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Muore Riccardo Schicchi, anima siciliana del porno
Fu papà delle icone a luci rosse. Da "Cicciolina" Ilona Staller a Moana Pozzi, fino ad Eva Henger. Si spegne lontano dalla sua Sicilia, Riccardo Schicchi, re dell'hard
Eros, pulsione, desiderio. Fantasia. Una libidine in costante equilibrio su un filo rosso, perché è un attimo e la vertigine - sessuale - sfonda le porte di un mondo diverso, a tratti licenzioso, sexy ma non pregevole, peccaminoso ma non sofisticato. Basta un nulla per scadere nel cattivo gusto, nell’esagerato e nell’esibito, nella pornografia. E non si è mai trattato di pornografia in questo caso, bensì di erotismo. Anche se il confine sembra labile. Di corpi nudi come opere d’arte, sculture in carne e ossa animate di sensualità. Un grande lutto per il mondo del porno italiano. Si spegne in un letto d’ospedale, al Fatebenefratelli di Roma, Riccardo Schicchi, frontman e talent scout dell’erotismo made in Italy.
Soffriva da anni di una grave forma di diabete mellito, una malattia che pian piano, nonostante la dialisi e le cure, gli indebolì gli arti inferiori fino al coma lo scorso giugno. Riuscì a sopravvivere, anche se la sua vista iniziò a mostrare i primi segni di cedimento, abbandonandolo prima ancora del suo corpo. Era un inventore Schicchi, era il papà delle icone a luci rosse. Nacque ad Augusta, in provincia di Siracusa. Affezionato a questa terra. Legato nei pensieri, ne amava costumi e odori. Era incantato dai paesaggi dell'isola. Anche se subiva un fascino diverso, un fascino straniero che lo spingeva a guardare altrove. Volgeva lo sguardo oltre la sua Augusta, guardava ad est, quell’est che gli permise di divenire il primo pioniere in Italia di trasmigrazione di seduttrici hardcore, bionde e tutte curve.
La televisione oggi ci impone un eccesso carnale di parti scoperte, di soubrette simil femme fatale, di sesso esplicito illustrato senza pudore. La televisione oggi ci presenta quasi la mortificazione del corpo, con una naturalezza imbarazzante. Quell'imbarazzo, però, distante dalla semplice vista di un corpo senza veli. Uno schermo di immagini lontano da quei frammenti che Schicchi portò in auge. Sdoganò il porno e trasformò l’erotismo in una vera e propria arte, un po’ per intuito, un po’ per fortuna. La stessa fortuna che gli permise di incontrare, dopo i primi esordi da fotoreporter, Ilona Staller. Una sterzata propizia, per entrambi forse, perché quella che da lì a poco sarebbe diventata “Cicciolina” fu il suo quadrifoglio nel taschino, la coccinella che ti si posa accidentalmente sulla mano e porta fortuna.
Un fenomeno di costume quasi, una star con al seguito non fan ma “cicciolini”. Fondarono insieme Diva Futura, un’agenzia per modelle che divenne ben presto contenitore di erotismo, anche se non mancarono gli scandali. Ma “l’imprenditore del porno” era un avanguardista in tutto e per tutto. E fu il primo a portare in Parlamento una pornostar. La Staller, infatti, fu eletta alla Camera dei Deputati nel 1987 nel Partito Radicale, a dispetto della collega Moana Pozzi - altra icona erotica divenuta cult dopo la sua morte - che con il suo “Partito dell’Amore” non arrivò al quorum per debuttare, dopo il grande schermo, in Parlamento.
Riccardo Schicchi lascia due figli, Mercedes e Riccardino, nati dalla relazione con Eva Henger, quella Miss Ungheria venuta da lontano che fu l’unica donna a rapirgli il cuore, quella donna che gli fu vicino negli anni dell’inchiesta Vallettopoli, della condanna per sfruttamento alla prostituzione, del carcere e della scarcerazione grazie all’indulto. Quella donna che non lo abbandonò negli anni della malattia, fino all’ultimo giorno, quello lontano dalle luci dei riflettori in cui si spense in silenzio, distante da tutte quelle dive che portò al successo. Quel rivoluzionario, scomodo e volgare per molti, ma sagace nei più pruriginosi desideri che ha inciso più di chiunque altro nella metamorfosi del porno, indagandolo dal profondo. Osservandolo in controluce, quella controluce sessuale che gli permise di trasformarlo da mero fenomeno lussurioso a prodotto commerciale di massa.
Cicciolina, la venerata Moana Pozzi, la moglie Eva Henger, ma anche Jessica Rizzo, Malù e Mercedes Ambrus. Tutte donne dalla forte personalità, erotica ma non solo, intorno alle quali venivano costruiti i film, veri e propri manifesti della settima arte versione porno. E tra tutte queste, un unico uomo. L’unico uomo di Schicchi. Rocco Siffredi, che oggi lo ricorda così: «Avevo 20 anni e a lui devo tutto, come a un padre professionale. Non c'è stato nessuno come lui: è riuscito a sdoganare il mondo del porno, andando dritto per una strada in cui credeva anche a costo degli insulti dei benpensanti». Fu scelto e accettato perché Riccardo era un amante della bellezza, un cultore dell’avvenenza. Senza invidia.
Oggi del re dell’hard italiano restano miti e creazioni. Restano le sue icone di cui fu papà. Restano pellicole, immagini. Resta Cicciolina, quel nome di successo che assegnò ad Ilona Staller. Resta la raffinatezza sexy di Moana. Resta l’amore di Eva insieme ai suoi ricordi, di moglie e di mamma, quei ricordi indelebili in cui troverà fissa dimora. Resta la sua idea della perfetta diva a luci rosse, cristallizzata ormai nel tempo. Quella donna passionale permeata di eros fin nello sguardo, lontana dall'usuale concezione di pornostar come “bambola del sesso”. Restano i suoi pensieri. I pensieri di Schicchi, vivi oggi più che mai, nel bene e nel male. D’altronde, come diceva prima di scomparire la sua diletta, vivi come se dovessi morire domani, pensa come se non dovessi morire mai.
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