarrùna, dove sulla cima sorgeva la città di Santa Lucia del Mela.
Ma sulla via dell’antica strada Cucugghiàta, un gruppo di contadini di Cattafi, "armati" solo degli attrezzi di lavoro, riuscirono a cacciarli indietro, costringendoli a scappare.
Ad aiutare i coraggiosi contadini fu il barone Balsamo di Cattafi con alcuni dei suoi soldati a cavallo, in uno scontro che si concluse con la vittoria dei Cattafesi, che riuscirono a scacciare gli invasori turchi. E fu così che sembra si sia diffuso il sinonimo di scacciuni ovvero e uguale a coraggioso, valoroso.
Per celebrare l'episodio gli "Scacciuna" avrebbero fatto le loro prime apparizioni durante le feste di paese con un costume molto particolare il cui pezzo più importante e distintivo è un curioso lunghissimo cappello a di cono, addirittura alto più di un metro di tessuto arricchito con pietre preziose e sulla sommità lunghi nastri colorati. Il vestito era composto da una sorta di gonnella con sotto un pantalone sopra il ginocchio, una camicia bianca con nastri multicolore, lunghe calze e guanti bianchi.
Successivamente tra le mani dello Scacciùni apparve un arnese che si chiama "U nèrbu di vitèddu", e possiamo intuire a cosa servisse. Una tradizione racconta che i "capibastuni" indossavano il costume sembra anche per accompagnare all’altare le giovane spose, in segno di "protezione" e difendere le ragazze cattafesi in età da marito che potevano diventare mogli solo con i compaesani.
Un’altra versione, proprio opposta, li vedrebbe come garanti dei giovani forestieri che arrivavano in cerca di ragazze da sposare. Fece così la sua comparsa.
Ad oggi nel giorno del Carnevale Cattafese, questa figura unica davvero unica e caratteristica nel suo genere, appare dal passato e sfila per le strade del paese e il suo costume diventa l’elemento più attraente e importante della festa dai nei primi del Novecento, evidenziando una identità storica ma anche una importanza della tradizione degli usi e dei costumi, storica e rievocativa di valore socio antropologico.
Nei giorni di carnevale gli scacciùni rievocao la cacciata dei Saraceni con una rappresentazione che ha ormai oltre 500 anni: “A Maschira“!
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