TRADIZIONI
Se vai a Catania li chiamano Taddi: la pasta (estiva) con le foglie del "serpente di Sicilia"
Un primo piatto decantato da Camilleri che non può mancare sulle tavole dei catanesi. La sua storia appassiona gli amanti della tradizione e della buona cucina
La pasta con i tenerumi (via di mezzo tra una zuppa e un primo piatto di pasta con zucchina lunga siciliana e foglie)
Quest’ultimo appellativo, non a caso, trae origine dalla forma ricurva e "serpentina" che la caratterizza, di colore verde, la sua lunghezza può raggiungere anche più di un metro.
Inoltre, secondo quanto tramandato dalle fonti storiche, le prime tracce di questa specie risalgono al 7000 a.C. circa. Addirittura, pare che fu ampiamente coltivata dai Fenici e particolarmente utilizzata in Africa per la realizzazione di strumenti musicali.
Premesso ciò, adesso concentriamoci sul rapporto che lega questo alimento alla nostra isola. Storicamente parlando, esso affonda le proprie radici nella cultura contadina siciliana.
Dunque, spesso e volentieri le cosiddette “foglie di cucuzza" erano un valido rimedio per aumentare le riserve di verdura fresca. Chiarito anche questo aspetto, focalizziamoci sull’importanza che rivestono nel contesto culinario del capoluogo etneo.
Come molti sapranno già, i tenerumi sono parte integrante del background gastronomico di Catania. Prova ne sia, appunto, la rinomata "pasta con i taddi".
Tipico piatto estivo, la modalità di preparazione è altrettanto semplice. Ecco, pertanto, qui di seguito una delle ricette più comuni per cucinarla a dovere: gli ingredienti di cui è necessario disporre sono due mazzi di tenerumi, pepato fresco grattugiato, aglio, pomodori freschi, olio e sale.
Il primo passaggio consiste nell’introdurre uno spicchio d’aglio in una casseruola, bagnandola con un filo d’olio. A seguire si inseriscono le foglie delle zucchine ben asciutte, lasciandole cuocere per qualche minuto. Subito dopo, si prosegue aggiungendo una discreta dose di sale e un buon quantitativo di pomodori freschi.
Eseguito pure quest’altro passaggio, occorre versare un bicchiere d’acqua nel tegame per far sì che gli alimenti non aderiscano tra loro. Dopodiché, bisogna solo attendere che i taddi si ammorbidiscano. In appresso, si inumidisce il contenuto con altri due bicchieri d’acqua e si prosegue con il preparare la pasta.
È prassi alquanto comune cucinarla con gli spaghetti; solitamente vengono sminuzzati in piccole parti e buttati giù nella pentola. Una volta raggiunto il giusto grado di cottura, non resta altro che insaporire questa leccornia con abbondanti scaglie di pepato fresco.
La bontà di tale delizia culinaria, per chi non lo sapesse, è persino decantata dal noto scrittore Andrea Camilleri in un passo del suo romanzo intitolato Il cane di terracotta: "Il tinnirume, foglie e cime di cuccuzzeddra siciliana, quella lunga, liscia, di un bianco appena allordato di verde, era stato cotto a puntino, era diventato di una tenerezza, di una delicatezza che Montalbano trovò addirittura struggente.
Ad ogni boccone, sentiva che il suo stomaco si puliziava, diventava specchiato come aveva visto fare a certi fachiri in televisione. “Come lo trova?” spiò la signora Angelina. “Leggiadro” disse Montalbano. E alla sorpresa dei due vecchi arrossì, si spiegò. “Mi perdonino, certe volte patisco d’aggettivazione imperfetta".
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